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   cime del fumante e cima delle ofre, 19/02/2019
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Veneto
Partenza  rifugio alla guardia  (1130 m)
Quota attacco  1580 m
Quota arrivo  1983 m
Dislivello della via  400 m
Difficoltà  PD+ ( pendenza 45° / II in roccia )
Esposizione in salita Nord
Rifugio di appoggio  rif. Campogrosso
Attrezzatura consigliata  picozza e ramponi
Itinerari collegati  nessuno
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Improvvisamente la visione dei monti innevati sotto un cielo terso sferzato dal vento s’impiglia nei miei pensieri. Torno a casa con quella voglia magica che m’infiamma il cuore e ottengo il permesso di fuga per l’indomani. Pulsioni irresistibili mi richiamano verso i cieli puri e che bello quando posso assecondarle. E così il 13/2 alle 4.00 suona la sveglia. Fallito il tentativo di trovare un compagno, sguinzaglio la libertà ottenuta in direzione delle Piccole Dolomiti. Troppa neve in quota sulle Orobie e allora punterò questo piccolo gioiellino dell’entroterra veronese/vicentino. Meta il Rif. Campogrosso che scoprirò in itinere non poter raggiungre in auto perché la strada non è pulita da neve e ghiaccio e quindi mi fermo al rifugio Alla Guardia a quota 1430 qualche km prima. Punto l’autostrada Cremona-Brescia e prima di Vicenza svolto a dx ve Valdagno Recoaro Terme e un paese che si chiama curiosamente Merendaore. Durante gli ultimi km in auto mi fermo come un bambino ad ammirare questi nuovi profili a me sconosciuti per riconoscerli poi a casa con l’aiuto di Peak Finder. Emerge subito per la sua complessa architettura di castello medievale il Fumante che probabilmente prende questo nome dalla tante guglie che accese dalla luce del mattino sembran proprio un fuoco acceso. E poi vs sx la catena di monti col Plische il Tre Croci lo Zevola e il Gramolon. Spostandomi nell’alba che inizia a colorare le cime, emerge anche Cima Mosca a dx del Fumante e poi ancora più a dx oltre l’erbosa cima di Campogrosso, la bellissima e squadrata torre del Baffelan rossa di bellezza. Parcheggio disssetandomi spiritualmente con la vista delle splendide e numerosissime guglie del Fumante che luccicano rosse ai primi tenui raggi del mattino e dell’imbiancata catena del Zevola e Tre Croci che in veste invernale sembran più grandi e imponenti di quanto in realtà magari siano. E soprattutto sono pareti illuminate e imbiancate a festa per la mia estasi di bellezza. Ciò che vedo, e soprattutto il sopraggiungere di uno sci alpinista confermano i miei dubbi: c’è tanta neve e sarebbero serviti i ramponi; io invece ho optato per la leggerezza dei ramponcini. Vabbè esplorerò. Alle 8 saluto l’auto e m’accorgo di avere il bastoncino rotto che tento ridicolmente di bloccare con sassolini o legnetti. Cammino per boschi con il Fumante che più non arrossisce ma ha assunto la fantastica tonalità che assumono le rocce dolomitiche quando dissetate dall’aranciata del mattino, virano sul giallo beige splendente e cosparse di neve sembran pandori pronti per le abbuffate dell’alpinista. E’ una montagna veramente fantastica: chissà quante ce ne saranno di così belle e sconosciute solo perché non sono abbastanza alte da attirare l’attenzione. Poi davanti a me oltre il dosso di neve la parete della Sisilla che copre ma non del tutto la retrostante Cima delle Ofre. Raggiungo l’imbiancata strada per le auto e punto il rifugio che sta accoccolato poco più in alto per trovare assistenza perché senza bastoncino nella neve alta sarà impossibile. Alle 9 esco dal rifugio con un bastoncino nuovo e vaghe e dissuadenti info sulla fattibilità del mio percorso. C’è sole vento e freddo e ho paura di fare tanta fatica per nulla. Pausa riflessione vestizione alimentazione e assorbo la sensazione di giornata artica che mi stava dissuadendo. Ora vestito come un palombaro, tornato indietro nel tempo a quando imperterrito scorazzavo senza timori per le Dolomiti innevate mi sento nuovamente bene e seguendo la strada innevata delle auto arrivo brevemente al cartello che indica Passo di Campogrosso (q.1450) e che segnala semplicemente il punto più alto della pressochè pianeggiante rotabile. Ora entro nel wilderness e imbocco sicuro il sentiero pestato che dirige vs il Boale dei Fondi. Pochi passi e il silenzio si fa assordante consegnandomi all’immacolato bianco e alla superba catena del carega che si mette in posa proprio di fronte a me con le guglie del Fumante la piatta creseta dell’Obante e poi le punte