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   Punta Dufour dalla Zummstein, 14/09/2023
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Valle d'Aosta
Partenza  staffal  (1800 m)
Quota attacco  3500 m
Quota arrivo  4634 m
Dislivello della via  1200 m
Difficoltà  AD ( pendenza 45° / III in roccia )
Esposizione in salita Sud-Ovest
Rifugio di appoggio  capanna gnifetti e Margherita
Attrezzatura consigliata  da alpinismo con qualche vite da ghiaccio per sicurezza. Presenti spit per sicurezza nei tratti dur((II°, III°grado).
Itinerari collegati  nessuno
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Come si stappa una bottiglia di vino..decido di stappare la follia e nonostante non sia riuscito a cambiare turno e nonostante la fatica fatta per salire sul bishorn decido di salire da Billy che soggiorna col camper in Valle d’Aosta per seguire il nostro sogno impossibile: salire la Dufour dalla cresta Rey. Perché? Perché Billy ha un’acclimatazione incredibile derivante dai giorni passati in quota e dagli allenamenti da ultrarunner che sta facendo ultimamente e quindi è in condizioni più che ottimali e io sono comunque un poco allenato e ho appena fatto un 4000..magari aiuterà. E se non andrà..mi appoggerò a lui. Ancora una volta costretto a fare la notte prima della partenza..cosa mai fatta in trent’anni di alpinismo…e quest’anno è già la terza volta che succede! Riesco a riposare un poco ma quando arrivo a casa non me la sento di partire da solo per la Val d’Aosta e complice la casavuota per famiglia in vacanza..vado a dormire. Dopo un’ora di sonno mi sveglio pimpante e salgo sull’auto già carica del necessario. Così facendo e dovendo passare dal camper di billy a recuperare le piccozze che lui lì ha lasciato, non riesco a prendere la bidonvia da Staffal prima della pausa pranzo e così salgo alla ripartenza delle 13.30. I bianchi ghiacciai di Castore e Felik occhieggiano subito dai vetri ricordando verso dove sto salendo. Cambio e ripartenza da Gabiet per arrivare al Passo dei Salati dove sbarco alle 14.30. Bene..in un’oretta scarsa ho fatto più di mille metri di dislivello..e pensare che temevo di non essere in forma! Sulla seggiovia un tipo simpatico mi spiegava che il sentiero non lo fa più nessuno e lui lo faceva quando era già brutto 7/8 anni fa..ora tutti salgono con la funivia fin sotto alla Capanna Gnifetti. Osservo compiaciuto la valletta dove le ruspe stanno lavorando attorno al vecchio Rif. Guglielmina dove vissi decenni fa una meravigliosa e incredibile..oltre che inenarrabile avventura con Roby Gramignoli e poi transito dal punto d’arrivo della seggiovia di Cimalegna a quota 3030. Chiedo e ottengo risposta sulla direzione da tenere, ampiamente tracciata. Ci vorrà un’ora a salire a Capanna Gnifetti mi dice un tipo che sembra forte e mi scambia per se stesso non sapendo che io stanotte ho lavorato e ho lo zaino pesantissimo! Il sentiero è stato probabilmente rifatto e ben segnato anche salendo i contrafforti dello stolemberg dove corde aiutano o rassicurano la progressione. Salgo faticosamente passando poi sotto un ampia parete con visuale che si apre sul Lyskamm e poi sulle più vicine punte Vincent e Giordani. Mi raggiungono i messaggi di Valentina che mi vede dalla funivia sulla quale sta scendendo e di Billy che mi aspetta all’arrivo della funivia. Rispondo che certo che mi vedono perché sono L’UNICO PIRLA che sta salendo a piedi. Salgo piano con l’intenzione di non sudare e per risparmiare ogni goccia d’energia per il miracolo che tenterò domani. Poco prima delle 16 transito dalla stazione abbandonata della vecchia funivia di punta Indren. Qualche minuto dopo billy mi certifica di vedere un unico pirla salire a piedi verso di lui e sono costretto a confermargli di essere proprio io. Alle 16.30 c’incrociamo e salutiamo nei pressi della nuova funivia e ci scambiamo gli zaini: io prendo il suo da passeggio e lui prende il mio stile Banda Bassotti dopo il saccheggio. Ci muoviamo fuori traccia e con