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Monte Secco (Parete N-E), Via “Kamasa”, 13/02/2020 | Tweet | Inserisci report |
Onicer | Zeno |
Regione | Lombardia |
Partenza | Albareti di Ardesio (826 m) |
Quota attacco | 1150 m |
Quota arrivo | 2216 m |
Dislivello della via | 1100 m |
Difficoltà | TD+ ( pendenza 90° / V in roccia ) |
Esposizione in salita | Nord-Est |
Rifugio di appoggio | Nessuno |
Attrezzatura consigliata | Normale dotazione da arrampicata mista. Utile una staffa e qualche vite corta. |
Itinerari collegati | nessuno |
Rischio valanghe | 1 - Debole |
Condizioni | Eccellenti |
Valutazione itinerario | Eccezionale |
Commento | Fin da quando ho iniziato a conoscere la montagna bergamasca mi hanno affascinato le cime che costituiscono la poderosa cresta che, con orientazione E-W, va dal Monte Vaccaro fino al Pizzo Arera.
La disposizione geologica degli strati calcarei determina la morfologia di questi monti con fianchi erbosi sui versanti meridionali e severe pareti verticali su quelli settentrionali che si affacciano sulla Val Canale. La recente salita degli amici Tino, Yannick e Asso sulla Nord-Est del Monte Secco suscita in me ammirazione e desiderio di visitare questa parete tante volte osservata. Qualche giorno dopo ne ho l’occasione insieme ad Asso che ci ritorna volentieri perché ha adocchiato nella precedente salita un sistema di canali che dovrebbe permettere di uscire sull’antecima Est dove è posta la croce di vetta. Il primo terzo di parete lo percorriamo al buio seguendo l’itinerario più debole già collaudato nella salita precedente e descritto da Tino. Alla prima cengia saliamo un canale evidente sulla sinistra con un tratto iniziale di roccia strapiombante che superiamo in artificiale proseguendo poi per bellissimi risalti di neve ghiacciata e misto più facile. Giunti alla seconda cengia svoltiamo a sinistra e su intuizione di Asso ci infiliamo in una goulotte larga mezzo metro e chiusa in un diedro acuto che ci sorprende per bellezza e particolarità della scalata. Finito questa sezione si potrebbe uscire in cresta per un facile canale nevoso ma decidiamo di tenere la destra fino a portarci alla base di una cascata di ghiaccio posta proprio sotto la verticale della vetta che il mio compagno supera con grande maestria e coraggio. Con le ultime luci raggiungiamo la croce svuotati di energie ma riempiti del sapore intenso di pace che si prova uscendo in vetta dopo tante ore passate su una grande parete. Alla gioia della salita si aggiunge la soddisfazione di aver condiviso una nuova avventura con Asso dopo un anno che lui ha passato in Bolivia dedicandosi alla formazione alpinistica dei ragazzi di un villaggio dell’altipiano. Mi propone di chiamare questo itinerario “Kamasa” che in lingua aymara significa coraggio. Nonostante la mia reticenza generale a dare un nome alle vie accetto di buon grado credendo che il coraggio non è solo l’affrontare difficoltà tecniche ma soprattutto è desiderio di riscoperta di luoghi e storie un poco dimenticate. Mòla mia, leù! |
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