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   Monte Cimone, Canale Nord-Ovest, 30/12/2018
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Lombardia
Partenza  Fraz.Beltrame(valbondione)  (950 m)
Quota attacco  1600 m
Quota arrivo  2530 m
Dislivello della via  900 m
Difficoltà  AD ( pendenza 60° / III+ in roccia )
Esposizione in salita Nord-Ovest
Rifugio di appoggio  .........
Attrezzatura consigliata  picozza(eventualmente 2),qualche friend e nut
Itinerari collegati  Monte Cimone (2530m), Canale Nord-Ovest
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Accettabili
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Dopo almeno 10 anni dall’ultima avventura insieme, ritorno sui monti con un mitico compagno dei vecchi tempi. Meta è il canale nord del Cimone che non ero riuscito a completare in un tentativo di qualche anno fa con l’amico Alessio. Sveglia alle 3.30 e dopo esser passato a prendere Robi, alle 6.30 lasciamo il park di Grumetti che è buio pesto e saliamo nel bosco leggermente illuminato dalla luce lunare che filtra fra le piante. Incrociamo la carrareccia che sale vs il Rif Curò mentre la parete del Redorta alle nostre spalle comincia a riflettere argentea sotto il cielo stellato. Teniamo ancora un poco le frontali poi salutiamo la luce blu dell’alba che è ancora lontana con l’annuncio delle tonalità più calde. Dopo 1 ora arriviamo all’attacco del canalone che come previsto si trova spoglio di neve tranne una colata ghiacciata che alberga nel suo centro. Cominciamo così a salire tra erbe e terra fino ad incontrare le prime chiazze di neve e gelo che ci costringono ad un incedere scomodo sul terreno ripido e gelato. Alle nostre spalle intanto il miracolo dell’alba indora la scogliera di Redorta e Scais e la punta del Coca che s’erge arancione a incorniciare la punta scura del Cavrel che ancora dorme la notte. Che sovrapposizione incredibile in quest’ora fra luci d’oro e bui profondi. Scivola l’arancione come una colata a colorare le nevi e ad annunciar loro il risveglio con un caldo abbraccio. Poi il manto leggero di neve diventa continuo e alle 8.30 facciamo la sosta ramponi. Saliamo senza problemi con la neve che non è rigelata ma riuscendo quasi sempre a trovare la linea in cui essendo pressata dagli slavinamenti offre un appoggio discreto ai nostri passi. Solo a tratti sprofondiamo per fornire l’occasione ai quadricipiti di lamentarsi. Alle 9 inizia lo scivolo nevoso continuo poco prima del grande masso colorato poggiato a bordo canalone. Robi mi dice di essere felice come un bambino in un campo da calcio e condividiamo lo stesso entusiasmo. Il mio ritmo non è quello dei giorni migliori e allora Robi prende coraggio e batte la traccia. Il sole alle nostre spalle illumina Redorta Coca e Diavolo di Malgina facendoli splendere d’immenso in questa gelida mattina. Saliamo su neve felpata e la pendenza non è mai tale da usare la punta delle becche fino a poco prima dell’inizio del budello, la parte più tecnica dell’itinerario dove le estraiamo con piacere dai foderi. La pendenza, ora attornoai 45° e girandosi indietro la scia dei nostri buchi scende veloce vs valle. Il budello si avvicina con i suoi massi incastrati a segnarne i pinti chiave. La parete est del redorta illuminata è spettacolare e sembra un poster appeso nel cielo blu: la Fetta di Polenta, lo Scais e il Porola dardeggiano con le loro cime immacolate puntate verso l’infinito. Noi in ombra saliamo con la neve fresca che aumenta di spessore ed entriamo nel budello con le pareti che si alzano a lato distanti pochi metri. L’essenza di un canale. Saliamo la striscia di neve centrale fino a vedere e poi raggiungere il primo masso incastrato (l’altra volta era sommerso dalla neve e non l’avevo neanche visto) alle 10. 20. Brevi muretti verticali difendono l’accesso al piano nevoso superiore sia a dx che a sx perché centralmente non si può certo passare vista la verticalità dello scudo roccioso e la caverna sotto il masso. Scegliamo la parte mancina ma il breve saltino non offre appigli ai nostri scarponi e dopo qualche tentativo, bandita l’eleganza, spingo Robi (che si è tolto i ramponi) quel tanto che basta ad issarsi sopra il liscio muretto e uscire così dal problema. Assicurato, salto rapidamente fuori anch’io e proseguo fino al termine della corda e mentre attendo che Robi rimetta i ramponi le sue imprecazioni mi raggiungono avvisandomi che gli è partito un rampone, volato oltre il saltino. Cerco di fare sosta e ne vedo una già preparata sulla dx del canale che quindi raggiungo. Così calo robi oltre il salto, poi si deve slegare, recuperare il rampone, superare nuovamente il saltino e rimettere il rampone. Quando mi raggiunge sono ormai le 11.30 (il saltino ci è costato 1 ora abbondante!). Pochi metri e siamo allo sbarramento principale, che l’altra volta costò a me e ad