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   Gran Paradiso 4061, 16/09/2008
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Valle d'Aosta
Partenza  Pont Valsavaranche   (1960 m)
Quota attacco  3000 m
Quota arrivo  4061 m
Dislivello della via  1000 m
Difficoltà  PD- ( pendenza 40° / II in roccia )
Esposizione in salita Sud-Ovest
Rifugio di appoggio  vittorio emanuele
Attrezzatura consigliata  corda picca ramponi
Itinerari collegati  nessuno
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento 20 giorni dopo il ridicolo tentativo di salire al Disgrazia con la caviglia dolorante in seguito al volo al Col dei Bos, ci riprovo accettando l’invito di Max a salire al Gran Paradiso. Farlo in giornata non è l’ideale per testare il mio stato di forma reduce da circa 45 giorni di quasi immobilità (ho solo fatto una corsa in settimana, per testare la caviglia!) ma è così…prendere o lasciare. Anche a Max sta bene provarci. Poche ore di sonno, e alle 2 del 16/09 /2008 la sveglia, per trovarsi alle 3 a Lodi ed essere pronti a partire, dopo aver lasciato l'auto nell'ampio parcheggio in Loc. Breuil, a monte della frazione Pont di Valsavarenche, alle 6. Attraversiamo il torrente,c’è buio e freddo e alla luce delle frontali, ci dirigiamo im silenzio verso sud, verso le montagne che chiudono la testata della valle. Percorriamo l’ampio sentiero subito di buon passo e fra me e me penso che siam partiti troppo forte…vedremo dopo. Si cammina pressoché in piano fino ad arrivare all'ultimo fabbricato che si incontra prima del rifugio (1991 m). Poco più avanti inizia una macchia di larici e attraversiamo il ponte in legno su di un affluente del torrente Savara e subito dopo sulla sinistra la prima delle numerose scorciatoie che abbreviano il tragitto. Quando il pendio si addolcisce, si esce dal solco vallivo e dai 2300 mt comincia ad essere visibile la cima ammantata di ghiaccio del Ciarforon che lentamente, mano a mano che ci si avvicina al rifugio diventa sempre più imponente. Via rriviamo mentre la luna scende e sparisce dietro alcune creste e il sole comincia invece a lambire e carezzare le gelide teste del Ciarforon e della Becca di Monciair. Tra i pascoli emergono i grandi sassi, lisciati dall'erosione glaciale che la vegetazione stenta a colonizzare. Dopo tanti tornanti la strada reale di caccia assume un andamento più rettilineo ed in breve raggiunge la scalinata splendidamente restaurata che dà accesso al pianoro dove sorge il rifugio. Ci arriviamo col passo tuonante di Max pochi minuti dopo le 7.30 e ci fermiamo a fare colazione e a riprendere un poco fiato. Siamo ancora nell’ombra e riprendiamo volentieri a camminare mezz’oretta dopo per scaldarci procedendo sulla pietraia alle spalle del Rifugio che è fortunatamente coperta, per la mia caviglia, da 20 cm di neve su cui già è tracciata la pista. Vediamo la nostra montagna, silenziosa nell’ombra, ancora distante. Mi metto in scia di turbomax e alle 9.30 guadagniamo volentieri il sole e la neve diventare meno rigida e più accogliente. Alle 10 entriamo nel vallone dove converge anche la pista che sale dallo Chabod e in abbondante neve fresca sorpassiamo una zona crepacciata con passaggio aereo su ponte fra due immensi crepacci: passiamo legati uno per volta, seguendo la pista dei fortunati predecessori. Ci guadagniamo la possibilità di ripassarci al ritorno. Accostiamo poco più su fantastici seracchi che sembrano cesellati da uno scalpellino e che brillano nell’azzurro del cielo. Alla confluenza della traccia che sale dallo Chabod comincio a sentire la crisi: improvvisa e non graduale. Sento su di me lo sguardo del Bianco che da un po’ mi osserva e dall’alto mi squadra severo per rimproverare la mia strafottenza…abbi