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   Io Tua e Nico, 13/05/2011
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Lombardia
Partenza  valbondione  (950 m)
Quota attacco  2300 m
Quota arrivo  3000 m
Dislivello della via  700 m
Difficoltà  D- ( pendenza 75° / IV- in roccia )
Esposizione in salita Est
Rifugio di appoggio  coca
Attrezzatura consigliata  casco chidi roccia viti ghiaccio
Itinerari collegati  nessuno
Rischio valanghe  2 - Moderato
Condizioni  Discrete
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Il 13 maggio del 2011, è il grande giorno. Per la prima volta io e Nico conosciutici l’anno scorso sulla Cresta est del Monviso, usciamo insieme e partiamo con il botto. Il Canale Tua, celebre per la sua caratteristica forma e strozzatura a S, è forse il più classico e ripetuto del settore, insieme al Canale Centrale alla Fetta di Polenta: una vera e propria ascensione nel cuore della parete lungo il profondo canale che ne incide il fianco fino alla Bocchetta di Scais. Sono soprattutto io a fidarmi di lui che ha un passato importante fatto di tante vie nord e viaggi per le Alpi, quando era giovane e forte, dice ora. Saliamo in serata al rifugio nel locale invernale accompagnati da un cane che non ci molla fino al rifugio e che rimane fino a tarda sera con noi. Dormiamo fino alle 4.30 del mattino e alle 5 chiudo con un clang che risuona nel buio e nel silenzio assoluto la porta metallica che lascia alle nostre spalle l’accogliente bivacco. L’umore è ottimo segnalato dal selfie che ci facciamo sorridenti e felici come se ci conoscessimo da sempre e partissimo per una scampagnata. Cominciamo a pestare neve dura e ci avviamo entrando mezz’oretta dopo nella muta buia ma accogliente materna conca dei giganti che ci avvolge nell’abbraccio duro ma materno delle sue pareti che s’alzano da tutte le parti. Spingiamo e non parliamo e risuona il rumore sordo delle punte dei nostri ramponi che grattano la neve ghiacciata. Alle 6.30 nella fredda e tagliente luce che non riscalda siamo davanti all’imbocco del canale pronti alla sfida: il Tua sale docile per quanto possiamo vedere ma la curva vs sx lo copre poi alla nostra vista. All’attacco miei prodi. Ci muoviamo verso l’ingresso segnato dalle pareti rocciose laterali. Neve dura arcigna e pietre sparse un poco ovunque ci ammoniscono ricordandoci che tutto quello che cade dalla montagna si diverte a scivolare lungo il nostro canale. Una rigolona centrale fonda mezzo metro segna i nostri passi anche se prudentemente ci camminiamo ai lati. Ho attaccato veloce e come un forsennato e ora mi giro a fotografare nico che si appresta a muovere i primi passi d’ingresso. La neve gelata ma non più ghiacciata si fa mordere bene e saliamo ancora con i bastoncini su pendenze attorno ai 45°. Poi la svolta a sx è il vero inizio del canale. La pendenza impenna e scomodi ci fermiamo per prendere le picche. Fotografo per l’ultima volta il nevaio sottostante, poi entriamo nel budello. Durante le manovre perdo la dragonne delle picche usate che Nico mi ha appena veduto e la vedo allegramente sparire nella rigola e sempre più veloce andare a depositarsi chissà dove. Ora si fa sul serio e le punte delle picche mordono la neve dura regalandoci soddisfazione ed entusiasmo fino a che superato un primo saltino nevoso (una gobba a 60 65°) entriamo ancor più nel budello che s’impenna ed è chiuso da una sorta di muretto. Ci avviciniamo circospetti e alla fine si tratta di salire un breve muretto di tre metri ma quasi verticale e gocciolante. Lo zero termico molto elevato oltre i 3000 metri ha reso qua evidenti le nostre preoccupazioni. Preferiamo assicurarci e Nico infilza un chiodo nel grottino di dx, completamente ricoperto di ghiaccio dal quale io faccio sosta. Nico parte e sale ma quando sta per sbucare oltre una grossa pietra rotolante lo sfiora e lui ridiscende. Passato lo spavento supera il risalto e organizza la sosta dalla