difficoltà d’orientamento verso le rocce sottostanti il Rif. Mantova dal quale dobbiamo passare perché lui ha lì il materiale. Dopo la salita per canale della paretina, sbuchiamo in vista del rifugio(q.3500 ) che raggiungiamo alle 17.30. Come fossimo a Camp Four tiriamo fuori tutto il materiale a disposizione e riassembliamo gli zaini per partire in direzione della Capanna Gnifetti dove dormiremo. Scegliamo di salire solo con una piccozza tecnica a testa lasciando quelle un poco più lunghe. Alle 18.30 partiamo, troviamo un simpatico milanese che ci racconta di quando era giovane lui e si raggiungeva la Capanna sopra di noi camminando sul ghiacciaio: mancano 30/40 m di ghiaccio! Quando gli raccontiamo delle nostre intenzioni di fare la Rey oppure di raggiungere la Dufour dalla via normale italiana, ci spiega che quella non è mica tanto una normale e che anzi secondo lui, è più facile la Rey. Salutiamo e ancor più pensierosi sul da farsi per l’indomani, andiamo a raggiungere il ghiacciaio che decidiamo di provare ad affrontare senza fermarci a calzare i ramponi: scegliamo la linea meno inclinata ma finiamo per arrivare troppo alti rispetto al punto d’attacco della ferratina necessaria a superare la parete sopra la quale è addossato il rifugio. Ridiscendiamo quindi faticosamente per la scollatura del ghiaccio contro la roccia e arriviamo sotto alle scalette metalliche che permettono di superare la verticale ascesa. Alle 19.30 siamo in capanna a 3650m di quota. C’ è caos ressa gente che va e che viene e colossali portate di cibo e fiumi di vino e birra. Tutti sembran a proprio agio penso mentre noi tristemente mangiamo i nostri cracker ad un tavolo del bar salvo poi andarcene quando i commensali ruttando scendono dal ristorante posto al piano superiore. Caffè sigarette liquori..mi sento a disagio in questo posto di superoi dove io faccio fatica a stare col mio sonno la mia stanchezza e le preoccupazioni sulle mie condizioni. Dico a Billy che sono preoccupato per l’indomani che non sto troppo in forma anzi mi sento proprio a pezzi e che domani si vedrà. Fra l’altro avevo pensato di fare un pisolino pomeridiano prima di cena..ma siamo arrivati tardi. Ce ne andiamo in stanza a dormire col piano di arrivare al Colle del Lys e poi decidere. Il piano B prevede di accontentarsi di raggiungere la Punta Zummstein e poi lì decidere cosa fare. La notte passa veloce come al solito disturbata dai continui andirivieni. Gente della nostra stanza si alza alle 3 e pochi minuti dopo suona la nostra sveglia alle 4. Sono uno straccio e se potessi scegliere cosa fare starei nel letto a dormire. Facciamo colazione e nuovamente mi sento sfigato in mezzo a questa gente che aitante e di tutto punto attrezzata sembra prontissima e preparata per sfidare il duro mondo delle alte quote che fuori ci attende. Tutti a lavarsi i denti..noi no per risparmiare su pesi inutili. E poi vani tentativi di andare in bagno per non doverlo poi fare in alta quota. Nulla mi fa sentire bene. Ci prepariamo e alle 5 siamo coi piedi sul terreno gelato alla base delle rocce posteriori la capanna e dalle quali siamo scesi con percorso attrezzato e passerelle in legno sospese sui seracchi sottostanti. Calzati i ramponi m’incanalo per la via battuta sulle tracce di questa silenziosa tribù notturna che sale verso l’alto. Tengo un ritmo tranquillo cercando di non respirare con la bocca secondo gli insegnamenti del guru billy e privilegiando la continutà alla spinta. Sono tranquillo e un poco anestetizzato dal sonno. Non fa assolutamente freddo e vedo che teniamo la velocità di altre cordate e questo mi dà coraggio. Billy mi spinge solo a non accelerare in questa notte di lucciole che vagano impazzite sopra e sotto di noi. Poi alle 6 arriva il chiaro e mezz’ora dopo transitiamo sotto il Cristo Redentore del Balmenhorn ed il Corno Nero mentre alle nostre spalle la linea arancione dell’alba illumina le nevi del Gran Paradiso e il Bianco invece saluta a sinistra dietro il Lyskamm che