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   Anello Pizzo e Torrione del Salto e Omo, 19/07/2024
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Lombardia
Partenza  Agneda (1250m)
Quota attacco  2500 m
Quota arrivo  2775 m
Dislivello  300 m
Difficoltà  PD- / III ( II obbl. )
Esposizione  Varia
Rifugio di appoggio  no
Attrezzatura consigliata  corda e imbrago x sicurezza
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Dopo il precedente tentativo di un paio di settimane fa abortito a causa della macchina che si è fusa, ritorno con Fil per completare la mission di fare Pizzo del salto torrione e Pizzo dell’Omo a cui abbiam deciso di aggiungere anche il Pizzo del Diavolo di tenda. Di smonto notte aspetto Fil che arriva quasi puntuale a casa mia alle 18 del 10/07/2024. Partiamo poco dopo con tenda per dormire alla piana di Agneda dove con la vecchia Multipla prestataci, arriviamo per le 21. Montiamo la tenda nel bel prato sotto il pino e prima delle 22 siamo già pronti per dormire cullati dallo scampanio lontano delle mucche a sinistra e dal dolce fragore del torrente a sinistra. Situazione idilliaca dopo la notte al lavoro e il poco riposo della giornata a casa. Punto la sveglia alle 3.30 e mi addormento veloce se non chè alle 2.30 un frastuono mi sveglia. Non capisco dove sono e penso ad una discoteca ma poco dopo capisco che sono le mucche coi loro campanacci che si sono avvicinate alla tenda. Esco e scaccio quelle vicine ma poi alla luce della frontale ne illumino a decine e capisco che la partita è persa..mi stendo nuovamente ma è impossibile pensare di riaddormentarsi e allora dico a Fil che è meglio partire. Buttiamo tutto in auto e alle 3.30 siamo vestiti da alpinisti e pronti a partire. Ci facciamo strada fra le mucche appisolate sulla sterrata e i cui grandi occhi umidi riflettono la luce delle nostre frontali. Passiamo il bivio per il Lago di Scais e poi il successivo col cartello Mambretti proseguendo sulla carrareccia a dx fino a passare sul lato dx della diga e poi per il sentieo di ritorno vs Scais. Alle 4.30 passiamo per la dormiente Baita Zocco dove fotografo divertito una capretta che si è accucciata fra due grandi vacche. Come ogni volta che passiamo di qua stiamo troppo bassi a sx e poi dobbiamo recuperare più alta la traccia. Si comincia a vedere qualcosa e appaiono i profili scuri dei Cavrin, del Gro e del Pizzo del Salto. Entriamo nel vallone della Val Vedello e puntiamo il nevaio che ne ricopre il fondo con la bella parete Nord del Salto che si apre davanti a noi come la ruota di un pavone. Pestiamo neve fino a quando sulla sx si apre il canale d’accesso vs il passo. Sentieri non ce ne sono, segni pochi e si naviga a vista. Fotografo un bel fiore di Calendula nel giardino di pietra e scomodamente traversiamo a sx verso il canale lasciando a dx quel che rimane della Vedretta del Salto e ne cominciamo la faticosa risalita su un’elevazione similmorenica sempre su pietrame mobile, ghiaione e vaghe tracce smosse dal terreno friabile. Il sole brilla sulla punta del Salto e come una latta di arancio rovesciata ne colora velocemente tutta la parete. Qualche breve tratto su neve ancora troppo dura e ripida e alle 6.30 ci affacciamo sul Passo del Salto (q. 2410). Mi è sembrato di metterci una vita e sudato m’accoccolo dopo essermi vestito a fotografare la bella triade che abbiamo alla nostra destra: il triangolo acuto del Salto, quello più largo dell’Omo e la piramide possente del Diavolo di Tenda con la sua vedretta ancora abbondantemente ricoperta di nevato. A sinistra nell’ombra la cresta prosegue verso la Cima dei Geroi troppo lontana e che magari saliremo concatenandola con il Piccolo e Grande Grò. Sotto di noi verde, il Vallone del salto dove ci arenammo questa primavera spossati dopo aver troppo faticato nella neve fin da quote basse per pensare di salire ancora. Alla loro destra dalle nebbie mattutine emergono Camino e Presolana. Facciamo colazione e mezz’ora dopo riprendiamo a salire fotografando la punta del Ceric fondersi con quella del Disgrazia che gli sta proprio dietro in un riuscitissimo zoom. A destra visione sfuocata del gruppo del Bernina ancora dormiente. Risaliamo la facile cresta mista di erbe e rocce e con bei mazzi di Androsace fin sotto la cuspide finale che aggiriamo tenendo la sinistra. Alle 7.30 siamo in vetta al Pizzo del Salto(q.2665) a fianco del suo grande omino. Fantastica