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   60 nordend , 26/08/2016
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Valle d'Aosta
Partenza  rotenboden  (1815 m)
Quota attacco  2880 m
Quota arrivo  4609 m
Dislivello della via  1700 m
Difficoltà  PD+ ( pendenza 45° / II in roccia )
Esposizione in salita Ovest
Rifugio di appoggio  monte rosa hutte
Attrezzatura consigliata  da ghiacciaio, corda 30 mt
Itinerari collegati  nessuno
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento In questi ultimi anni mentre il figlio diventava un alpinista (ricercando l’altezza non solo spiritualmente…) robi ha sempre covato il sogno di scalare la Nordend, l’ultima cima del Rosa che gli era sempre sfuggita. Un sogno che l’età avanzante( 60 quest’anno!) rischiava di relegare fra i desideri irrealizzati. Ci ronzavamo intorno a parole ormai da 3 anni ma gli impegni di tutti noi ci lasciavano sempre poche occasioni per provare ad organizzare un viaggio del genere. Poi quest’anno mentre ero in bagno al lavoro attorno alle 10 del 10 agosto squilla il cell e cecco mi spara che lui e babbo voglion fare la nordend. Quando?..pensavo a settembre per via della preparazione necessaria a robi e invece mi butta li che loro hanno una finestra disponibile attorno a ferragosto…rapida consultazione meteo che è ok, i turni quasi, e dopo l’ok della moglie stiamo già organizzandoci per il costoso appuntamento. Per farcela in 2 gg il trenino dobbiamo per forza prenderlo(80 euro a/r!!) almeno fino a Rotenboden e allora decidiamo di risparmiare su cena (45 euro) e colazione(40 euro) portandoci fornelletto e viveri. E così venerdì 12 agosto partiamo alla volta della Svizzera: sono solo le 8.30 e già il monte Rosa si fa vedere dall’autostrada e giganteggia sulla Piana Padana. Poi passiamo sotto i mitici Corni del Nibbio di cui sogno ancora la traversata integrale e che fotografo da ottima posizione..che non si sa mai. Attorno alle 11 fermata obbligatoria a Tasch e convenienza trovata nell’accordo con Francisco che per 60 euro complessivi ci porta a zermatt in pulmino e promette di venire a riprenderci a qualsiasi ora 24h su 24, quando torneremo. Carichiamo il suo furgoncino con le nostre attrezzature e ridiamo come dei matti perché Cecco in completo grigio e scarponi gialli Batura sembra un supereroe dei fumetti. Poco prima delle 12.30 prendiamo il trenino che stiamo ancora ridendo perché io saluto tutti col mio improbabile cappellino giallo da spiaggia che mi rende simile ai numerosi turisti giapponesi che affollano lo scomparto. Poi il treno esce da Zermatt e ci facciamo seri e ammutoliamo per troppa bellezza. E’ apparso il Cervino che maestoso e isolato vuole per sé tutto il palcoscenico senza rivali. Quasi tutti i passeggeri spostano gli occhi verso di lui e appiccicano i nasi sui finestrini. Il maestoso spigolo nordest dove corre la cresta dell’Hornli dispiega tutta la sua potenza…sembra strano nella visione così frontale che lo raddrizza, pensare di esser sceso da li. Che spettacolo incredibile. Questo è il Cervino nella sua veste più fotogenica, come appare su tutte le scatolette di cioccolatini made in Suisse. Allegro il treno sferraglia verso l’alto e ci regala altre memorabili visioni come quelle sulla dent Blanche o sui Breithorn che parimenti si alzano glaciali sopra i prati verdi e le rocce brune. A Rotemboden(q.2815) scendiamo alle 13 