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Lo sperone, la sfiga, la REGA...e il Franz.

 
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fabiomaz



Registrato: 25/10/07 10:15
Messaggi: 3178
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MessaggioInviato: Gio Mar 29, 2018 10:07 am    Oggetto: Lo sperone, la sfiga, la REGA...e il Franz. Rispondi citando

Di gite con Franz ne ho fatte troppo poche. Molte meno di quelle che avrei, avremmo voluto.
Il motivo è stato innanzitutto il tempo, tempo che lui trovava sempre e che io facevo fatica a ritagliarmi, per quei lunghi weekend che per lui erano la norma, ma è stato anche insito in quella prima gita insieme, la salita dello sperona Zippert ai Palù, una salita che non abbiamo mai raccontato fino in fondo qui su on ice.

Non starò qui a ripercorrerne lo sviluppo. Quello è già raccontato proprio da Franz, nel suo stile, o meglio nello stile di allora, correva l'anno 2009. Quello che voglio raccontare è quello strano personaggio che lui era, visto dai miei occhi di alpinista alle prime armi che per la prima volta si avventurava su una parete simile non legato alla corda di una guida o di un istruttore, ma di un altro normale alpinista come allora era Franz.

Ricordo bene il primo incontro: la sorpresa per quel fisico tarchiatello e sovrappeso e la difficoltà di sovrapporlo alle salite che Francesco cominciava a fare. Il dettaglio dell'orecchino e il naso rosso che mi avevano colpito; ricordo le parole, tantissime e irrilevanti, che facemmo nel viaggio. Ricordo i silenzi, mentre mangiavamo alla Fourcla Trovatt dopo aver montato la tenda e osservavamo la parete del giorno dopo, il mio carico di inquietudine e domande, il suo di contemplazione.
Ricordo la notte, le cuffie con i Metallica che non riuscivano a coprire il suo russare o forse la mia ansia. La sveglia alle tre, la lunga traversata al buio fino alla base della via, i primi tiri su ghiaccio. Poi il canale nevoso.
E' lì che forse per la prima volta ho "incontrato" il Franz: mentre tracciavo a un certo punto l'ho visto fermo su un cengia rocciosa a lato del canale. Mi ha invitato a raggiungerlo, io avevo fretta, fretta di salire a scoprire la via ancora lunga, non volevo fermarmi.
Mi ha convinto, si è acceso una sigaretta, ha detto: parliamo. E poi siamo stati cinque minuti in silenzio, a guardare albeggiare. In silenzio...con il Franz.

La via nella parte superiore era in condizioni cattive e pericolose - ora lo so: neve marcia e insidiosa, pronta a scivolare a valle e che ci ha impedito di sfruttare il pendio nevoso della Comino come avevamo pensato.
Franz ha preso il comando della cordata ed è voluto salire a lunghi tiri da 60 metri, allestendo soste sui massi della cresta, dove possibile, o scavando fino a trovare il ghiaccio dove non esisteva altro.
A un certo punto la sacca che tenevo legata all'imbrago con macchina fotografica e cellulare (....) si stacca e precipita a valle e con essa le preziose fotografie che Franz mi invitava spesso a fare. E scivola a valle l'unico modo di comunicare con le nostre famiglie, lui il telefono allora non lo portava.

Verso le 15.00 siamo a 100 metri dall'uscita, dalla cresta una persona si affaccia e ci grida se va tutto bene. E' Yuri Parimbelli, ma io non riconosco lui, nè lui me. "Si va tutto bene, fra poco siamo fuori".
Un ultimo tiro su roccia. Anche Franz è stanco e lo lascia a me.
Usciamo in vetta. Oramai la cima è avvolta nelle nubi ma dobbiamo solo seguire la ben marcata traccia.
Mentre siamo in cresta sento per la prima volta in vita mia i peli del corpo e i capelli rizzarsi, il materiale metallico all'imbrago sfrigolare. Oramai Franz ha il comando di tutto e io, per fiducia e per stanchezza, lo seguo. Ci fa abbassare velocemente dal versante roccioso, il materiale viene riposto negli zaini, gli zaini riposti sotto un masso e, sotto un'altro masso poco lontano, ci rintaniamo noi.
Si scatena il temporale, breve e intensissimo. Guardo Franz e dentro di me penso: "troppo lenti, siamo stati troppo lenti! E' colpa tua." Ma lui è tranquillo.
Dopo il temporale comincia una fitta nevicata. Mi sembra di essere catapultato in una di quelle avventure di alpinismo che si leggono sui libri.
Attendiamo che smetta, ma non smette. Si accumulano centimetri su centimetri. Franz dice che c'è un bivacco poco lontano ma preferisce provare a tornare alla tenda: tranquillo, sicuro.
Usciamo dal nostro riparo e non si vede a un passo. La neve ha coperto ogni cosa, incredibile quanta ne sia scesa in così poco tempo. La nebbia uniforma tutto in un bianco indecifrabile.
Ed eppure Franz vede cose che io non riesco a vedere. Legge pendenze, ombre, rocce.
A un certo punto, immersi nel bianco totale, ci fa abbandonare la cresta e scendere dal versante del Diavolezza. Non c'è traccia, non ci sono segni. Potremmo essere ovunque, io mi sforzo di trovare un minimo riferimento che gli abbia suggerito che è il momento di scendere ma vedo solo una impercettibile concavità della cresta.
Eppure ha ragione. Ci abbassiamo, aggiriamo dei crepacci sempre immersi nella nebbia. Adesso la fresca diminuisce ma il caldo del tardo pomeriggio ha reso molle la neve e sprofondiamo fino alla cintola.
Finalmente sbuchiamo sotto le nuvole. Franz mi cede il passo. Alla tenda arriviamo alle otto passate. Io, con tutta la mia forma di allora, sono distrutto, Franz è stanco.
Provo a mangiare ma vomito. Franz mi guarda e decide che non è il caso di proseguire per il Diavolezza. Questo vuol dire che non potremo comunicare alle famiglie che stiamo bene, ma è la scelta più prudente e saggia e lui la fa.

