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   adamello eight to eight(via terzulli), 28/10/2014
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Lombardia
Partenza  ponte del guat  (1541 m)
Quota attacco  2930 m
Quota arrivo  3539 m
Dislivello della via  2000 m
Difficoltà  PD ( pendenza 40° / II in roccia )
Esposizione in salita Sud-Ovest
Rifugio di appoggio  invernale del gnutti
Attrezzatura consigliata  solo in questa stagione ramponi e piccozza
corda non utilizzata ma meglio averla
Itinerari collegati  nessuno
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Eccellenti
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Con un po’ di dubbi e qualche perplessità convinco Nadir a provare la sua proposta di fare la Terzulli all’Adamello. Son 2000 mt di dislivello fuori stagione..ma al limite si torna. Solita partenza notturna nel buio del 29/10/2014 questa volta per la Val Camonica dove seguendo le indicazioni per Garda troviamo alla fine una strada segnalata con cartelli marroni che indica la Val Malga. Seguiamo tutta la strada fino allo spiazzo sul ponte dove parcheggiamo (Ponte del Guat, 1528 m) da dove partiamo alle 8. Proseguiamo oltre il ponte lungo la sterrata che ci porta a Malga Premassone. Dalla Malga sul sentiero 23 oltrepassando Malga Frino (1698 m) e successivamente si risale la Val Miller. Viaggiamo in falsopiano sotto cupe nubi e arriviamo così alle famose “Scale del Miller” (q.2050)che sono una serie di gradini rocciosi da risalire (con brevi tratti attrezzati). Le troviamo ghiacciate e salendole ci scaldiamo le gambe: ci portano prima fra e poi sopra le nebbie. Un giorno livido freddo ma limpido accompagna i nostri passi fra poca neve parecchia brina e tanto freddo tanto che scricchiolano i nostri scarponi mentre continuando lungo il sentiero passiamo dal Rifugio Gnutti (2166 m – h 9.15) sul cui sfondo si staglia il possente Corno Miller. Partiamo dal rifugio con alla nostra destra la diga Miller e il bel laghetto artificiale del Miller. Qui si chiama tutto miller, diciamo che aveva poca fantasia chi assegnò il nome alle risorse naturali. Manco a dirlo riprendiamo il cammino verso il Pantano Miller ovvero una zona bagnata da molti torrenti che rende un po' difficoltosa la progressione e la morena successiva inondata da un sole che come un miraggio non raggiungiamo mai. Incrociamo una parete rigata da colate ghiacciate e poi attraversato del terreno detritico finalmente come un desiderio realizzato il sole ci inonda mentre arriviamo sulla morena che scende dal passo dell’adamello fra la Cima Laghetto e il Corno Miller che ora mette in vista il ghiacciaio detto Miller. Il sentiero risale la conca fino a portarci su terreno pietroso all'attacco della Ferrata Terzulli (2930 m, h 13) che però raggiungiamo rimontando un nevaietto abbastanza ripido. Una grossa freccia rossa sul biondo granito certifica il punto. Dopo 1000 mt di dislivello finalmente l’astro caldo ci scalda e rincuora ma comincia a sentirsi la fatica di una salita veloce nel penoso erto e dirupato avvicinamento. Un bel diedro quasi verticale apre le danze di una piacevole arrampicata. Saliamo ora veloci quando dopo la prima svolta appaiono verglass e neve che si insinuano fra le placche di granito caldo..qualche dubbio ma calzati ramponi e picca riprendiamo confidenza con l’ambiente e la corda resta a riposare nel sacco. Superata la prima parete abbastanza verticale e divertente giungiamo a un tratto in cui termina la catena e risaliamo un sentierino esposto e roccette. La ferrata prosegue con un tratto diagonale verso sinistra e successivamente di nuovo con pendenza più marcata ma senza difficoltà tecniche. Seguiamo i segni bianco-rossi, gli ometti e la traccia in salita. L’estensione del muro di neve nostro punto d’arrivo continua ad aumentare e giungiamo sotto una placca inclinata attrezzata che risaliamo e poi un traverso esposto e attrezzato con catene. Biondo granito ma fra poco arriveremo al fantastico nevaio che termina nel blu del Passo. Qualche ultimo balzo roccioso e sbuchiamo al Passo dell'Adamello (3240 m,h14). Il senso del bello sorprende i nostri sguardi: neve e blu ovunque, a destra si alza il corno miller mentre a sx la calotta pacifica dell’adamello stende il suo invito: è un po’ tardi torneremo col buio ma come si fa a dir di no, a non lasciarsi sedurre da quel mare di bianco che s’incontra in alto col blu dipinto di blu? Ammiriamo