felici e pesanti in uno spettacolo di ghiacciai scintillanti ovunque: l’immensa nord dei Liskamm proprio in fronte a noi e alla sua sinistra il nostro castello dei sogni. Dalla Nordend all’estrema sinistra passando per i Liskamm e i Breithorn, si arriva al Cervino assiso all’estrema destra. Placata la sete di foto e riorganizzati gli zaini mezz’ora dopo iniziamo a scendere per buon sentiero in direzione dell’immenso Gornergletscher che trae il suo alimento glaciale dal gelido abbraccio del Monte Rosa a sinistra e dei Liskamma a destra. Scendendo appare la duna bianca del Gran Fillar e poi anche la Cima di Jazzi mentre dall’altra parte fanno capolino i gemelli Castore e Polluce. Fotografo una ragazza bell’addormentata sul prato e alle 14 raggiungiamo le paline del Gornergletscher alla quota 2650mt. Lingue glaciali ci sormontano e si fermano prima della traccia sulla quale passiamo in un ambiente suggestivo ma di evidente ritiro dei ghiacci. Poi il costone roccioso sul quale stiamo camminando precipita sul ghiacciaio sottostante e per raggiungerlo dobbiamo calarci da una scala metallica pressochè verticale attraversare un torrente impetuoso su ponte metallico, risalire ancora su scalette la parete dall’altra parte e per cengia rocciosa e protetta da funi di corda, arrivare ad un nuovo ponte passerella che collega le rocce che abbiamo scesoal grande fiume di ghiaccio permettendo di passare sopra un grande e nero baratro. Alle 14.20 attraverso il ponte della morte e metto finalmente i piedi sullo spianato ghiacciaio. E impressionante in quante lingue e quanti fronti ha questa immane colata glaciale e venti minuti dopo camminando fra ghiacci e pietre avvistiamo la nostra meta rannicchiata su un costone detritico. Passiamo accanto ad un laghetto glaciale dalle acque turchine e poi sopra ad altri due laghetti simili e poi per pietroni alle 16 raggiungiamo la Monte Rosa Hutte(q. 2890) avveniristico rifugio ecosostenibile partorito dalle menti avveniristiche degli audaci ingegneri elvetici. Qui a dominare la scena sono le colate del Grenzgletscher che riverbera i raggi del sole e ci costringe ad una foto ricordo rigorosamente a petto nudo. Dopo esserci sistemati nella nostra stanzetta usciamo nel sole delle 17.30 per cominciare a prepararci la cena. Siamo gli unici ad armeggiare col fornellino fra gli ospiti e la nostra felicità per aver speso solo 30 euro (come soci cai) per il pernottamento, ha una battuta d’arresto quando il fortissimo sibilo d’accensione dell’apparecchio di cecco rompe la calma della vallata. Svizzeri e tedeschi ci lanciano preoccupati sguardi di biasimo e si distraggono momentaneamente dalle caraffe di birra, fissando terrorizzati il nostro tavolo. Ma ci si abitua a tutto e complice un abbassamento della fiamma riusciamo a cuocere il nostro riso in bustine terminando la cena che nel rifugio devono ancora servirla. Alle 18 sorge la grande luna e fuma di nevi la Dent Blanche, mentre Zinalrothorn e Weisshorn sbucano con le loro innevate vette dai cordoni morenici della Gornergrat. Un saluto anche all’Obelgabelhorn alla sua fida Wellenkuppe. Cervino e dietro dent d ‘Herens sono due cunei lanciati a bucare il cielo. Alle 19, guadagniamo in anticipo l’ ottima stanza dove solitari ci creiamo le nostre cuccie e poi usciamo a vedere le ultime luci della giornata spegnersi sul Cervino la cui sagoma scura trafigge il cielo e