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   Corda Molla al Disgrazia 2009, 20/08/2009
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Lombardia
Partenza  Chiareggio  (1612 m)
Quota attacco  3150 m
Quota arrivo  3678 m
Dislivello della via  528 m
Difficoltà  AD+ ( pendenza 45° / III in roccia )
Esposizione in salita Nord-Est
Rifugio di appoggio  Bivacco Oggioni, 3151m
Attrezzatura consigliata  corda, piccozza, ramponi, 2 o 3 viti da ghiaccio, 3 o 4 friend misura medio-piccola, cordini vari e normale dotazione personale per vie in alta montagna. Eventualmente, ma non indispensabile, utile la seconda piccozza per il capocordata
Itinerari collegati  Monte Disgrazia (3678m), Cresta E-NE, Corda Molla
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Il 20 agosto 2008 ,venti giorni dopo esser volato sulla via al Col dei Bos accetto la proposta di Stefano di provare ad andare a fare la Coda molla al Disgrazia. Ho da qualche giorno lasciato le stampelle, ho fatto una corsetta come test..riuscendo a correre ma provando dolore sul terreno irregolare. Comunque decido di provarci confidando nella caviglia che rimarrà chiusa e bloccata nello scarpone rigido e nella fasciatura che mi son fatto fare dall’amico fisioterapista Giamba. Arriviamo a Chiareggio in Val Malenco alle attorno alle 16 e aperto il bagagliaio, incredibilmente scopro di aver lasciato a casa gli scarponi. Non sapendo cosa fare, suono ad una abitazione in pietra spiegando il mio problema e chiedendo alla signora gentile se sa di un negozio per acquistarne un paio. Mi risponde che dobbiamo scendere fino a Chiesa di Valmalenco ma che se voglio lei ne ha un po' da provare fra gli scarponi del fratello che è niente po po' di meno che il famoso Giancarlo “Bianco” Lenatti gestore del Marco e Rosa. Ste ringrazia e assicura la signora che gli riporterò gli scarponi, perché sono bravo , faccio parte di un Associazione ecc. ecc. La signora allora ci racconta la triste storia di suo nipote Bianco, figlio appunto del fratello, che a 12 anni, è molto malato per un tumore osseo e ci chiede di pregare per lui. Glielo assicuriamo e ci allontaniamo col cuore gonfio e gli scarponi in prestito. Li calzo, ballano un poco ma funzionano egregiamente sulla stradina perfetta che porta al Gerli-Porro e che raggiungiamo alle 17.30 dopo un ‘oretta di riscaldamento. Oltre il rifugio il sentiero sparisce improvvisamente inghiottito dalla pietraia dell’infinito vallone che sale verso la nostra meta serale, il Bivacco Taveggia. Sulle pietre sconnesse la mia caviglia comincia a cigolare e lo scarpone un poco largo non riesce a contenerla bene e a risparmiarmi le torsioni laterali. Comincio a sentire fitte di dolore ma soprattutto inconsciamente a cercare sempre di poggiare il piede ben piatto..perdo terreno da Ste e quando cominciamo a salire resto sempre più indietro e lui a chiedermi se ce la faccio. Rispondo sempre di sì pensando che poi sulla neve dovrebbe andare meglio. Ad un certo punto mentre a capo chino osservo le pietre davanti a me sento riecheggiare nel silenzio della sera che scende a coprire col suo dolce manto la valle per avvisarla dell’arrivo della gelida notte un terribile urlo: Ot da’ ndoeèè? E’ Stefano che molto più in alto mi dice che non possiamo continuare così, che non ha senso.. e prende ascendere venendomi incontro. Non oso ribattere, nonostante mi bruci, ha ragione…sono stato uno stupido a pensare di potercela fare e a dimenticarmi gli scarponi. Ste non è arrabbiato e io mi sento ancor più una merda e mi dice..andiamo almeno a berci