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   Pizzo Recastello, couloir dei ratti, 17/03/2017
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Lombardia
Partenza  Valbondione (Grumetti)  (950 m)
Quota attacco  2300 m
Quota arrivo  2600 m
Dislivello della via  300 m
Difficoltà  AD ( pendenza 65° / II in roccia )
Esposizione in salita Nord-Ovest
Rifugio di appoggio  Rifugio Curò
Attrezzatura consigliata  corda, 2 picche, viti da ghiaccio,(eventuali friends/nuts)
Itinerari collegati  Pizzo Recastello, anticima nord (2600m), couloir dei ratti
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Accettabili
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Era un po’ che con Nadir non riuscivamo a trovare l’occasione per fare il couloir dei ratti al recastello. Finalmente riusciamo ad accordarci per la solita partenza serale e alle 20 del 13/3 passo a prenderlo e dopo un caffè da stefano per ritirare dei guanti, arriviamo a Valbondione da dove partiamo verso le 22. Ci sorprende subito la presenza della neve a chiazze nel parcheggio e poi nel boschetto che sale verso il panoramico direzione curò e poi la quantità ancora presente sullo stesso. Insomma per farla breve dopo una settimana circa di sole pensavamo di trovarne molta meno. E’ faticoso l’incedere nella neve che è portante solo per i piccoli passi in cui il rigelo ha lavorato e gli sprofondamenti sono continui. Attraversiamo diversi coni di valanga che come al solito in questa zona scendono dai fianchi del Cimone e si divertono a devastare i fianchi della muraglia sopra il sentiero e utilizzare quest’ultimo come divano. Arriviamo così alla deviazione fra il panoramico e il ripido con l’intenzione di salire per il primo ma il calpestio è maggiore sul secondo e allora via vs l’alto (scelta che si rivelerà poi provvidenziale) pensando di trovare meno neve e invece è un macello ancora peggio: si sfonda spesso a gamba intera in una neve molle e pesante, mai farinosa. Saliamo senza fretta alla luce delle frontali e verso l’1 apriamo le porte dell’invernale trovandolo a sorpresa occupato da due scalatori che ci diranno voler tentare per l’indomani la sudest del coca (ammazza oh….). Loro (che forza!) alle 2.30 si alzano direzione valmorta e do loro qualche info visto che ho percorso quel tratto diverse volte ultimamente ed escono fra l’ululare del vento. Noi riprendiamo a sonnecchiare in attesa della nostra sveglia delle 5.30 ma il vento insiste…sarebbe la terza volta qua che rinuncio per colpa di Eolo. Non sono/siamo motivati ad uscire dalle coperte umide e fredde e così è solo alle 7 che ci alziamo per vedere la luce e decidere cosa fare. Nel frattempo rientrano davide e gino che non sono riusciti a fare il sentiero del lago avendolo trovato ostruito dalla neve e dopo aver rinunciato ad attraversare il lago hanno fatto una sorta di giretto dello stesso. Ci dicono che il vento c’ è solo nella conca. Guardo fuori nell’aria gelida e tersa: il sole sta scendendo a portar luce sulla parete est della Vigna Soliva che sembra il Daulagiri mentre silenzio e ombra regnano ancora sulla conca del Barbellino. Alle 8 voltiamo le spalle al sole che illumina ormai la valle e l’Arera e siamo in marcia nell’aria fredda di vento e abbagliante di luce ma ancora all’ombra. Subito capiamo che sarà dura: la neve non regge, non è ne trasformata ne rigelata e si sfonda quasi sempre: dopo tanti giorni di sereno pensavamo di trovare condizioni migliori sia per la quantità che la qualità della neve, ma tantè. Il re castello (che nasconde il couloir fra le sue pieghe) appare alto e irraggiungibile ben difeso dalle coltri nevose e quando dovendo abbandonare il percorso orizzontale attorno al lago almeno un poco pestato ci immergiamo nel bianco vergine, lo sprofondamento e lo scoramento è totale. Arranchiamo ansanti fra cumuli di biancore provando a intuire i tratti portanti ma invano..avanziamo per inerzia mentre un sentore di abbandono si fa strada nei pensieri e a parole …ma salire fa bene e le distanze si riducono fino a quando un colletto di neve