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   Grazia al Roccia Baitone,(via Chiaudano), 05/07/2013
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Lombardia
Partenza  Bivacco festa  (2320 m)
Quota attacco  2450 m
Quota arrivo  3263 m
Dislivello della via  750 m
Difficoltà  D+ ( pendenza 65° / II in roccia )
Esposizione in salita Nord
Rifugio di appoggio  Bivacco Festa
Attrezzatura consigliata  Due piccozze e viti da ghiaccio.
Itinerari collegati  Roccia Baitone (3263m), canalone nord (via Chiaudano)
Rischio valanghe  3 - Marcato
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Dopo aver percorso da solo il Canale Centrale di Scais mi sento più sicuro nell’accettare l’invito di Nicola per provare ad andare a fare la Via Chiaudano itinerario che si sviluppa lungo l’evidente canalone nevoso che solca il selvaggio versante settentrionale della Roccia Baitone. Salita il cui tratto chiave è rappresentato dal superamento di un seracco nella parte mediana della via che oppone pendenze fino ai 65° su ghiaccio e che richiede quindi di fare tiri di corda e soste con viti da ghiaccio. La stagione con eccezionale innevamento ci permette di andarci quasi d’estate. Restiamo in dubbio fino all’ultimo perché Nico si ammala ma poi anche sotto antibiotici mi dice di sentirsi bene e quindi il 4 luglio facciamo rotta verso la Val Camonica. Giunti a Edolo svoltiamo a dx e saliamo a lungo fino a parcheggiare nei pressi del tornante con le indicazioni per il rifugio Malga Stain, nei pressi di gigantesche tubature idriche che portano l’acqua a valle. Alle 16 in punto Nico in maglietta e calzoncini come si conviene nei giorni di luglio attraversa il ponte e si avvia sul sentiero che sale vs Malga Stain (q.1830). In un bosco molto bello che solo alla fine si apre sul poggio erboso dove sta adagiato questo piccolo rifugio in pietra, costruito in un luogo veramente paradisiaco. Via arriviamo in mezz’oretta e dopo aver fatto due chiacchere con Federico il gestore riprendiamo il nostro viaggio vs la Val Gallinera, entrando nel suo alto e selvaggio catino che poi lascia spazio al ripido pendio che sale verso la nostra meta che gialla appare fra due pinnacoli rocciosi. Pochi minuti dopo la salita termina al Passo di Gallinera da cui un piccolo sentierino conduce in breve al vicino Bivacco Festa ( q.2320, h19). Ci si affaccia dall’altra parte sulla val d’Avio e data un occhiata alla profonda incisione della Val Gallinera appena percorsa copriamo la piccola distanza verso la scatola gialla in lieve salita. Dal bivacco autentico pulpito posto in cima ad un precipizio si domina completamente la via di salita che affronteremo domani. In un panorama mozzafiato, in mezzo alle nuvole che vanno e vengono si vede comunque tutto il grande vallone nevoso che sale fino al punto chiave del seracco che appare ghiacciato ma ancora ben innevato nei suoi dintorni e poi su fino alla dorsale che termina col punto più alto del Roccia Baitone. Ci sistemiamo comodamente, andiamo a vedere il punto dove iniziano le calate in doppia e dopo cena andiamo a preparare la prima corda doppia per trovarla già pronta per l’indomani mattina. Sveglia alle 4, silenziosi preparativi e poi il forte stridore della porta metallica che s’apre verso l’esterno e lo schiaffo freddo di aria gelida che entra ci svegliano definitivamente e ci fanno entrare in modalità attiva. Camminiamo alla luce delle frontali verso l’inghiottitoio buio che si apre sotto i nostri piedi e raggiungiamo la roccia dov’è infissa la piastra in ferro che tiene le due corde che spariscono in basso nel buio. Alle 4.45 Nico scivola giù finchè di lui non vede che la luce della frontale. Poco dopo lo raggiungo e guardando verso l’alto per recuperare le corde salutiamo la luna accorsa a vedere l’insolito movimento per quelle ore. Partiamo per la seconda doppia su spit e terminata la corda ancora alti, fatichiamo un poco a trovare la terza calata. Poi ci caliamo finalmente per la terza e ultima volta e alle sei del mattino nella luce tenue di una nuovagiornata siamo finalmente con la terra sotto i piedi pronti a risalire il vallone morenico verso l’inizio del nevaio che ci attende un poco più in alto. A sinistra lo sguardo corre giù fino al solco della val camonica mentre noi iniziamo a risalire le colline moreniche e finalmente facciamo rifornimento d’acqua da un torrente che scende impetuoso. Alle 7 mettiamo piedi sul nevaio e clziamo i ramponi procedendo verso l’isolotto roccioso che ne interrompe la continuità. Sto bene e salgo velocemente in questo ambiente maestoso vs il seracco che