una bottiglia di quello buono al rifugio..e lo dice col sorriso di uno che mi vuole bene. Gli toccherà anche pagare..perchè sa che non ho mai una lira in tasca. Alle 21, ubriachi scendiamo a valle e alle 22 rendiamo gli scarponi alla signora lasciandoglieli fuori dalla porta e ringraziandola per il gesto con un bigliettino. Ritorneremo Ste, te lo devo. E torniamo, l’anno dopo il 20 di agosto del 2009, due giorni dopo la fortunata gita in Svizzera alla Fiamma del pizzo Spazzacaldera. Con noi c’è anche Filippo e facciamo una visita di cortesia alla signora degli scarponi a Chiareggio…ci riconosce e si mette subito a piangere raccontandoci che Bianco non ce l’ha fatta, è morto il 31 di gennaio e mi lascia la sua immaginetta che conservo ancora. Un viso dolce da angelo, puro e Bianco come il nome che gli è stato dato. Ogni volta che lo vedo mi scendono lacrime d’amore. La abbracciamo e salutiamo, tristi. Alle 14 siamo ai Rifugi Gerli Porro e al vicino Ventina. Poco dopo sorpassiamo una targa che ci informa che il ghiacciaio tempo addietro arrivava qui: incredibile, noi arriviamo alle 14.45 alla morena in vista del ghiacciaio del Ventina e ne raggiungiamo la terminale alle 15 cominciando a camminare sulla sua lunghissima e sporca di detriti lingua. Più avanti massi enormi stanno sospesi sorretti da piedistalli glacialie noi sull’immensa pianura glaciale cominciamo a cercare qualche punto di riferimento, ma siamo assaliti dai dubbi. Poco dopo ci fermiamo in mezzo al ghiaccio bianco e dubbiosi sulla direzione da prendere. Sappiamo che ad un certo punto dobbiamo prendere a destra una fascia rocciosa da arrampicare facilmente, ma non capiamo quale sia. Sono le 16, abbiamo tempo ma bisogna capire dove hanno nascosto il bivacco e perché non vediamo nulla che possa indicarci la via. Siamo in una conca pianeggiante sotto la parete Nord del Pizzo cassandra e proseguendo raggiungeremmo il Passo del Ventina. Continuiamo comunque a rimontare il ghiacciaio e ci avviciniamo alle fasce rocciose e poi ce ne allontaniamo per via della mancanza di prospettiva e alle 17 facciamo un altro summit in cui ognuno avanza nervosamente le proprie teorie: io dico da una parte confrontando la carta, Filippo dice da un'altra consultando la bussola e Ste non sa a chi dar ragione, anzi ad un certo punto asserisce addirittura di vedere il bivacco. Io lo apostrofo malamente dicendo: “ Stiamo calmi e non cominciamo a vedere cose che non ci sono”. Comunque io e Pippo cominciamo a guardare la cresta che lui indica ma senza distinguer nulla con certezza. Proviamo però ad avvicinarci al punto che lui indica traversando e tornando indietro e dopo qualche centinaio di metri anche a noi sembra di scorger qualcosa fino a doverci arrendere e scusare con occhio di falco. Comunque la mia frase diventerà storica e con Ste ci prendiamo ancora in giro oggi per quell’uscita clamorosa. Ora è tornata la tranquillità e individuata la rotta, recuperiamo, cercando di perder quota il meno possibile la fascia rocciosa che scende da Punta Kennedy. Mettiamo mani sulle rocce attorno alle 17.30 e facilmente mezz’oretta dopo(tra detriti,sfasciumi e qualche breve passo di II°) arriviamo davanti alla piccola,spartana botticella grigia, proprio di un colore mimetico( impossibile a vedersi da sotto). Ci organizziamo per la cena a fornelletto e scendo a riempire due bottiglie di plastica trovate all’interno…e poi tutti a nanna. L’indomani sveglia alle 4.30 e poco dopo le 5 usciamo nel buio e risaliamo gli ultimi metri di roccette raggiungendo facilmente la cresta rocciosa