Quella notte non ho sentito il Franz russare.
Abbiamo sentito invece, verso le 23.30 le pale di un elicottero che sorvolava la tenda: punta alla parete dei Palù, risale lentamente la Zippert illuminandola con un faro. Poi torna verso di noi.
Ci affacciamo fuori con le frontali accese e io faccio per alzare le braccia in segno di saluto ma Franz mi blocca immediatamente: un solo braccio sollevato - dice - per dire che va tutto bene. Due braccia per chiedere aiuto.
L'elicottero si abbassa lo stesso e scende sul ghiacciaio, che allora era molto più alto di oggi e arrivava quasi all'altezza della sella. Mentre aspettiamo e osserviamo scherziamo: se c'è da pagare paga quello la cui famiglia ha chiamato i soccorsi!
Si avvicina il tecnico della Rega, ci guarda e dice con accento tedesco: Mazzoleni? Papà Mario molto preokkupato!
Franz scoppia a ridere e fa per rientrare al caldo della tenda. Poco dopo parlo al telefono con mio padre, il tecnico Rega (Salis era il nome) conferma: tutto bene, zuo figlio dormire al calduccio!
L'elicottero riparte, torna il silenzio e il sonno. Verremo svegliati all'indomani, il sole già alto, dalle ultime cordate che si avviano verso la normale.

A ritorno troverò il finimondo: la preoccupazione di quella notte senza notizie in cui sono stati mossi amici, conoscenti, consolati e in cui mi avevano dato per morto. La famiglia di Franz, mi ha confermato il suo papà, non ne seppe mai nulla.
Da quel momento ho preso una decisione: sarei sempre stato padrone delle mie decisioni e non mi sarei più legato ad altri da puro secondo, ma solo su un piano di parità. Quello che avevo visto fare a Franz l'avrei imparato a fare anche io. Dovevo ricominciare da capo, abbassare il livello fino al mio margine di sicurezza, e crearmi una "mia" cordata.
Per questo è poi passato tanto tempo prima che tornassi a legarmi con lui.
E per questo da quella gita sono nate tante cose, tante amicizie..oltre a quella con il Franz.

Il racconto di Franz
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L'ultima modifica di fabiomaz il Gio Mar 29, 2018 10:08 pm, modificato 1 volta
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Luca Bono



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MessaggioInviato: Gio Mar 29, 2018 3:48 pm    Oggetto: Rispondi citando

Bel racconto Wink
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MessaggioInviato: Gio Mar 29, 2018 9:48 pm    Oggetto: Rispondi citando

Belo ed avvincente. Puro stile Franziano! Neanche mi ricordavo di questa vostra avventura... Grazie!!
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MessaggioInviato: Gio Mar 29, 2018 10:05 pm    Oggetto: Rispondi citando

spettacolare fabio, l'hai praticamente dipinto il franz!!
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MessaggioInviato: Ven Mar 30, 2018 8:59 am    Oggetto: Rispondi citando

La mattina mi chiamò Marta preoccupata (pensava fossi con voi) ma le risposi di star tranquillai: avevo sentito telefonicamente il rifugista il quale confermava che voi eravate "tranquilli in tenta a tormire"! normale fare una gita di 3 giorni..
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MessaggioInviato: Ven Mar 30, 2018 5:28 pm    Oggetto: Rispondi citando

Che bel racconto, traspare il suo romanticismo, l'amore per la montagna e la volontà di instaurare un bel rapporto con il compagno di cordata!
Avrei voluto tantissimo conoscerti.
E' bello leggere i ricordi dei tuoi amici e conoscere questo tuo lato 'reale' e non legato al modo in cui scrivevi.

Mancherai!
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"La Montagna è fatta per tutti, non solo per gli Alpinisti: per coloro che desiderano il riposo nella quiete come per coloro che cercano nella fatica un riposo ancora più forte"
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