si erge sempre più imponente nel centro del vallone. Il sole raggiunge ora le creste più alte e superato l’isolotto solo una curva vs sinistra ci separa dal mostro di ghiaccio che immobile attende le sue prede. Nico risale ad un passo un poco più lento ma so che è forte che è una pellaccia e non mi preoccupo. Fra l’altro ne approfittiamo per scattarci foto molto belle (soprattutto le sue!). Ora il pendio comincia a salire più ripido attorno ai 40° e molliamo i bastoncini in favore delle picche che iniziano il loro riscaldamento. Prima della curva l’imbuto si restringe ulteriormente e aumenta ancora la pendenza del bel nevaio di neve dura al punto giusto. Con progressione entusiasmante cha arriva attorno ai 50° nella curva a budello, saliamo vs l’incontro col muro di ghiaccio, con la sagoma assolata ed appuntita del Monte Aviolo che ci fa da sfondo. Poi le pendenze si attenuano un poco per poi ritornare importanti proprio sotto l’inizio del muraglione ghiacciato dove arriviamo alle 9. Fotografo Nico arrivare e guardare negli occhi il ghiaccio che dovrà sfidare. Da quassù si vede oltre il Passo di Gallinera, il lago d’Aviolo e Vezza d’Oglio in fondo alla valle. Ci riposiamo un poco, facciamo sosta sul ghiaccio e poi Nico qualche minuto prima delle 10 parte per il primo tiro sui 65° e con ghiaccio duro. Nico sale per 30 metri piazzando due ancoraggi e poi inizia a recuperarmi. Salgo bene assicurato dalla sua corda che mi infonde sicurezza e lo raggiungo senza esitazioni con i ramponi che mordono tenaci la parete ghiacciata e le picche che entrano cattive ed affilate, dure poi da estrarre. Poi nico parte per il secondo tiro che sale lamentandosi della fatica e delle forze che gli vengono meno. Quando lo raggiungo mi dice che non ce la fa più, che probabilmente gli antibiotici lo hanno sfibrato e mi dice che possiamo andare avanti solo se io me la sento di andare da primo. Guardo in alto e sono tentato come in sogno dall’idea di poter percorrere quel muro ora reso scintillante dal sole che comincia ad accarezzarne la parte superiore e ci penso seriamente. Ma poi mi rendo conto che non ho mai fatto nulla del genere e che quello non sarebbe l’ultimo tiro, ma solo il terzo di 5/6 complessivi e dico a Nico che non me la sento. E’ sfinito e non ribatte, cominciando a costruire con le viti da ghiaccio i fori per la discesa in doppia con la tecnica Abalakov. Alle 12 ne prova la tenuta scendendo fino al termine delle corde, dove si ferma per fare un’altra Abalakov. Intanto io lo raggiungo guardando ansioso il nevaio avvicinarsi…ma quanto sono alti trtenta metri di ghiaccio quasi verticali! Poi Nico parte e tocca terra o meglio neve e alle 13 anch’io lo raggiungo. Siamo sani e salvi e questa è la cosa più importante che ci diciamo. Delle scariche di neve sul lato destro del seracco ci hanno fatto anche temere di essere centrati dall’alto essendo l’ora ormai un poco tarda e soprattutto molto calda. Ma ora nel vallone sotto il solleone ci sentiamo più al sicuro. La neve sfonda e scendiamo tranquilli ad ampi e profondi passi anche se nel budello scendiamo ancora faccia a monte. Poi più tranquillamente attraversiamo il quasi piatto nevaio intimoriti ogni tanto dalle scariche di neve che scendono dalle pareti alla nostra destra e che sono sormontate da enormi seracchi. Ad un certo punto un botto particolarmente forte ci fa corricchiare impauriti ma poi come le altre anche questa scarica finisce assorbita dalla probabile terminale dalla quale comunque siamo parecchio distanti. Credo che attorno alle 14.10 dopo aver deviato a sinistra ed aver abbandonato la traccia dell’andata per scendere direttamente verso l’impluvio della valle, ci siamo fermati sul bordo del nevaio per toglierci il materiale da ghiaccio e i ramponi. Un botto tremendo ci ha fatto trasalire e abbiamo visto uno dei seracchi disfarsi come nei film e precipitare verso il nevaio. Ci siamo guardati un poco smarriti con la paura che potesse arrivare fino a noi ma poi dopo l’impatto terribile con il suolo la fiumana di neve e blocchi che si è generata dall’impatto ha ben presto rallentato la sua folle corsa e con noi pronti alla fuga, si è fermata ad una cinquantina di metri da dove eravamo seduti. Nico un poco scosso mi dice che è meglio cambiare aria, ma io lorassicuro dicendogli che con quello che è venuto giù, non abbiamo più nulla da temere e così dicendo vado avanti a togliermi tutto il materiale da arrampicata e gli scarponi per poter togliere i pantaloni e fare tutto più comodamente. Sono su un enorme lastra di granito e appoggio tutto quasi in