intanto in punta s’indora della luce del nuovo giorno e l’arancione scivola sulla neve scendendo veloce dalla cima verso valle. E’ da un po' che m’ illudo di arrivare al Colle del Lys di cui non ricordo esattamente la quota per avere un riscontro positivo sulla velocità d’ascesa ma nuove gobbe si succedono sempre e si continua a salire con la stanchezza che inizia a farsi sentire. Poi alle 7 salendo finalmente la grande colma arriva e la visione prepotente di bellezza appare alla destra del Lyskamm. Irrompono sulla scena Dent Blanche Obergabelhorn Zinalrothorn e Weisshorn e poco dopo la tetra parete nord del Cervino priva di qualsiasi frammento nevoso: che parziale tristezza. Davanti nascosta ancora da qualche metro di salita sbuca la Dufour e subito dopo a destra Zummstein Gnifetti e Parrot. Sembra di essere all’inizio dello spettacolo quando viene alzato il sipario. Che bello essere qui..facciamo tre tende…penso col cuore pieno di gratitudine ed emozione. Ora saliti al culmine del colle l’immenso paretone della Dufour giganteggia maestoso e silente davanti a noi nella gelida luce del mattino. Come si vede bene il crestone della Rey che dal ghiaccio si alza e percorre tutta la parete fino al punto più alto dove bacia il cielo. Sono stanco, ho paura di non farcela a scendere fino all’attacco e poi risalire e poi dove raffrontare la pericolosa via del ritorno. Nulla è a favore di questa scelta e con Billy ci troviamo concordi “nell’accontentarci” di salire almeno fino alla Zummstein. Mi tolgo un peso dallo stomaco e nell’ombra più rilassato iniziamo il lungo traverso in direzione della Capanna Margherita. Sarà anche la leggera discesa o il falsopiano seguente oppure semplicemente la tranquillità di non dover più scegliere cosa fare ma mi riprendo velocemente dalla sbornia di fatica e mi reimmergo nella contemplazione di questo grande catino nevoso che di passo regolare ci avvicina alla meta e così mezz’ora dopo siamo sotto i seracchi della Parrot e poco dopo le 8 siamo al grande pianoro sottostante la Punta Gnifetti dove abbandoneremo la grande pista che vira a destra vs la Capanna e nel mare di luce che ci ha ormai raggiunto proseguiamo per la più magra pista che sale sulla sx vs la Zummstein. La guardo negli occhi così bella e vicina e sento che mi attende a braccia aperta e la neve di cui è coperta mi sorride invitante. Sono entusiasta e commosso..tutto è a portata di mano e soprattutto dico a Billy di sentirmi finalmente bene..che strano ora e così in alto. Il mondo si estende ai nostri piedi e la Parrot è già più bassa di noi. Lontani, mescolati alla pianura emergono dall’indistinto accumulo di montagne, il Monviso, il Gran Paradiso ed il Rutor. A sinistra della Punta Gnifetti invece un mare di nubi disegna una bianca linea perfetta che fa da cerniera con l’azzurro del cielo. Prendo baldanzoso a salire il crinale che sale vs le rocce sommitali mentre due alpinisti lo scendono. Della marea di gente uscita dalla Capanna Gnifetti quasi nessuno si è spinto lontano come noi. La Dufour sbuca oltre il pendio nevoso della cima e il Silbersattel che la unisce alla Nordend ci saluta riconoscendoci. Poi bianco abbagliante e blu profondo si concedono alle illuminate rocce finali che con qualche lieve passo di arrampicata superiamo. Salutiamo passando sotto la Madonnina custodita al riparo di una lastra di roccia e sbuco sulla neve della vetta (q. 4563) alle 8.45. Che gioiaaaaa! Contemplo il mare bianco sotto di me e abbraccio e ringrazio Billy per la tenacia e tranquillità con cui mi ha spinto e portato fin qua. L’oceano di neve copre tutto attorno a noi e le sue onde sono la Punta Gnifetti, la Parrot,la Ludwigshohe, la Vincent e il Cono Nero e il lyskamm e i crepacci e i seracchi ne rappresentano la schiuma e le increspature. Ammiriamo in silenzio questo bianco infinito che dominiamo dall’alto e poi ci volgiamo al castello roccioso che sta alle nostre spalle. Foto foto foto e selfie…e congratulazioni reciproche. Ancora una