sul lyskamm che si tinge di bianco brillante con la luna a mo di aureola. C’è ancora luce ma la giornata domani sarà dura e conviene provar a dormire. Si cerca di farlo fra un rumore e l’altro, ma quando un tipo si mette ad ascoltare la radio in cuffia e il sottofondo invade il silenzio della stanza, resisto solo un poco e mi alzo per fargliela spegnere. Fra robi che s’alza a vomitare e cecco a far chissà cosa…(forse il vespro o la compieta) arriva l’1 quando tanti, furtivi, s’alzano e poi le 2 l’orario ufficiale della sveglia. Come ribaditoci la sera prima, non c’è posto per noi alla colazione dei ricchi essendo tutti i tavoli imbanditi e così mangiamo le nostre cose nella sala giù fra gli scarponi e le corde ma col vantaggio notevole di acclimatarci prima alla temperatura esterna. Alle 2.45 siamo fuori nel buio per l’autoscatto felice e cominciamo a rimontar pietroni per un’ora circa fino a q.ta 3300 dove comincia il ghiacciaio ed è benvenuta la sosta per calzare i ramponi dato che siamo saliti veloci. Nella prima ora abbiamo fatto 400 mt di dislivello: son contento del ritmo ma temo che si possa poi scoppiare. In cuor mio credo che l’unica possibilità che ha Robi per farcela è quella di salire lento senza esagerare che poi di testa e grinta ne ha da vendere. Giochi di luci frontali sul ghiacciaio rimbalzano nel buio fra i buchi dei crepacci e poi pendii di neve dove ci rincorriamo con le altre cordate tenendone sorprendentemente il ritmo fino all’avvento dei primi chiarori dell’alba un poco prima delle 6. E’ sempre un emozione indicibile vedere il cielo nero pieno di punti luminosi scolorare dolcemente e diventare prima blu e poi da un lato azzurro e poi ancora lasciar spazio all’arancione che accarezza le cime dei monti e fascia di dolcezza il nostro cuore. Scatto una foto in cui i bagliori riflessi delle frontali sul buio del ghiacciaio si mescolano ai primi riflessi che schiariscono il cielo dell’Est tra il Weisshorn e la mole nera del Dom e poi le ombre scure degli umani cominciano a definirsi sul chiaro della neve. Alle 6 è chiaro e sembra di avere il mondo sotto di noi che si colora di riflessi rosei e l’arco dei 4000 del Vallese che chiude il cerchio alle nostre spalle di viandanti dell’alta quota. Robi sta bene e passa pure in testa, io mi fermo un attimo alle prese col freddo. Alle 6.30 la luce del sole comincia a dardeggiare e il Cervino pare aver un turbante rosso sul capo e i breithorn esplodono di colore investiti in piena parete dall’onda luminosa. Abbiamo fatto circa 1000 mt di dislivello e la parete est della Gran Becca è tutta arancione. Fotografo le punte a fuoco del Vallese: Dent Blanche, Obelgabelhorn, Zinalrothorn, Weisshorn e dietro le meringhe dei Breithorn non può mancare il roseo cupolone del Bianco. Quanta montagna! Nel frattempo però il mal di testa non passa e stiamo salendo ancora veloci arrivando all’indefinito bianco bivio dove tutti proseguono vs la Dufour e solo noi pieghiamo a sx per ragioni geografiche e non politiche. Indipendenti a sx ,entriamo nella conca fra le due montagne e la solitudine amplifica la percezione della biancazzurra bellezza che ci circonda. Sono le 7 e la quota è di 4100 mt. e guardiamo un poco smarriti la colonna umana (una decina di persone) salire in fila verso la punta più alta del Rosa. A noi resta quella più selvaggia e solitaria solo di pochi metri più bassa(25).
