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   cimone canale nord, 17/04/2016
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Lombardia
Partenza  valbondione  (1000 m)
Quota attacco  1400 m
Quota arrivo  2500 m
Dislivello della via  900 m
Difficoltà  AD ( pendenza 55° / III+ in roccia )
Esposizione in salita Nord-Ovest
Rifugio di appoggio  no
Attrezzatura consigliata  2 picche
dipende dal passaggio cgiave
Itinerari collegati  nessuno
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Discrete
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento D’accordo con Ale e in previsione di provar a fare più avanti nella stagione il canalone Neri a Cima Tosa, ci andiamo ad allenare su questo canale molto lungo di 800 metri. Puntuali alle 6 del 14/4 (scopriamo poi giorno di nascita del mio e di morte del suo padre) iniziamo a salire da poco sopra Grumetti con la Vigna Soliva che sbuca di riflessi lunari striata di nevi. Il sentierino s’immerge ripido nel bosco e s’inoltra fino a intersecare la mulattiera che dolcemente sale in direzione del rif. Curò. E’ già luce fredda, tipica delle mattine invernali e la corona di cime del Cappuccello e del Cavrel innevate e smaltate sembrano il Ben Nevis ergersi sotto la pulita linea di rocce che sostiene il rifugio. Il Coca emerge parimenti bianco tra gli scuri marroni del Corno e quelli rocciosi e lisci del Pinnacolo di Maslana che come due canini s’alzano verso il metallico cielo. Scende a balzi fra chiazze sparute di neve la cascata del Serio. Alle 7 smettiamo la strada e cominciamo a pestar neve sul cono di valanga che copre l’intero canalone, esile striscia di neve che si snoda bianca fra i fianchi ormai spogli della montagna. Si sale su pendenze dapprima dolci ma che poi s’accentuano un poco e su neve che parimenti passa da molle a dura rendendo un poco al limite la progressione con soli ramponi e bastoncini. Alle spalle sono apparse oltre a quelle del Coca, anche le nevi del Redorta e il paesaggio si fa più alpino. Esce il sole e la linea d’ombra coincide con quella delle nevi a render ancor più clamoroso il contrasto tra la luce in alto e il buio in basso. Siamo ormai sotto l’imbocco del canale su neve dura a blocchi compatti da precedenti slavine e poco dopo le 8 siamo all’imbocco del canale vero e proprio , cioè del punto in cui la neve è stretta nell’abbraccio delle pareti laterali e s’insinua come un nastro bianco fra le rocce scure. Un enorme masso sulla destra striato d’arancione segnala questo punto. Alle 8.45 il canale s’insinua stretto fra le pareti e poco dopo la comparsa di una rigola dal fondo indurito e un pelo di pendenza in più segnano il momento del passaggio all’uso delle picche fino a che alle 9.15 raggiungiamo il punto chiave del percorso e cioè lo sbarramento del masso incastrato. Ci appare chiaro che essendo verglassato il passaggio usuale in arrampicata che attraversa la placconata da dx vs sx non è praticabile ma neppure l’assalto diretto perché manca la copertura nevosa e resta scoperta una placca liscia e verticale. Alessio prova allora un improbabile (ma l’abbiam capito dopo) risalita per una rampa a sx del masso ma che si perde contro la parete e rende problematico il ritorno a dx nel canale nevoso oltre lo sbarramento: ci provo anche io ma con lo stesso risultato. Provo allora a risalire nel grottino una massa nevosa che porta alla colata ghiacciata sopra la placca rocciosa ma le picche sfaldano l’inconsistenza della neve non trovando nessun ancoraggio valido: ci provo allora centralmente e piantando le picche in alto,nel ghiaccio vivo.La presa è ottima, quasi sicura, ma ora dovrei tirarmi su praticamente senza appoggi per i ramponi per poi alzarli e piantarli nella neve: passaggio di forza che il socio non garantisce di riuscire poi a ripetere e allora desisto prontamente dal pensiero di provarci e rischiare il capottamento per mancanza di trazione o mancanza di tenuta degli attrezzi. Provo allora(chi l’ha dura la vince) l’attacco diretto della paretina rocciosa sopra il chiodo usato per far sosta ma dopo essermi alzato di un metro e mezzo e prima di provare a