soprastante. Da questa scolliniamo (breve tratto in discesa di II) e attraversiamo in piano il nevaio senza perdere quota verso NW alla base della parete Est della Punta Kennedy. Vediamo una superlativa alba fiammeggiare rossa come fuoco oltre il Pizzo Scalino mentre noi siamo ancora avvolti dalle tenebre. Entriamo nella conca glaciale compresa fra il Pizzo Ventina e la Punta Kennedy, nella parte superiore del ghiacciaio della Sentinella della Vergine e da qui in verticale fino al Colletto del Disgrazia dove è posto il bivacco. Subiamo nel gelo e al buio l’inizio di questo tratto perché il ghiaccio è nero e durissimo con pendenza di 40° e le punte dei ramponi danno l’impressione di grattare a vuoto e di dare un equilibrio precario e pericoloso. Poi il cielo s’illumina e tutto diventa più semplice, soprattutto per la possibilità, vedendoci, di evitare i tratti più brutti del ghiaccio. Alle 6.30 su pendenze più dolci e nevose siamo nei pressi del Colletto dove ci fermiamo a fotografarci col sole che sorge alle nostre spalle e pochi minuti dopo siamo al Bivacco oggioni a 3151 m di quota. Dal bivacco Oggioni dovremo salire al colle situato tra la punta Kennedy e l’inizio della cresta Nord del Disgrazia (la Corda Molla, appunto). Entriamo qualche minuto per scaldarci ma arriva il sole a chiamarci e allora riprendiamo la salita sostenuta in neve ora sfondosa. Ma c’è una luce fantastica che ci ha ricaricato le batterie e il morale e batto traccia senza stancarmi, poi quando torna il ghiaccio duro ripassa davanti Filippo il più preparato tecnicamente fra di noi. Saliamo su ghiaccio nel cielo blu fra rocce color ocra e iridescenti nel sole. Che spettacolo! Alle 7.30 mettiamo le mani sulla cresta rocciosa e riprendo il comando della progressione in un entusiasmante cavalcata in cresta fra rocce affilate ed esposte sui baratri sottostanti e che vanno scavalcate direttamente o aggirate con diff. Max di II° grado, fino ad arrivare alle 9.30 al passaggio chiave rappresentato da una placca poco proteggibile su cui troviamo un cordone che aiuta la progressione verso l’alto ( 10 mt,III+,1 ch.). Pippo la sale assicurato da me e poi ci recupera. Ora vediamo la parte finale della cresta che quasi pianeggiante ci porterà all’attacco del pendio nevoso (scarno) detto Corda Molla che rappresenta il punto di passaggio e contatto verso la parte finale della montagna che ora vediamo interamente. Segue una parte su cresta misto/nevosa, un po’ più aerea, ma che senza grandi difficoltà porta alla caratteristica rampa nevosa che dà il nome alla via da risalire, con pendenza sempre maggiore (max.45°-50°). Alle 11 siamo soto lo svivolo finale che appare decisamente più ripido di quanto sembrava da lontano. Pippo parte deciso e lo affronta superandolo senza problemi. Io e Ste ci guardiamo un poco incerti perché la corda ce l’ha lui nello zaino e pensavamo di utilizzarla..malui ormai è fuori e ci invita a salire che non ci sono problemi. Allora parto io e appena la pendenza si accentua e la neve diventa più dura, scalcio col rampone destro che di stacca dallo scarpone rimanendo appeso. Io mi tengo sul rampone sx e comincio ad urlare verso Filippo per dirgli cosa mi è successo. Attimi di panico perché non so quanto riuscirò a resistere sull’appoggio precario del solo rampone sx che non avevo piantato con troppa forza. Mi spavento e comincio a tremare, cercando di capire se riesco a sistemare il rampone, ma è impossibile. Poi Filippo mi urla di resistere che si sta facendo prestare la corda da due alpinisti e allora mi motivo cercando