tiratina dei magici gel energetici preparati da Billy e poi dobbiam decidere cosa fare. Sole, assenza di vento, le 9 del mattino e momento migliore dal punto di vista psico fisico della giornata. L’ultimo tratto di salita non l’ho proprio sentito. Dai billy andiamo a dare un’occhiata alla partenza di questa cresta, non esiste tornare alle 9 del mattino…possiamo farlo se diventa veramente troppo impegnativa. Parto deciso tanto più che è discesa sulla piatta e strettissima crestina che prende la via del vuoto e arriviamo dopo una cinquantina di metri al primo tratto impegnativo caratterizzato da una sezione rocciosa di pari misura che scende bruscamente al Grenzsattel o Colle del Papa o colle Zummstein che nevoso ci attende. Ci sono spit e disarrampico fino al saltello un poco ostico che risolve Billy dopo di che alternandoci per brevi tiri della nostra corda da 30 metri e assicurandoci ai vari spit presenti o a spuntoni raggiungiamo il labbro nevoso. L’esposizione è notevole ma siamo calmi e sereni e anche soddisfatti di aver risolto brillantemente il primo tratto ostico(II°/II°+) tenendo anche conto della quota e dei ramponi. Risalgo al labbro nevoso ed esaminatolo (molto sottile…affrontarlo decisi con passo fermo pena la scivolata pericolosa sui pendii svizzeri o quella parimenti pericolosa a destra sui pendii italiani). Per dirla in tono macabro si può scegliere fra la sepoltura elvetica o quella italica. Billy mi scatta una bella foto e tranquillo traverso il colle seguito dal compagno trovando anche il tempo di fare una foto verso il basso ai precipizi che stiamo superando. Dall’altra parte ci fermiamo sicuri ma indecisi sul da farsi. Siamo stati bravi ma non velocissimi..sono le 10.30 e Billy se ne esce con una frase che sa di accontentarsi. Gli dico che anche io sono soddisfatto ma che mi piacerebbe solo andare a dare un occhio oltre gli speroni rossi sotto il quale siamo riparati e che c’impediscono di vedere oltre. Breve pausa e sgattaiolo oltre i massi e il terreno diventa molto più semplce..ci prende l’entusiasmo tant’è che mi metto a spingere e Billy mi chiede se non sento la quota e poi comincia a dire (euforia da alta quota) che ormai è fatta, che siamo in cima, che non ci ferma più nessuno. Io non voglio crederci, mi sembra impossibile potercela fare e inizia a salirmi un poco l’ansia perché rischiamo di farcela davvero…ma so che sarà lunga e ancora dura e dentro di me non ho ancora tratto il dado. Alle 11.10 dopo una ventina di minuti di facili sfasciumi e nevaietti ci troviamo davanti una paretina che si impenna e che sembra un punto obbligato. Sono placche di meraviglioso granito rossastro (II°) quasi caldo di sole e solcato da belle fessure dove s’infilano con facilità le nostre mani e le punte dei nostri ramponi che stridono di soddisfazione. Billy le affronta con maestria recuperandomi poi 20 metri di felicità più sopra. Ora non si torna più..ora si va in cima! ..che sembra effettivamente a portata di mano. Riprendo a salire fra neve e roccette e poco dopo siamo sotto il Grenzgipfel (q.4618) che raggiungiamo alle 11.30. Ora davanti a noi una piccola torretta ci consegnerà alla cresta con la traversata finale. Con qualche passo che sfiora il III° grado ne raggiungo soddisfatto la sommità e recupero Billy dopo essermi assicurato dall’altra parte. Il vuoto vs la Nordend è impressionante e alle 11.50 con passi delicati in cresta raggiungiamo a sorpresa la targa della Dunantspitze (q.4632…non sapevamo manco esistesse..) da poco dedicata al fondatore della Croce Rossa. Appare finalmente vicina ma lontana e protetta da tanti altri passaggi delicati ed esposti la croce metallica della Punta Dufour. Ho un momento di sconforto e di tensione e chiedo a Billy se se la sente di tirare lui. Serpeggiamo fra i blocchi di cresta scavalcandoli o aggirandoli dove più conveniente e dopo un tiro chiedo a Billy se posso ripassare davanti perché dietro nn mi trovo. Billy in questo tratto in cui conduce mi scatta due delle foto