traversare sopra il masso incastrato, ridiscendo per studiar meglio il non facile passaggio. Ale è però giustamente stufo: in effetti è più di 1 ora che armeggiamo per passare e io non son sicuro di riuscirci. Prendiamo allora, poco prima delle 11, un poco attapirati la via della valle e sentimenti di rivincita animano ogni nostro passo verso il basso. Il sole entra alto nella fessura di cielo dove la il bianco si consegna al blu e la splendida giornata concede bellissime foto nella zona delle cime sopra la Valmorta che coi capelli imbiancati luccicano sotto l’azzurro del cielo. Dal passo di Valsena, Cantolongo,Druet,Cagamei,Cappuccello e Cavrel dominano la scena. Dall’altra parte della valle gli spettacolari versanti nord del Redorta e poi della scogliera di Scais si offrono alla contemplazione con tutte le loro vene( i canali) scoperte. Zoomo sulle cime del Torr. Curò, dello Scais, del Porola, della Cima del Lupo e di quelle di Caronno che sembrano himalayane nella loro veste primaverile e così imbiancate offrono inedite viste. Il complesso Grabiasca-Poris e Diavoli chiude lo spettacolo…e riprendiamo a scendere nella neve diventata più molle. Lenti un poco stanchi e depressi ammiriamo le cascate del Serio aumentare in volume e riflettere i colori dell’arcobaleno. A mezzogiorno salutiamo il grande masso variopinto e poi scostiamo verso sinistra per raggiungere un’ora dopo delle graziose baite in zona assolata dove intendiamo fermarci a mangiare qualcosa. Beati al sole ci godiamo il momento e le emozioni positive della bellezza che respiriamo a pieni polmoni lavano via quel poco di delusione rimasta appiccicata ai nostri attrezzi. Poi ridestatici dal torpore generato dal lieve a calore, prendiamo a scendere lungo il solco del canale anche sotto la carrareggia del Curò. Al sole sulle pietre guardando la montagna da cui la neve sembra quasi smarrita sembra irreale che poche ore fa eravamo al buio appesi alle punte delle piccozze e immersi nella neve fino alle ginocchia. e arrivando così agli ameni luoghi che attraversa il sentiero che sale da maslana dove un folto branco di stambecchi ci attende con somma indifferenza. Seguiamo l’alveo asciutto del canalone creato dalle valanghe fino ad incrociare il sentierino che porta al bel villaggio di Maslana. Passiamo dal bellissimo osservatorio costruito a ridosso di un masso gigante con vista sul grandioso e lontano Pizzo Arera. Poi sul nuovo sentierino traversiamo un bel ponte in sassi e muretti a secco sul torrente dove spiccano lisci alcuni massi enormi lisciati e lasciati dalle acque. Passiamo sotto una caratteristica baita con i muri in pietra costruita sotto un altro enorme masso erratico e con i piedi fra fioriture splendide di primule scatto l’ultima foto al Cimone col canale incassato e che appare come una cicatrice scura sui fianchi della montagna a tratti imbiancata. Poi le splendide casette di Maslana e un branco immenso di stambecchi che vive là dove gli uomini non abitano più. Nel verde, nel sole nella straordinaria bellezza di una valle fiorita che apre le sue braccia a custodire e proteggere le sue meraviglie, la nostalgia per un mondo abbandonato e relegato a rivivere solo per momenti di vacanza o svago. Non per scelta. Che dire: gran bella giornata passata in un luogo splendido con incantevoli scorci panoramici che il sole nascente dalle nuvole e dalla nevicata delle ore precedenti ci ha donato. Colori emozioni e sconfitta…ma la vittoria è nel senso di grazie che ci riempie il cuore e nel sogno che timidamente rinasce dalle ceneri:la prossima volta ce la faremo. Non cerchiamo del resto in montagna l’affermazione di noi stessi ma la possibilità di essere per un giorno lassù in alto a contatto del cielo e del nostro Dio: la possibilità di essere felici e tornare nelle valli e nelle pianure per dirlo col sorriso della nostra gioia ricambiata. Lassù, trasparenti al vento e al soffio divino, rendiamo grazie…..altro che attapirati. Grazie Alessio, alla prossima.
Foto1 : il canale Foto2: salgo con le picche Foto 3: ale sotto il masso insuperabile
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