Alessio la ritirata. Allora, cominciammo l’approccio centralmente perché un leggero strato di ghiaccio permetteva di essere agganciato e di provare a grattare la liscia placca coi ramponi ma poi questo si ruppe e deviammo sui lati le nostre attenzioni, ma senza venirne a capo. Questa volta invece di neve ce n’è ancora meno e centralmente è impossibile passare essendo la placca completamente liscia. Provo appena a sx mettendo un cordino in una clessidra di ghiaccio e piantando le 2 picche nel sottile ghiaccio vivo ma quando infilo il piede nel cordino treman tutti gli appoggi e le 2 picche sono pronte a schizzar fuori: non ho il fegato per alzarmi e provare ad andare a prendere una lama più in alto. Scendo e proviamo entrambi a passare a dx dove dovrebbe essere la parete di III° + ma la scarsa neve nella quale peraltro sprofondiamo non ci permette di partire con degli appoggi sufficienti. Nel tentativo migliore robi mi tiene il piede in uno svaso ,spingo con la mano sulle picche infilate in una fessura e ci appoggio il piede sx mentre col piede dx trovo un altro appoggio. Sono stabile, solo che mancano ancora alcuni metri da fare sprotetto con le mani gelate e su placche ricoperte a tratti di verglass per arrivare poi alla neve senza picche e ramponi: a malincuore decido di scendere con un bel tuffo nella neve parato dall’amico. Non ci rimane che provare a raggiungere l’invitante ma repulsiva costola rocciosa ed erbosa che supera il salto a sx . Anche qua numeri da circo per passare il primo metro di muretto perché la neve polverosa continua a farci perdere l’equilibrio necessario a fare il primo passo ma alla fine poggiando le mie ginocchia sulla schiena di robi riesco a raggiungere gli appigli che mi permettono di raggiungere la rampa. Muovo timoroso qualche passo in quell’ammasso di erba terra e rocce tenute insieme dal gelo e quando decido di tornare indietro è troppo tardi perché a scendere senza volare non riuscirei più e allora vado avanti concentrandomi sui passi che non son difficili ma sono infidi perché tutti di dubbia tenuta; poi la qualità della roccia migliora un pochino e mi alzo sopra il salto. Traverso un pochino in orizzontale e poi valuto l’ipotesi di buttarmi sul canale nevoso che riprende oltre il salto. Ma nel dubbio scelgo di disarrampicare e riesco ad atterrare al sicuro nella neve fresca ma senza picca e ramponi. Sono in equilibrio precario e cerco vanamente qualche spuntone per far sosta e nella ricerca mi sposto sul lato sx dove ne trovo uno arrotondato ma sufficiente se caricato dal basso. Coca e Redorta luminosi ed imperturbabili osservano disinteressati le nostre peripezie. Per preparare la sosta mi sfilo un guanto che poco dopo prende la via del canale e con un bel salto sparisce alla mia vista. Comincia qui la nostra odissea. Per circa 2 ore Roberto cerca vanamente di rimontare nei vari punti la parete rocciosa ma non riesce mai a venirne a capo. Alla fine decidiamo di proseguire separati : io non senza fatica recupero il mio zaino e il guanto e poi a lui butto la corda che gli servirà per la breve doppia del primo saltello. Ci salutiamo alle 15.30: abbiamo passato qua 4 ore! Lui scende e io salgo sperando di non trovare nuovi ostacoli. Disfo la sosta che son quasi contento di non aver dovuto verificare e dò un ultimo sguardo alla magnifica costiera Redorta- Scais che si spinge fino alle Cime di Caronno e allo Scotes e che sono anni che sogno di percorrere. Il canale si alza invitante non sembra difficile ma il ritmo è pesante, pensavo di aver recuperato nella sosta forzata, ma invece salgo a fatica abbisognando di pause in stile himalayano. Però sono tranquillo e rilassato, nel mio ambiente e non temo l’essermi ritrovato solo e senza corda. Mi avvicino convinto all’ultimo restringimento che rappresenta le mie Colonne d’Ercole. Mi ci vogliono altri 45 min per uscire dal canale che negli ultimi metri si raddrizza regalandomi alcuni metri divertenti su neve rigelata a 55°: finalmente le Quark danno senso alla loro presenza. Affronto la cornice quasi verticale e appena mi affaccio sulla Val Cerviera un soffio di vento gelido e di calda gioia m’investe. Guardo il canale precipitare verso la luce calda della valle molto più in basso e lo fotografo nel suo sinuoso sviluppo. Lo saluto e ringrazio. Sono le 16.15 e mi trovo immerso nelle tenui luci del tramonto che pennella d’arancione tutto l’orizzonte del Recastello e del Pizzo Tre Confini e la possente cresta che li unisce e che rappresenta un altro programma. Ho un colle a dx e uno a sx e non capisco quale sia la cima e mentre mi riprendo dalla stanchezza ragiono sul fatto che data l’ora sarebbe meglio scendere… ma non tornerò un'altra volta quassù e allora letta la relazione e individuata la cima che sta dietro il colle di sx, mi accingo, mollato lo zaino sul posto, a scalarla. Salgo