Ora siamo più alti e il bianco è apparso immenso con tutti i suoi satelliti a chiudere la vista verso ovest. puntiamo all’avvallamento fra le punte Nordend e Dufour e alle 7.30 compare, ancor lontano ma raggiungibile il mitico Silbersattel, che il nome già basta: la sella d’argento, che sa tanto di Nanga Parbat. L’emozione è tanta nel vedere questa sella di neve fondersi nel cielo dello stesso colore azzurrino. Una duna di neve infinita e carica di misteri. Cosa oltre ? Passando fra enormi seracchi e superando un breve risalto a 45° con la picca, ritroviamo la calma sul sentiero che lento sale tracciato solo dalla scia lasciata dai nostri scarponi. Ritroviamo un’altra zona di seracchi a cui passiamo in mezzo e il crestone ora al sole della Dufour si avvicina mettendo in risalto placconate dorate. E’ ancora lunga e la distanza che s’amplifica fra me e i Cristiani mi fa sorgere qualche dubbio su una crisi che potrebbe arrivare improvvisa..in fondo ora la quota potrebbe iniziare a farsi sentire. Ora a sinistra punge il cielo la Nordend e la meta improvvisa si avvicina a vista d’occhio e dopo l’interminabile e apparentemente dolce pendio sono al colle, muto di fronte a tanta silenziosa bellezza. Sto bene anche se ho mal di testa ma non da quota e contemplo le doppie di due alpinisti che scendono dalla Dufour e salutandomi s’avviano vs la Nordend. Mentre attendo che arrivino i cristiano l’occhio dolce plana sul panorama vs sudovest dove fra Cervino e weisshorn sono raccolti i 4000 del vallese: che spettacolo! Poco dopo le 9 arrivano i Cristiani, Robi è commovente nel suo incedere oltre la fatica e il malessere che non gli toglie però lucidità: che roccia! Ci abbracciamo, ormai il sogno è a portata di mano e di picca: solo una bianca cresta nevosa che rimbalza su un cielo blu ci separa dal nostro sogno appuntito. Pausa, lasciamo gli zaini al Silber e partiamo per la cresta affacciandoci sull’immenso Canalone Marinelli che in realtà è un continuo infido taverso su ghiaccio-granita inconsistente e in bilico fra il pendio che precipita a ovest e le cornici aggettanti sul canalone dall’altra parte e che con tanta paura ogni tanto calpestiamo non essendo chiaro il punto di rottura. Rapidi arriviamo all’ultimo pendio che s’alza verso il cumulo roccioso finale. Un aggiramento su traversino ancora ghiaccioso pare la soluzione più logica laddove si butta rapido robi. Io e Cecco invece facciamo un tiro di corda sul bel granito superando con soddisfazione un passo di II+ a 4600 mt e arriviamo sulla punta alle 10 dove abbracciamo con attenzione il mitico Robi essendo lo spazio troppo piccolo per contenerci in tre e troppo piccolo soprattutto per gestire l’emozione che fugge nel vuoto siderale che ci abbraccia da ogni lato. Non c’è spazio neanche per fare delle foto con calma e dei selfie immortalano il nostro entusiasmo per degli scatti che rimarranno comunque indelebili. Sembriamo sulla luna e soprattutto le foto che danno verso l’est danno un enorme senso di alta quota, quasi fossimo in Humalaya. Capolavori vicini invece la Dufour e Capanna Margherita, passando per la Zummstein che sembrano ad una bracciata d’aria. Gran Pradiso, il vicino liskamm e il lontano Bianco, il Grand combin, si vede tutto e poi oltre i Dom Jungfrau, Aletschorn,Finsterarhorn, e più vicini Stralhorn e Alphubel. Sotto di noi il baratro crepacciato della parete Est e alle 10.30, terminato il tour fotografico scendo di qualche passo per attrezzare su uno spuntone la doppia che ci riporta all’inizio della cresta per il viaggio a ritroso. Alle 11.15 sono nuovamente al Silbersattel commosso a seguire con apprensione i passi un poco affaticati e sbilenchi di Robi che affronta l’ultimo traverso insidioso e su neve un poco più morbida prima della salvezza. Finalmente di nuovo insieme al Silbersattel siamo liberi di dar sfogo alla soddisfazione e robi piange la sua felicità in collegamento con la moglie mentre io e Cecco parliamo d’altro per darci un contegno da alpinisti e foto finalmente sorridenti e rilassati avvolti di bianco e di blu. Quando robi termina la commovente chiamata e prima che un pianto dirotto colga