un tratto del Ghiacciaio dell'Adamello che si estende sotto di noi in direzione nord. La stanchezza svanisce dalle mie intenzioni e gettando a terra lo zaino dico a Nadir che andrò in cima leggero e veloce: lui decide di seguirmi e ci avviamo leggeri scendendo per alcuni metri in direzione del ghiaccio che poi seguiremo rimanendo sul suo bordo sinistro con alla nostra sinistra il Bivacco Ugolini e la Cima del Laghetto. La pendenza non è marcata ma la neve è molto dura. Ci avviamo alla conquista della cresta che poi attraverseremo vs la cima. Finalmente leggeri, finalmente liberi, risaliamo il muro di neve da cui emergono rocce fantastiche e immergendoci nell’aria sottile blu di una giornata strepitosa. Vento, fatica, freddo e sudata solitudine ma soprattutto un ambiente grandioso: sembra di arrancare verso un 8000. Risaliamo gli ultimi trecento metri con alcune roccette (I grado) fino a giungere vicino alla scoscesa cresta ovest da cui il panorama si apre verso la vicina Cima di Plem e oltre i Corni delle Granite e Baitone con sullo sfondo il Disgrazia le alpi svizzere e il Bernina. Anche la Cima de Piazzi svetta sull’alpino e indistinto confine oltre la macchia verde dell’artificiale Lago del Pantano. Ora fino alla cima grandi rocce immerse come menhir nella neve: teniamo il filo di cresta ma gli occhi planano sul leggendario e incredibilmente bello ed esteso Pian di Neve in questa stagione eccezionalmente bianco e infinito. Che neraviglia: veramente un posto che in Italia ha pochi eguali ricordando come lo vediamo oggi un paesaggio dell’Islana o delle grandi isole artiche. Il pinnacolo bianco del Monte Fumo si staglia davanti alla grande criniera del Carè Alto e alla meringa sapoentemente lavorata del Dosson di Genova. A destra escono dalla panna le cime di Laghetto e dietro il cocuzzolo del Corno miller che sembrano alzarsi come bordi per contenere il latte nel secchio. Ora solo neve ci divide dalla vetta e incrociamo le tracce del mitico Cividini di cui abbiamo appena letto il Report. Affondo quasi con commozione i miei scarponi nei suoi segni. Ora la neve ha un poco smollato e rende più sicura la nostra progressione resa un poco pesante dalla quota edal dislivello di duemila metri ormai accumulato. La cima è vicina e sbuffando d’entusiasmo, arrivo alla campana e alla croce di vetta (q.35555, h 15). Panorama quasi tibetano sulle terre gialle che anticipano le bianche macchie della zona dell’Ortles e del Gran Zebrù. I grossi massi squadrati della cima accolgono i nostri corpi stanchi per celebrare stanchezza e gloria che fissiamo in indimenticabili scatti. Il cielo brilla con tutta la sua forza in alto mentre un mare di nubi sotto di noi a sud conferma l’impressione di essere in Himalaya; emerge appena prima delle coperta Padania, la sagoma svelta del Cornone di Blumone. Oltre lo sterminato bianco fanno il solletico al cielo le rocce pulite del grandioso gruppo del Brenta a sinistra e Corno di Cavento e Carè Alto a destra… ma è l’immenso lenzuolo bianco e candido(…altro che Dash) steso a luccicare al sole del Pian di Neve che rende commovente la bellezza di questo luogo. Nadir non sentendosi benissimo ha fretta e sapendo che ci attenderà sicuramente il buio, ha già iniziato a scendere e lo vedo come un puntolino blu disperso nel bianco. Io non ci riesco ancora e faccio un pieno di bellezza accarezzando e attraversando più volte con lo sguardo il Pian di neve. E’ infinito e immacolato, contemplo e abbraccio con occhi increduli questa meraviglia antartica portandola con me durante la discesa quasi di corsa. Mezzora dopo siamo al passo che ci appare dall’alto come latte che si riversa nella valle sottostante. Fotografo Nadir che brilla fra le rocce che riflettono il sole e poi mentre raggiunge il Passo con dietro un’onda oceanica di neve alta come quelle che inseguono gli amanti del surf. Ma questa è cristallizzata e non abbiamo nulla da temere. Salutiamo il Corno miller e poi il resto è solo una dolce discesa nei giochi di luce e nebbie della sera fino a quando le stelle riempiono il cielo e due lucine felici ed incredule disegnano una scia barcollante dalle pendici dell’Adamello fino al ponte del guat. Spegniamo le frontali alle 20 e ci abbracciamo: mezza giornata che vale una vita. Grazie Nadir per il sogno regalato. foto 1 la via terzulli foto 2 passaggi di misto foto 3 in vetta
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