ordine per poi riporre tutto nello zaino e rivestirmi con il poco necessario per la discesa sotto il sole. Un boato incredibile squarcia il nostro allegro conversare e guardandoci negli occhi capiamo subito che questa volta ci siamo, saremo investiti dalla furia che si scatenerà a breve. Eppure guardo la montagna collassare e precipitare accartocciandosi su se stessa. L’impatto al suolo della massa nevosa è terribile e spettacolare al tempo stesso perché come nei film si crea una nuvola che sale gonfiandosi sempre di più e afferro con certezza matematica che rischiamo di esser spazzati via. Istintivamente so già che l’unica speranza è acquattarmi dietro al masso piatto sul quale son seduto e quando dalla nuvola cominciano ad emergere blocchi di neve grandi come frigoriferi balzo in piedi e mi sdraio sotto al masso. Sento il sibilo feroce dei blocchi di ghiaccio che passano sopra e il sibilo più preoccupante della massa nevosa che avanza verso di me. Poi la neve comincia a passarmi sopra e per fortuna viaggia cosi’ veloce che mi oltrepassain volo ed è poca quella che mi cade addosso anche se ben presto mi trovo completamente coperto ma non schiacciato con violenza. Mi sale un poco di preoccupazione ma che dura poco perché tutto sembra intanto essersi fermato. Sono sotto la neve e alzo la testa convinto di riuscire ad emergere, cosa che infatti riesco a fare e la prima immagine che vedo oltre alla luce forte è Nico che corre verso di me con l’intento di venire a disseppellirmi. Ci abbracciamo scossi e stavolta non me la sento più di dirgli che ormai non succederà più niente. E’ tornato un silenzio assoluto solo che il materiale che io avevo messo sul tavolo di granito è stato portato via dalla valanga. Sono le 14.25 e fotografo il campo di battaglia con del materiale che spunta qua e là: recuperati i due scarponi che ritrovo dopo qualche ricerca fra i blocchi, e tutto ciò che vedo,decidiamo di allontanarci rapidamente. E’ impressionante vedere la quantità di neve che è depositata ovunque nonostante la distanza di centinaia di metri dal punto dove è caduta. Blocchi di neve squassata ovunque per un raggio ampissimo. Calzo uno scarpone senza calzettone ma non è il caso di andare per il sottile. Mi manca anche altro materiale ma decido che risalirò a cercarlo fra qualche giorno. Nico che si era fermato poco distante(una decina di metri) nei pressi di un grande masso, è stato investito solo di striscio e non ha perso nulla. Ci allontaniamo alle 14.40 con la strana sensazione che possa succedere di nuovo e viene istintivo voltarsi a guardare la montagna arrabbiata. Discorriamo inevitabilmente di quello che sarebbe successo se il crollo fosse avvenuto una ventina di minuti prima: non avremmo avuto nessuna speranza. Con quel misto di sollievo e angoscia scendiamo finchè ci sentiamo al sicuro nell’erba, nel bosco, sul sentiero. E’ passata un’ora ma sembra sia passata una vita intera. Siamo stati graziati: il giudice si è mostrato benevolo. Ora nel sole, sulle pietre calde e l’erba ritorna a battere la vita e guardando il cielo azzurro e la giornata stupenda, vien voglia di piangere e di ringraziare per il dono ricevuto. Scossi scendiamo a valle, ma felici. Raccontiamo a Federico, ancora increduli,quello che ci è successo e lui abbastanza laconicamente ci dice che si in stagione avanzata, può succedere. Quattro giorni dopo il 9 luglio e sapendo che c’è sempre stato bello nel frattempo, torno sul luogo per cercare quello che mi manca. Sono emozionato, tranquillo e al tempo stesso curioso di rivedere la zona e capire che emozione proverò. Salgo leggero e alle 8.45 sono nel luogo che mi piace chiamare Santuario. La neve si è ormai sciolta quasi completamente e supera a chiazze di poco il sasso che mi ha salvato la vita. Lo segno per ricordarmene e ringraziarlo e mi raccolgo in preghiera. Poi mi alzo e giro per i blocchi di pietra a recuperare i guanti, il calzettone la piccozza che trovo sparsi nel giro di diversi metri. Fotografo i resti della valanga da cui si sono sciolti tutti i blocchi e che ora ha le sembianze di un mare agitato. La parete ora pulita che si è scossa di dosso la neve in eccesso guarda indifferente ma ha un cuore perché ha aspettato che noi passassimo prima di scuotersi. Simulo la postura che ho assunto per mettermi al sicuro e volto le spalle a quanto è successo. Incontro al ritorno Federico e lo fotografo per non dimenticar nulla della grazia ricevuta.
Foto 1 bivacco seracco e Roccia Baitone Foto2 io appeso a sosta1 Foto3 Nico sul tiro 2

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