pazienza, piano ma salgo..tranquillo. Anche la Grivola si è elevata a giudizio e mi ammonisce col suo femminile..te l’avevo detto! Abbasso lo sguardo e fisso solo l’immensa china nevosa che dovrò risalire per guadagnare la cresta che porterà poi all’incontro vero e proprio coi pendii finali della montagna. Sono le 10.45..forza Oscar. A mezzogiorno approcciamo il pianoro finale sotto la linea di cresta,prima del ripido finale. Son proprio cotto in un mix di stanchezza e mal di quota. Alle 12.20 mi blocco, Max passa davanti ma continuo ad arrestare la sua ascensione con le mie fermate..non reggo più la sua corda che mi strattona e cominciamo a litigare perché lui non vuole slegarsi. Provo a convincerlo dell’innocuo pendio nevoso che stiamo risalendo ormai lontano dalla zona crepacciata..ma niente! Sto male e la corda è diventata il simbolo della mia sofferenza..ogni strttone è un pugno nello stomaco. Obbligo max a lasciarmi libero…ormai siamo in vista dell’ultimo strappo,ormai incredibilmente siamo all’altezza dei primi pinnacoli rocciosi della cresta di vetta. Sono le 13 e mi sento libero, come uno schiavo senza catene e capisco che ce la farò. Ormai le distanze si misurano in metri e la sofferenza si scioglie in gioia. Vedo Max allontanarsi del suo passo e raggiungere alle 13.20 la cresta. Io arran(pi)co come fossi su un pendio quasi verticale ma un passo segue l’altro e nessuno va perso o dimenticato. Il gregge indistinto dei miei passi mi ha portato oltre la soglia dei 4000 mt. Alle 13.30 raggiungo max e insieme scavalliamo l’ultimo saltello roccioso che ci porta nelle braccia della Madonnina posta a 4061 mt di quota e che da molto più in alto veglia sulle nostre vite da alpinisti e di tutti i giorni. Fermo, ebbro di gioia e di quota, sto benissimo e mi sembra di rinascere…mi sembra di guardare il ghiacciaio steso sotto di noi come un candido lenzuolo e osservare quella camicia rossa salire come non fossi stato io. Delirio mistico o d’alta quota? Il cielo è praticamente sgombro di nubi, non cìè un filo di vento ed è impressionante l’universo di cime che si sovrappongono all’infinito e si mescolano all orizzonte..sembra di essere su una cima dellHimalaya! Facciamo un selfie e foto varie con la Regina della Montagna e alle 14.30 cominciamo la discesa. SENZA CORDA. Scendiamo veloci visto che io mi sono pienamente ripreso e alle 15.40 attraverso il ponte del non ritorno slegato..al motto di…se ha retto finora. Stranamente anche Max non vuole usare la corda e rapidamente siamo oltre non prima di avere fotografato le impressionanti fauci aperte sotto di noi. Fuori dal vallone togliamo anche i ramponi e il senso di leggerezza dovuto anche alla discesa in quota aumenta sempre più piacevolmente. Contemplo lo scivolo elegante della Parete Nord che mi piacerebbe un giorno salire…e siamo sulla morena che scivola a valle vs il rifugio dove arriviamo alle 17 e dove ci concediamo l’ultima sosta. Mezz’ora dopo ripartiamo e alle 19 di buon passo siamo a Pont. Max come al solito guida come se non ci fosse un domani con la sua precisione svizzera e la sua tenacia teutonica..uno fra i pochi che riesce a vincere la mia paura di addormentarmi in auto. Alle 22.30 siamo a Lodi, alle 23 a casa. Domani al lavoro..machissenefrega quando scali nelle mie condizioni il granparadisoingiornata non hai paura più di niente. Grazie amico Max per aver creduto in me, avermi invitato, avermi aspettato….e avermi liberato dalla corda perché io potessi librarmi nel blu infinito cielo delle alte quote. Fedeli sempre al nostro motto…alpinista che torna, buono per un’altra volta! Grazie max, BergHail…e alla prossima.
Foto 1 io sul ponte Foto2 la madonnina Foto3 la montagna
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