su neve dura e semplice con la vista che si apre verso le Cime di Caronella e il Torena. Ho visto la croce che mi toglie gli ultimi dubbi d’orientamento e là mi dirigo in un silenzio assordante. Improvviso il sole va a nascondersi dietro il profilo della cresta alla mia dx e tutto diventa arancione. I riflessi infuocati carezzano la neve su cui poggio con deferenza e rispetto i miei ramponi. Penso di non voler far male alla neve. E’ un ambiente commovente con le linee di luce che carezzano ogni profilo e il mondo alpino che si apre come un fiore. Muovo gli ultimi passi verso il legno di vetta su un tappeto lucente che sembra steso per me. Non è una gara ma oggi sono arrivato prima..per questo sarà stato preparato. Alle 16.45 sbuco in cresta inondato dalla calda luce del sole morente chiamato a vivere uno di quei momenti per cui pagherei molto…e invece sono qui gratis penso con un mondo che canta la gioia di vivere e di consegnarsi alla quiete notturna. Nella festa del sole che saluta abbassandosi dietro la cima del l’Arera e regalandomi immagini uniche e straordinarie. Fotografo tutto, respiro tutto nella calma irreale e magnifica della sera che tinge d’arancione e porpora perfino l’aria. Piango la fortuna di essere qui un piccolo uomo cui oggi è stato dato l’Universo in dono. Momento irripetibile che si stampa a fioco sul cuore dei ricordi. Dalla Presolana all’Arera la linea arancione del tramonto riverbera ogni cima e oltre alle cime che mi han tenuto compagnia salendo ora lo sguardo abbraccia anche la Val di Sclve dominata dal Pizzo Camino e Sossino con le loro rocce rossastre scarse di neve perché verticali e poi Pradella Cabianca Grabiasca Poris e Diavolo di Tenda. A destra del Coca mi chiama la cresta di Valmorta che si ricorda di me e che uniscer le cime dal Cantolongo al Diavolo di Malgina. Ruoto continuamente a 360° estasiato e ammaliato. Vorrei stare qui per sempre. L’emozione mi toglie la percezione del gelo. Fisso il sole sparire in un fuoco d’artificio esattamente dietro la punta dell’Arera, fotografo le picche appese alla croce di vetta e mi volto verso la macchia scura del mio zaino che spezza il velo bianco del manto nevoso. E’ il richiamo alla vita. Solo la ragione mi costringe a prender la decisione di muover passi sulla lunga via del ritorno. Dopo tanta salita le gambe balzano leggere mordendo la dura neve che offre la sicurezza necessaria ad una veloce discesa. Perdo quota rapido ripasssando dal colletto d’uscita e recuperando lo zaino. Mi volto a guardarlo dal basso un’ultima volta: oltre il suo bianco sorriso il cielo è porpora. Il Coca troneggia enorme davanti a me nella fioca luce serale: è veramente re. Mi consegno all’abbraccio delle nevi della Val Cerviera che m’accolgono abbondanti e rotonde mentre la luce cede il passo al crepuscolo e tutto sfuma nell’lndefinito serale fino a quando la notte diventa padrona e s’accendono per il viandante solitario le luci del cielo, macchie gialle nella nera coperta che tutto avvolge di silenzio. Accendo con dispiacere la frontale. E scendo, dapprima dolcemente nella neve che sostiene poi annaspando, incespicando imprecando sui dirupati fianchi della valle che nel buio nasconde insidie sotto la coltre di neve. E’ stancante e mi irrita aver perso nuovamente la traccia dopo che nel buio l’avevo scorta per un tratto. Poi mi trovo a camminare ai lati del torrente dovendo evitare buchi nella neve e anche grosse pozze d’acqua. Più tardi trovo una bella traccia battuta che mi permette finalmente di camminare agevolmente, poi improvvisamente una nuova inaspettata discesa quando pensavo di sbucare sulle rive del lago Barbellino e perdo l’orientamento convinto di esser sceso verso Lizzola. Vago nella notte senza tempo e spazio. Arrivo finalmente ad un sentiero evidente su cui è costruita una grande croce mai vista e provando ad orientarmi col profilo vago dei monti che vedo e ancora convinto di aver sbagliato mi dirigo a dx nel tentativo di tornare vs il curò e per un bel po’ ne sono convinto fin a quando dopo circa mezz’ora di leggera salita mi ritrovo in un punto che non decifro e allora torno sui miei passi fino al bivio continuando a scendere e rendendomi conto quasi subito di esser sulla giusta via e infatti vs le 20 transito al Curò dove cerco vanamente segnali di vita per poter avvisare qualcuno dato che il mio cell. è ormai scarico. Le gambe girano bene, l’entusiasmo ritorna e alle 21.30 ritrovo Roberto che da tempo mi aspettava in macchina. Ci abbracciamo senza aggiungere inutili parole che scorreranno poi come fiumi nel lungo ritorno in auto. Grazie Robi..oggi siam tornati bambini…come quando avevamo vent’anni e avevamo paura di diventar grandi! Grazie fratello. foto1: il tratto finale del canale foto2: robi sale foto 3: in cima al tramonto
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