più belle della mia vita alpina…sembro un corvo poggiato sulla cresta tanto è il vuoto che mi sta intorno. Riprendo il comando delle operazioni..guardare giù vs il Silbersattel mette i brividi. Mi muovo con prudenza forse eccessiva assicurandomi sempre…dico a Billy che non dobbiamo far cazzate proprio ora..l’esposizione è del resto assurda sebbene i passi siano relativamente semplici( max I°). Alle 12.30 siamo in cima alla Dufour..oltre solo cielo velato dalle lacrime con cui lo ringrazio e una solida croce cui abbracciarsi per non perder l’equilibrio e trovarsi a librarsi nellaria sottile che ovunque ci circonda. Ci abbracciamo felici e comiciamo a dirci euforici che abbiamo fatto un numero che diventerà poi il mantra con cui sempre ci saluteremo per i giorni successivi. Casa è lontana, non abbiamo neanche ancora scelto definitivamente da che parte tornare..qui non c’è nulla di semplice. Come appare arcigna e lontana la Dunantspitze che troneggia sospesa per aria sopra il centinaio di metri di vuoto che la separa dal luccicante e comodo Silbersattel, la Nordend sembra il dente o la pinna di uno squalo pronta a mordere o liberarsi dei piccoli alpinisti che s’intravedono sulla sua esile cresta in altri anni percorsa con Billy e suo padre. Oltre la sua punta si apre il regno dei Mishabel col Dom che troneggia come re sugli altri principi celesti: Stralhorn, allalinhorn, Rimpfishorn,Alphubel, Taschorn,Nadelhorn e più lontani Jungfrau,Monch, Aletschorn e Finsteraarhorn. Sul versante italico domina la scena chiaramente la poderosa nord dei Lyskamm che ci sta proprio di fronte e poi andando vs destra Dent d’Herens, Cervino e via fino al Weisshorn con tutte le altre cime che ci hanno accompagnato salendo. Parliamo con giovani ragazzi cechi che non sanno da quale parte scendere e a cui consigliamo di scendere da dove sono saliti ( la normale) e poi decisi a tornare da dove siam venuti guardiamo oltre il vuoto verso l’approdo della Zummstein consapevoli che non sarà facile e veloce tornarci. Per questo decidiamo di rimetterci velocemente in assetto da scalata e dopo un piccolo rifornimento torniamo a riaffrontare l’insidiosa cresta che sono quasi le 13. Mi muovo con passo decisamente più sicuro ed evitando le possibilità d’assicurazione. Ci caliamo dalle rocce un poco problematiche del Grenzgipfel e alle 13.30 siamo sopra le placche dalle quali Billy mi cala per poi sfruttare la mia sicura dal basso. Fatta anche questa. Billy dice che ora manca solo il tratto roccioso sulla Zummstein ma gli dico che in salita non ci darà problemi e riprendiamo a scendere verso il basso anche se il terreno facile ma sgarruppato non ci consente di essere molto veloci con i ramponi ai piedi che aiutano in salita ma in discesa impediscono un poco. Disarrampichiamo qualche saltello roccioso che in salita avevamo superato senza accorgercene e troviamo impegnative alcune crestine che affrontate in salita erano sembrate più semplici e che ora guardando il baratro in basso ai nostri lati c’inducono alla prudenza. Siamo sempre sul filo del rasoio…fondamentale non distrarsi o correre il rischio d’inciampare nei ramponi. Ma siamo ora anche più abituati all’ambiente e traversiamo verso le rocce rosse della svolta che precedono il colle del papa dove arriviamo alle 14.30. Traversiamo sempre in conserva e poi attacco deciso il tratto roccioso e con qualche veloce assicurazione lo passiamo abbastanza rapidamente guadagnando finalmente la calotta nevosa della Zummstein. Sembra di entrare in un porto sicuro provenienti dal mare in burrasca e dopo qualche passo comunque ripido, raggiungiamo la colma dove possiamo finalmente rilassarci e ridirci ridendo sereni: è fatta, abbiamo fatto un numero! Sono le 15.30 e fa impressione pensare che abbiamo passato le ultime 7 ore ad un’altitudine superiore ai 4500 m e le ultime 9 sopra i 4000! E che soprattutto stiamo entrambi veramente bene e ancora in buone condizioni psicofisiche. Billy si era fermato sopra le placche, ora