tutti quanti, è quasi mezzogiorno quando ne approfittiamo per iniziare a scendere veloci e leggeri nella neve che accoglie i nostri balzi( la stessa neve che pochi minuti fa si opponeva con durezza al nostro tentativo di salire). E’ bello scendere nel bianco abbacinante seguendo la ricca traccia delle nostre peste lasciate con duro sforzo nella salita. In un silenzio coccolato da mille dolci pensieri perdiamo rapidamente quota e riguadagniamo in cambio ossigeno. Momenti di ritrovata energia si alternano ad altri di profondo spossamento in cui si avrebbe solo voglia di fermarsi a dormire. Consiglio a Cecco di coprirsi il capo e ogni tanto sotto il sole cocente guardo stupito robi e mi chiedo come possa ancora camminare così veloce..e dove possa trovare le energie per resistere a tanta fatica…..è veramente caricato a duracell. Il Lyskamm troneggia alla nostra sinistra mentre scendiamo e ne traversiamo in orizzontale a distanza l’immensa e attraente come una sirena parete Nord mentre il cervino davanti ci attira a camminargli incontro come fosse una calamita. Alle 13 Robi si siede nella neve e guardando il Polluce mi dice che gli sembra di vedere un cane. Mi preoccupo e gli chiedo spiegazioni e mi dice allora che intende solo che sembra un cane il disegno della roccia e della neve. Fotografo e mi tengo i dubbi sorridendogli. Mezz’ora dopo arriviamo alla fine del ghiacciaio e per detriti alle 15 (dodici ore dopo la nostra partenza) riguadagniamo la MonteRosa Hutte. Una trilogia fantastica costituita da: bottiglia di coca da 10 euro(maxi solo il prezzo), una tachipirina ,e pediluvio nella fontanella gelida fanno sparire d’incanto fatica e mal di testa. Mezz’ora dopo salutiamo il fantastico ambiente con corredo fotografico e iniziamo a scendere verso il ghiacciaio. Neanche arrabbiato, 15 min dopo, mi tocca risalirci per riprendere i bastoncini dimenticati. Senza zaino mi sembra di volare, parto addirittura di corsa..che bello, che gioia tornar proprietari del proprio corpo, che non è più quel burattino impazzito ciondolante da tutte le parti. Alle 16.30, raggiungiamo la conca del Gornergletscher impressionati dall’enorme torrente di nevi in scioglimento che si è formato. Qua si scioglie tutto! Ripercorriamo il ghiacciaio, il ponte sospeso e infine un’ora dopo le verticali scalette metalliche che ci fanno riguadagnare i pendii prativi per tornare a Roremboden. Il Cervino campeggia iconico nel sole e la luna dall’altra parte sorge timida ma grande sulla Punta Parrot fra Dufour e Lyskamm. Alle 18.30 fotografo Cervino e Ripfelhorn affiancati da sembrar due gemelli e verdi pascoli ci riconducono a Rotemboden dove arriviamo poco prima delle 19, puntuali per il treno delle 19 23 e in anticipo sull’ultimo treno delle 20.12. Nei colori della sera che cala la bellezza della vita e del mondo con il verde pastello che si fonde all’azzurro tiepido del cielo e al bianco potente dei ghiacci eterni. Guardando verso Nordend e Dufour nei riflessi della luce con tenerezza e un pizzico di dolce malinconia, vedo ancora i segni della nostra pista. Planiamo dolcemente su Zermatt accompagnati da sublimi visioni del matterhorn. Preparativi e si parte alla volta di casa ma dopo 2 ore di macchina mi fermo perché il sonno incombe sui 2 Cristiani da tempo e ora anche su di me. Robi non ne vuole sapere di fermarsi e a malincuore gli cedo il volante..cecco non da segni di vita e dorme beato. L’autista non mi convince, finge per convincermi d’esser sveglio ma io non ci casco e frequenti abbassamenti di finestrino nonché morbide deviazioni dalla traiettoria rettilinea confacente all’andamento dell’autostrada mi insospettiscono prima e mi terrorizzano dopo. Così dopo 1 oretta di pisolini di qualche secondo, riprendo la guida e finalmente arriviamo a Sergnano. Nella via vs casa ho allucinazioni simili ai sogni ma ormai son troppo vicino per fermarmi e arrivo a casa in tempo per fare la doccia e vedere(!) alle 3.20 la finale di Paltrinieri nei 1500 olimpici. D’oro, come la mia giornata. Foto1 trio di cima Foto 2 robi cecco e la nordend Foto 3 la pista
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