del Carega, di Cima Mosca, il Molare e la Punta dei Camosci. Supero prima il Passo di Buse Scure (q.1475) dove incontro un tizio che mi dice non ritener possibile salire vs il Fumante, poi la sella del Rotolon e comincio il traverso. Lo spazio si è aperto vs Nord e si vede la conica e bianca punta della Presanella con alla sua dx il massiccio roccioso del Brenta in cui spiccano le spalle di Cima Tosa e di Cima Brenta. Alle mie spalle Palon Cornetto e Cima Ofre. Ora la neve è alta e l’unica traccia di chi mi ha preceduto non m’impedisce sprofondamenti continui e faticosi. Però sono ripagato dalla vista stupefacente di tutte le guglie e torri che anche da questo lato costruiscono l’incredibile cattedrale gotico barocca del Fumante. Mamma mia che spettacolo di pareti piramidali che fanno il solletico al cielo. Continuo a traversare ma sprofondo sempre di più: così non si va da nessuna parte e quando arrivo ad un canalone che punta vs l’alto e che per quanto posso vedere alla cresta, decido di provare a risalirlo perché oltretutto la neve pare assestata e anche abbastanza compatta. Sono da poco passate le 10 e inizio a salire sulle punte degli scarponi in bilico fra la paura di scivolare e quella di sprofondare. Generalmente la neve sostiene e a parte qualche tratto salgo abbastanza agevolmente fino a quando la pendenza generalmente attorno ai 40/45° si accentua un poco e allora calzo i ramponcini. Salgo sotto questi pinnacoli che solitari si alzano vs l’alto, di cui il più inverosimile, viene chiamato Il Milite. Che spettacolo! Dopo aver toccato la cresta ad un forcellino e constatata l’invisibilità del sentiero che la percorre, trovo trinceramenti del periodo bellico e muretti a secco che seguo fino a raggiungere la base della Guglia Gei, dove un enorme spaccatura nella roccia permette di superarla e di entrare nel canalone del Giaron della Scala che punta dritto il cielo e riprendo a salire sulle punte degli scarponi per il canalone che prosegue oltre l’apparenza, controllato da gendarmi rocciosi incappucciati di neve che regalano un aspetto assolutamente dolomitico. Salgo e salgo nell’immacolato manto bianco fino ad avere la certezza altimetrica che sbucherò all’altezza della cima nei pressi di Forcella Lovaraste (q.1920) che vedo da tempo ma che raggiungo dopo un ultimo invisibile pianoro, solo alle 11.30. Impressionante la vista vs il basso con tutto il canalone del Giaron che scende fino alla base della conca da cui ho iniziato la salita. Quando arrivo sul pianoro colletto ho una croce su un cocuzzolo a sx e quella che appare come la cima più alta a dx. Oltre sprofonda l’orrido del Vajo Scuro e dall’altra parte si alzano lo Zevola e il Monte Plische. Decido di provare a salire vs il cocuzzolo che mi regala qualche traversino esposto su neve inconsistente e dei passi di misto sopra il baratro del Vajo. Poi finalmente a mezzogiorno fotografo il mondo da quei pochi metri quadri sospesi nel vuoto ancorando le mie picche agli spit infissi nelle rocce per eventuali doppie. Scoprirò poi di essere su Punta Lovaraste ( q.1940) autentico nido d’aquila da cui la vista plana sul vuoto che circonda ognidove. Guardo la linea di salita alla probabile Cima Centrale del Fumante segnata dallo zigzagare della neve fra le rocce e che sembra decisamente più abbordabile del luogo dove mi trovo quasi in bilico nell’aria. Il Brenta, la Presanella, il Pasubio, le Dolomiti con le Pale, l’Agner e l’Antelao emergono tutt’intorno lasciando però libero lo sbocco vs la Piana Padana. Fotografo straordinarie composizioni nevose che sembrano gigantesche meringhe e poi ridiscendo con attenzione le nevi inconsistenti che ho calcato e lasciato lo zaino al colletto in dieci minuti con qualche divertente passaggio sulle roccette guadagno anche la cima principale (Cima centrale del Fumante) a q.1985 ( h12.40). Impressionante la vista sulla punta dov’ero poc’anzi: da questa prospettiva seguire le mie tracce sulla neve che pare quasi verticale, danno l’idea di un impresa da brividi! Fotografo il proseguio della traversata con la lunga e piatta cresta dell’Obante che si allunga verso il Carega e Cima Mosca e che lascio per propositi con la bella stagione. Ripercorro con attenzione le tracce fino al colletto,rifotografo le incredibili guglie che emergono come monoliti dalle nevi di cresta e poi precipito rapido a balzelloni sul nevaio del Giaron della Scala che degrada fino a riconsegnarmi alle tracce di sentiero che riportano al rifugio percorrendo questa volta dal Passo delle Buse