tocca a me chinarmi per i bisogni più alti d’Europa e comincia una furiosa diatriba su chi l’ha fatta più in alto. Io ho anche la foto (scattatami di nascosto da Billy..sigh!). Recupero i miei bastoncini che avevo nascosto nella neve, guardiamo le evoluzioni del rosso elicottero dell’AiutAlpin che si libra nel blu creando un incredibile contrasto cromatico e dopo uno spuntino, ci prepariamo all’incredibile discesa. Essendo ormai chiaro che non faremo a tempo a prendere le funivie/seggiovie, ci aspettano 3000m di discesa! (doppio sigh!). Lasciamo il mondo delle nuvole alle 16 guardando con rimpianto le meraviglie di rocce e neve dalle quali proveniamo, poi ci griamo e velocemente iniziamo a perder quota lungo la crestina della Zummstein fino al Colle Gnifetti e poi per la grande pista tracciata da tutti coloro che fin qui sono arrivati per salire principalmente alla Capanna Margherita, il rifugio più alto d’Europa posto sulla Punta Gnifetti a 4554m di quota. La neve è ormai molle e fradicia, il sole impossibile e la grande distesa bianca che si stende fino al dosso del Colle del Lys luccica come un diamante. Comincia a far caldo, insopportabilmente caldo e mi viene il mal di testa. Sembra di essere in una fornace e i nostri piedi sguazzano nella neve inconsistente come melma. Siamo soli sulla montagna ma ad un certo punto vediamo in salita due figurine che si avvicinano: saluto il primo e chiacchero e solo al secondo in ritardo di qualche minuto, mi ricordo di chiedere se ha qualcosa per il mal di testa. Si chiama Dario, sta salendo col compagno a dormire a capanna Margherita per fare domani la Rey. Gentilmente mi promette mezza bustina di nimesulide che poi mi lascia intera tenendosi l’altra per sé. Gli prometto di ricordarmi di lui quando scriverò il mio report e ci salutiamo. Terminiamo la discesa e iniziamo il traverso quasi orizzontale prima verso il colle. Sprofondiamo nella neve di almeno 10 cm e il sole picchia in assenza d’aria. La bellezza dei seracchi, delle vele e delle curve di neve sopra di noi che fotografiamo incrociandole con cavolfiori nuvolosi e la rotondità della Ludwigshohe schiantarsi sul cielo blu di sfondo, ci distraggono un poco dalla sofferenza. Risaliamo penosamente al colle del Lys che raggiungiamo alle 17. Una distesa di “nevi mobili” da cui siamo risucchiati. Sbaglio direzione portandomi troppo a destra verso il Lyskamme quando ce ne accorgiamo che la grande pista scartava a sinistra dobbiamo penosamente traversare sprofondando se possibile ancor di più. Voglio togliere i pantaloni d’alta quota, ho troppo caldo e il mal di testa non accenna a diminuire..ma per fortuna manco aumenta. Billy mi prenderà in giro per giorni per la faccenda dei pantaloni che si chiedeva come avrei fatto a togliermeli con ramponi imbrago ecc. Recuperiamo la pista principale che regge il nostro peso solo un poco di più. Ci voltiamo a guardar la linea di neve collegare per creste le montagne che oggi abbiamo scalato o semplicemente accarezzato: è un mondo fantastico, minerale e quasi irreale dominato solo da neve e roccia. Da dove arriva la poesia che emoziona così tanto di bellezza i nostri cuori. Non abbastanza stanchi per non poter essere felici salutiamo con riverenza soprattutto la Dufour con cui abbiamo flirtato per tante ore. Pochi passi dopo solo bianco, sole che pulsa e batte forte come il mal di testa. Guardo il cielo blu con quell’enorme palla gialla che è accesa come un forno al massimo…e non c’è una piccola nube a darci speranza. Finirà mai questa pena e confido nella discesa rapida verso l’aria più carica di ossigeno. Del resto siamo ancora a 4200 m di quota. Pochi minuti dopo salutiamo, raccolte in parata per il nostro passaggio il Corno Nero la Vincent e il Balmenhorn che ci rendono omaggio. Anche loro sanno che abbiamo fatto un numero. Mezz’ora dopo abbiamo decisamente perso quota, il mal di testa sembra smollare e i grandi seracchi a sinistra ora lasciano intravedere l’isolotto roccioso che sostiene la