la posizione più rilassata possibile ma capisco che non resisterò ancora molto con la coscia sinistra che stà andando a fuoco dovendo sorreggere da sola tutto il mio peso che scarico su quel poco di punte che hanno forato la neve gelata. Poi benedetta vedo serpeggiare la corda della mia salvezza che afferro e poi sperando di non cedere proprio ora che mi muovo, riesco ad infilare nell’imbrago. Mi appendo, risistemo il rampone e salgo da Fil, ringraziandolo per la velocità del soccorso. Mamma mia che spavento! Poi Fil fa scendere la corda anche da Ste e a mezzogiorno ci troviamo oltre la Corda Molla, sotto la bastionata rocciosa finale della montagna. Ci riprendiamo dallo spavento mio ma anche collettivo e risaliamo una rampa sulla sinistra, puntando alla vetta con percorso non obbligato, cercando il facile, dove la parete risulta più frammentata e l’arrampicata più semplice (II). Poi verticalmente sbucando sulla cresta Est ad un centinaio di metri dalla vetta (II, roccia discreta) e andando a raggiungere il bivacco Rauzi ( h 13,foto) e la cima del Disgrazia( 3678m) pochi minuti dopo. Scalo queste rocce quasi di corsa nel bisogno di scaricare la tensione nervosa accumulata che si scioglie negli abbracci e nelle foto dalla vetta dove siamo tutti felici e sorridenti. Vediamo altri alpinisti piccolissime macchioline di colore sul sottostante ghiacciaio dove dovremo poi calarci anche noi. Dopo. Ora è il momento di gioire, rilassarsi e scherzare nel silenzio meraviglioso dell’alta montagna. Le nuvole coprono le montagne attorno rendendo il nostro luogo isolato da tutto e da tutti. Alle 13.30 cominciamo le operazioni di calata dai piedi del bivacco Rauzi dove partono le calate in corda doppia, lungo il versante Est fin sul ghiacciaio che separa la Punta Kennedy dal Disgrazia. Ne facciamo 5/6 scendendo praticamente con la via di salita alla nostra dx (faccia a monte) e alle 16 siamo tutti e tre atterrati sul ghiacciaio proprio all’interno di una grande frattura. Cominciamo a scendere per il ghiacciaio inizialmente ampio e facile e dopo mezz’ora troviamo la S descritta nella relazione da fare per scendere oltre uno sperone roccioso dove la pendenza del nevaio si accentua e ci porta a passare nelle vicinanze di seracchi assolutamente spettacolari e dalle forme immaginifiche ( uno sembra un mammut…), che ci chiediamo come facciano a stare in piedi e a non collassare. Aggiriamo dunque il primo salto di seracchi piegando decisamente a destra (canale ripido oltre uno speroncino roccioso). Alle 17.30 dobbiamo fare un’altra doppia per calarci da un salto roccioso e purtroppo la corde si incastrano durante il recupero e ne dobbiamo tagliare il pezzo di una. Dalla base del salto pieghiamo a destra, traversiamo lungamente sotto i seracchi della parete Est (ancora forme surreali…) fino al ghiacciaio del Ventina che ci riaccoglie poco dopo le 18. Mentre scendiamo da valle risalgono minacciosi e in quietanti nuvoloni neri. Un grosso fronte temporalesco avanza verso di noi e prima che possiamo rendercene conto ci investe con la sua furia spazzandoci con forte vento,grandine e infine pioggia ma per nostra fortuna dura poco e alle 19.30 bagnati fradici e ancora un poco spaventati siamo consolati dall’apparire del Rifugio Ventina che segnerà la fine delle nostre peripezie mezz’ora dopo. Alle 21 siamo a Chiareggio..pronti e rilassati per tornare a casa! Che bella avventura! Grandi Pippo e Ste.
Foto1 Alba vs il pizzo Scalino Foto2 la vetta e il bivacco Rauzi Foto3 noi in cima

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