il Sentiero delle Mole tracciato fra le gallerie e le opere militari della seconda guerra mondiale. Alle 14.30 sono al rifugio, ed essendo giovane il giorno decido di provare a salire anche il Baffelan. Raccolte ancor più vaghe info sul percorso mi dirigo sul sentiero pestato (non quello per Forcella Gana) in direzione del monte Cornetto fino ad incontrare la deviazione per Passo Baffelan. Prendo a salire sentendo fin da subito la stanchezza infiammarmi i quadricipiti ma la neve è ben pestata e si nota una traccia recente. Uscito dal bosco, la neve diventa alta e solo grazie alle peste singole di chi mi ha preceduto decido di proseguire. Cornetto, Due Apostoli le montagne nuove alla mia sx mentre davanti ho la Cima delle Ofre. Lontano,forse troppo il buco di cielo del Passo Baffelan. La progressione diventa un estenuante sprofondare negli enormi buchi che segnano la via. Poi quando sono immerso fino alla vita fra i mughi, decido che salirò solo fino al passo. Non ne posso più , sono cotto e proseguo per inerzia. Ma mi consolo fra una pausa e l’altra in cui inalo aria gelida scattando foto a una fantastica luna che gioca a rimpiattino fra tre bellissime torrette squadrate e calcaree, laterali a Cima Ofre. Uno spettacolo incredibile che si rinnova ad ogni spostamento con la palla che bianca segue le rocce pallide, danzando nel blu che la sostiene. Arrampica la mia luna fra le rocce regalandomi foto e momenti indimenticabili. Quanta poesia nella natura se solo sapessimo guardarla con occhi meravigliati e e inclini allo stupore. Scatto alcune fra le foto più spettacolari della mia vita. Fantastica ora la vista sul Monte Cornetto e la dirimpettaia Torre d’Emmele autentico scudo verticale e roccioso. Adocchio un traverso vs sx che forse mi permetterà una visuale oltre il costone e quando ci arrivo vedo poco dopo una piazzola che mi sembra un buon punto per fermarsi e morire, ma decido di guardare oltre la roccia che la protegge e vedo la cresta non lontana …forse se la raggiungo, penso, la neve dovrebbe essere meno sfondante. Quando ci arrivo e comincio a galleggiare sulla neve non mi sembra vero e nuove forze percorrono le mie fibre sfiancate. Ogni tanto sprofondo nuovamente ma con qualche poco elegante passo a carponi risolvo il problema, finchè sulla cima spazzata dal vento torno a camminare su suolo resistente. Cimaaaa grido dentro di me senza far uscir parole che sarebbero strappate dal vento che ora libero sferza fortissimo dando un sapore epico di conquista ai miei ultimi passi barcollanti vs il paletto in ferro di cima su cui sbatacchia impazzito un filamento di plastica. Cima Ofre (q.1780, h 16.30). Mi sembra di essere in Himalaya tanto il cielo è terso e assume la colorazione particolare dell’ultimo sole. Come sul Monviso mi attrae e sorprende il panorama privo di asperità verso la piana padana e poi monti a non finire. La croce del Baffelan occhieggia vicina e irraggiungibile ma sono felice qua, oltre salutano il Palon e il Sengio Rosso. Vs nord Adamello,Presanella e il Brenta e oltre alle Dolomiti una bella visione di Cima d’Asta e perfino la zona delle Vette Feltrine col Sagron e il Sass de Mura. Il profilo regolare del Monte Grappa anticipa la pianura e poi mi diletto a studiare in previsione tutte le creste del Carega e quelle che discendono dal Plische vs la piana. Bellissime e istruttive inquadrature da quassù. Dieci minuti dopo scendo col sole che va a nascondersi dietro le creste del Carega e godendomi finalmente il piacere di camminare senza ansimare dalla fatica e nelle belle e tenui luci serali. Il Cornetto s’illumina come una torcia e mi regala l’ultimo gioco di luce di una giornata memorabile. Poi la dolcezza dei colori serali ammanta la neve e le pareti e io mi sento come sempre in questi momenti posseduto dalla forza della natura e vorrei abbandonare il mio corpo per fondermi in essa. Gioisco respiro mi commuovo nel dialogo con la Terra e il Cielo. Silenti entrambi perché le parole tornano finalmente a contare per il loro valore:nulla. Ripasso dal Rif. Campogrosso a rendere il provvidenziale bastoncino. Silenzio e rosa dipingono il momento. Scendo fischiettando per la strada e mezz’ora dopo alle 18 sono nuovamente alla macchina, pronto al ritorno autostradale. Sognando di percorrere senza neve tutta la catena delle piccole dolomiti in giornata. Quest’estate. Si può fare.
Foto 1 io a Forcella Lovaraste foto2 punta lovaraste dalla Cima del Fumante Foto 3 luna e Torri d’Ofre
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