Capanna Gnifetti. Grandi buchi e crepacci larghissimi costringono a zig zag di cui al mattino (…di mesi fa quando salimmo…) non c’eravamo accorti. Ci viene perfino il dubbio di aver sbagliato ma l’orologio di Billy conferma la correttezza del nostro incedere. Superiamo diversi ponticelli che speriamo non cedano sotto il solleone e arriviamo sul ghiacciaio di Indren alle 18.15. Billy devia per la Capanna per andare a recuperare del materiale mentre io traverso fino alla sua fine. Il mal di testa mi è passato e non vedo l’ora di togliermi il materiale d’alta quota e soprattutto i ramponi che ho su dal mattino e che sono ormai un peasante e scomodo orpello. Mi fermo sulla morena al sole che per fortuna ora batte un poco meno e mi godo il momento in cui levo ogni strato di materiale tornando in abiti più leggeri. Non ho ancora finito di risistemare il tutto che arriva Billy che si ferma a qualche metro da me senza neanche avvedersi della mia presenza…lo insulto prontamente ma dentro di me sorrido pensando che superallenato ma dopo una giornata così sarà un poco bruciato anche lui. Scendiamo insieme al Mantova (h 19) dove recuperiamo il materiale lasciato e ricarichiamo (stipandoli!) gli zaini. Billy generosamente perché più forte, allenato e giovane si prende come in tutta questa gita i pesi maggiori e dopo una bella foto in cui sprizziamo gioia da tutti i pori ci prepariamo a scendere gli ultimi 2000m di dislivello che ci mancano. Ora senza sole e mal di testa mi sento di nuovo in condizioni eccellenti e le mie doti di endurance mi garantiscono un finale di giornata faticoso ma gestibile. Tre quarti d’ora dopo il nostro arrivo e terminate le procedure di cargo rimettiamo in moto i nostri arti inferiori e seguendo un sentiero che Billy ha già fatto con Valentina, iniziamo la discesa in direzione dell’Alta Luce. Il buio ci coglie al bivio verso il Colle di Salza e brancoliamo un poco cercando la traccia. Trovo la mia frontale accesa nello zaino e mi viene il dubbio che possa scaricarsi improvvisamente, poi viste le fatiche di orientamento, decido di fregarmene e aziono senza pensieri il suo potente fascio luminoso. Scendiamo, scendiamo, scendiamo cullati dal silenzio , dal buio fra pietrami che poi diventano erba rilassando un poco le piante dei piedi. Non scatto più foto concentrato solo sulla discesa fino ad un cartello giallo che alle 22.30 ci indica Staffal 35 minuti. Abbiamo ancora un buon ritmo ma quando vedo le luci del paese ancora decisamente lontane, capisco che ci vorrà più tempo. Arriviamo in paese e ci dividiamo perché Billy va al camper mentre io con il timore di sbagliarmi e dover camminare ancora di più, cerco la strada laterale dove avevo parcheggiato gratuitamente lungo il corso del fiume. Per fortuna non sbaglio e alle 23.30 posso levarmi lo zaino, levare gli scarponi e un poco il peso di questa giornata impegnativa che mi ha visto a 55 anni infrangere il record di ore di cammino portandolo da 18 a 19 ore! Con le scarpette leggere mi sembra di volare e torno al camper di Billy e Vale dove un panino, un caffè ma soprattutto la doccia dovrebbero rimettermi in sesto per resistere alla guida fino a casa. Ho infatti a casa da solo il bambino di 16 anni e declino il loro invito di fermarmi a dormire. Poi dopo una notte in ospedale, una al rifugio, sogno il lettone di casa. Il viaggio di ritorno è un poco un’agonia: inizia alle 0.30 e termina alle 5 del mattino con tre fermate a pisolare perché il sonno diventa incombente. Che dire… mi sbatto nel letto dopo la doccia con un chiodo fisso in testa: stavolta sì, lo possiamo proprio dire…abbiamo fatto un numero…grazie Billy…anche per le parole con cui mi hai espresso la fiducia sull’alpinista che c’è ancora in me. “ Ero tranquillo con te perché sapevo che non saresti mai caduto”…considerazione che rispedisco al mittente. Foto1 Billy sulle placche Foto2 io sulla cresta finale Foto3 io e Billy in cima alla Dufour




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