portante ci butta nell’altipiano che adduce al canale ora visibile e poggiamo i piedi addirittura su una sorta di piccolo laghetto ghiacciato. Che bello poggiare nuovamente i piedi su del solido..senza sprofondare! Ci eravamo detti di andare almeno fino all’attacco ma ora la speranza rinasce, la neve migliora solo a tratti ma l’umore come il tempo ormai sono sul bello stabile. E così alle 10 la pendenza comincia gradualmente a salire e un tratto di neve dura a 50° segnala il momento di riporre i preziosi bastoncini ed affidarsi alle amate picche, poi diminuisce la pendenza e si torna a sfondare e siamo nel canale. Saliamo bene e veloci nella neve sempre non trasformata fino al primo restringimento dove un salto di circa un metro di neve dura con uscita che sembra nevato duro induce Nadir a mettere una vite di passaggio. Passiamo bene e poco dopo su pendenze tra 50 e 55 ci avviamo verso il colletto finale che sorride bianco a sostenere il cielo azzurro. Da sotto vediamo nella piega a sx un tratto ghiacciato che sembra proprio corto ma quando ci siamo sotto è in realtà un saltino di un paio di metri di water glace spaccoso. Sono dell’idea di affrontarlo passando sulle rocce a sx ma poi nadir mi dice che è più semplice affrontare il risalto erboso dove sta lui e allora riscendo ma poi ho un sussulto etico e dico che non possiamo aggirare il passaggio. Sto per ripartire ma Nadir preferisce piantare una vite e provarci, ma poi attrezzata una sostina volante dice che non è il suo terreno. Insolitamente mi offro prontamente e parto deciso e ancor più sicuro quando un colpo ben assestato nel ghiaccio con le nuove quark mi ritrasmette solidità e anche i ramponi mordono come mai avevo provato ( è la prima volta che uso i ramponi automatici). Quattro passi e sono oltre il muretto ansimante più per la tensione che per l’effettiva difficoltà riscontrata. Salgo fino a uno speroncino roccioso attorno al quale butto un cordino a prova di bomba per recuperare Nadir. Oramai siamo fuori e il viaggio sull’autostrada bianca che s’impenna fino al cielo azzurro è un ripido e rapido viatico verso la felicità, annunciata dal forte vento che solleva nuvole di neve in segno di giubilo.. il luogo è meraviglioso sospeso fra due canali (quello appena salito e il nord che imponente segna la via per salire in cima al re castello. E’ mezzogiorno e ci gustiamo beati il primo sole della giornata che ci ha baciato proprio sull’orlo del colletto. Seduti ammiriamo oltre il Redorta e il gigantesco Coca, il Cabainca e il Pradella e poi Poris e Diavoli e poi a destra il nodo celle cime di Valmorta dominate dal Diavolo di Malgina. Che bella la linea verticale del canale nord che s’alza dritta verso la cima del Recastello…chiedo un ultima volta a nadir se non se la sente di fare anche l’ultimo tratto fino alla cima ma non ha cambiato idea…non insisto perché l’avevamo già stabilito e sono comunque anch’io bello stanco. Mi butto senza rimpianti faccia a valle in neve non trasformata nell’immensa comba che sta proprio sotto i Corni Nerio girandomi solo per un breve tratto un poco più ripido e più solido e poi veloci fino al primo masso al sole dove ci concediamo la prima pausa della giornata…e beviamo gli ultimi gocci d’ acqua!!!! Poi via di nuovo nella neve fra sprofondamenti continui soprattutto nei tratti pianeggianti. Ripassiamo dal laghetto gelato e poi in rapida sequenza passiamo da due croci di cui la seconda fatta con degli sci, recuperiamo il sentiero lungo lago e stravolti arriviamo al curò alle 14.30 dove risistemiamo gli zaini e ci buttiamo in discesa barcollanti nella neve ormai inconsistente che trasforma la calata su Valbondione in una penitenza che termina solo arrivati alla macchina, alle 17. Grazie Nadir…e ok la prossima sarà su roccia!! p.s. come spesso mi accade ho lasciato i bastoncini al parcheggio della cappellina….qualche buonanima di onicer, li ritrovasse….. Foto1 Nadir sotto il saltino finale Foto2 io al colletto finale Foto3 Zoom sul couloir al ritorno
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