quale poi mi recupera: non ho mai scalato su ghiaccio così ripido ma con la corda davanti è tecnicamente facile e rapidamente lo raggiungo. Sono le 8.30 e ora il canale si slancia rettilineo vs l’alto del cielo blu scuro. Ora il pendio è nevoso con inclinazione attorno ai 50 ° e continuiamo sicuri con le piccozze. La neve smolla e rende la nostra progressione ancora più sicura e rapidamente saliamo vs il cielo, il canale si allarga, la cresta sembra decisamente prossima e alle 9.30 siamo alla bocchetta dove entusiasta pianto e fotografo le mie due picche sopra il canalone selvaggio che scorre nevoso fra le curve delle due dorsali rocciose che lo contengono. Irresistibile anche dall’alto. Il panorama è infinito, quasi himalayano con il Coca davanti a tutto e tutti che mostra impettito la sua possente parete Ovest. E’ proprio il Re delle Orobie e ruota le sue rocce come farebbe un pavone con la sua coda. Dietro, fra i sudditi, solo il Recastello alza la cresta fra tutte le cime che sgomitano. Il nostro programma è ora quello di salire la Fetta di Polenta e poi traversare in cresta fino ad andare a prendere l’arrivo del Canale Centrale di Scais da cui scendere e realizzare l’accoppiata. Alle 10 siamo presso l’attacco del breve diedro che con un passo di IV°- da l’accesso al più semplice pendio superiore. Facciamo un tiro di corda e poi tra sfasciumi e neve ci portiamo rapidamente a 3 metri dai 3000 sulla rotonda cima. Ora viene il bello perché la cresta procede carica di neve sui due orli del baratro e dopo una cinquantina di metri Nico sentenzia che è troppo pericoloso e mi dice che dobbiamo calarci in versante bergamasco. Sono fermo con i piedi piantati nella neve fra due abissi: uno precipite sul versante valtellinese e l’altro solo un poco inclinato, ma certo troppo per le mie possibilità. Ma Nico tastata la neve decide che si può e comincia a scalciare sul pendio inabissandosi. Se mi butto gli cado in testa è la prima cosa che penso e la seconda è “cosa faccio ora”? Delle 4 direzioni che posso prendere due vanno verso la morte sicura(dritto e a destra), la terza è tornare da dove son venuto ma non è possibile da solo. Col cuore che batte forte non mi resta che fidarmi di Nico che col suo sorriso furbo mi urla che è facile, che basta che metto i miei ramponi nei buchi che lui ha scavato. Mi scollo dall’esile cornice e col muro di neve davanti agli occhi guardo terrorizzato vs il basso cercando fiducia negli appoggi e nelle picche che affondo lateralmente alla mia testa. Funziona e scendo e ad un certo punto dopo un apnea incredibile e quando cala un filo la pendenza, ritorno a respirare coscientemente e alla vita. Mamma mia i cinquantametri più duri della mia vita! E’ fatta ora la pendenza decresce dagli 80° iniziali a 70 ,60 ai normali 50 e proseguiamo in traverso verso pendii più morbidi per risalire poi da sotto alla Bocchetta Centrale. Mentre io riprendo fiato e guardo incredulo verso l’alto da dove sono sceso, Nico è già ripartito vs l’alto e mi urla di aspettarlo dove sono. Poco dopo lo vedo ridiscendere e tornato da me mi dice che ci sono troppe cornici sull’altro lato e che scender da là sarebbe troppo pericoloso. Mi dispiace molto ma non mi sembra il caso di insistere e allora decidiamo di perdere quota su questo lato della montagna e per pendii nevosi scendiamo e poi risaliamo al valico che divide la vedretta del Redorta da quella di Scais e tre ore dopo (alle 15.30) arriviamo al porto sicuro del Rif. brunone. Alle 18 arriviamo a Valbondione dopo altre estenuanti due ore e mezza di discesa. Poi essendo io più abituato al linguaggio orobico (Nico è veronese) mi offro di fare autostop e andare fini a Valbondione a recuperare l’auto. grande Nico, la prima di una grande serie di incredibili avventure.
Foto1 io esco dal primo saltino Foto2 nico all’uscita del canale Foto 3 dalla Cima della Fetta di Polenta

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