la visione sull’intrigo di punte che si apre guardando a est vs lo Scais. Soliva Grò e picolo Grò alzano le loro lance davanti alla più bella scogliera orobica che sale dal Rodes e poi Pizzo Biorco passando per le Punte Gemelle, il pizzo degli Uomini e quello di Scotes e poi Cime di Caronno, Scais e Redorta. La visione diurna è migliorata sul Bernina che come un miraggio luccica di nevi e non di nubi al pari dei ghiacci del Disgrazia e delle pareti granitiche del gruppo del Badile. Soto di noi un grande nevaio a forma di onda ci condurrà in discesa vs il Passo dell’Omo. Lo raggiungiamo scendendo per una paretina articolata . Per docile neve ci abbassiamo: davanti a noi il Torrione del Salto sopra il quale si alza possente il Pizzo dell’Omo. Dietro tutta la cresta infinita e già percorsa che si staccadal Diavolo passa per la Bocchettadi Podavitt e va a saldarsi al Rondenino e poi ancora fino all’Aga. Fotografo un tratto di cresta decisamente punk e poi disarrampichiamo una paretina a sbalzi con passi tra il I° e il II° grado che ci fa approdare al Passo dell’Omo ( q. 2550, h 8.10). Prendiamo in mano le relazioni perché il proseguio non appare chiaro e guardando da dove siamo scesi ci accorgiamo che stando a sinistra sarebbe stato più facile mentre noi siam scesi diretti. Ora bisogna capire dove andare. Il Torrione si alza imperioso sopra di noi con una parete assolutamente verticale e dalla relazione pare di capire che ci si debba abbassare. Per non perder quota cerchiamo di traversare ma poi un canalino ripido ci obbliga a scendere e arriviamo sui ghiaioni basali dove saremmo potuti arrivare più semplicemente abbassandoci subito sotto al passo. Comunque ora traversando vs sx troviamo il canalino descritto nella relazione che ci si alza all’intaglio che divide il Torrione a dx dal Pizzo dell’Omo a sx. Lo risaliamo faticosamente su terreno molto friabile e alle 9 tiriamo il fiato osservando la paretina rotta ma verticale di partenza verso il Torrione. A me resta qualche dubbio ma Fil parte deciso e supera i passaggi di II° grado su blocchi instabili. Sudo seguendolo perché mi sento responsabile ma alla fine supero anche io il passaggio che penso ci farà un poco sudare in discesa. Poi rampiamo per erbe e ci troviamo su un colletto dove Fil mi attende seduto..credendo di essere in cima. Ma no Fil gli dico, dobbiamo ridiscendere e poi salire lassù. Scendiamo ad un altro forcellino notando che un canalino sfasciumato scende ai ghiaioni basali e lo memorizzo come eventuale via di fuga. Ora un tratto di roccia solida alta circa tre metri che Fil passa velocemente ( II°+tecnico ) e anche qua penso che sarà piuttosto difficile in discesa. Guardo allora una soluzione aggirante per i prati verticali laterali e poi per pratoni e roccette ci alziamo fino all’ometto di vetta del Torrione del Salto ( q. 2625, h 9.30). Selfie, complimenti a Filippo per la decisione mostrata (sono i suoi primi passi di arrampicata su gradi non elevati ma senza protezioni e in un ambiente difficile impervio e pericoloso) con l’Omo che ci guarda severo dall’alto al basso e Fil che mi chiede da dove saliremo. Ora io invece sto pensando a come scenderemo perché non sarà banale: aggiro il tratto verticale su bella roccia e poi Fil affronta per primo il tratto scabroso sopra l’intaglio dove ad attenderci come crash pad stanno i nostri due zaini. Ce la caviamo con difficoltà che dipendono più dalla roccia marcia che altro e alle 10.00 dopo consulto della relazione siamo pronti per l’assalto al Pizzo dell’Omo. Passiamo da una zolla erbosa colonizzata da una bellisima fioritura di Gentiana Verna e ranuncoli e come da indicazioni dico a Fil di tendere a sx dove s’intuisce il costolone inclinato che dovremo seguire fino al suo termine in cresta. Ci arriviamo ed inizia una bellissima cavalcata su difficoltà costanti fra il I° e il II° grado su roccia ottima. Dalla cresta fotografo in visuale dall’alto il costolone, l’intaglio e il Torrione e il Pizzo del Salto. Nebbie aleggiano sopra di noi rendendo misteriosa l’atmosfera e continuiamo a procedere su rocce solide con passi continui di I° grado. Alle 10.40 mi fermo in crisi di zuccheri: sono svuotato e chiedo a Fil di fermarci che devo mangiucchiare qualcosa. Davanti a me sorridono due bellissimi ranuncoli dei ghiacci che fotografo e mando a Dani. Noccioline e pensieri. Siamo ormai sotto la cupola finale e con pochi passi guadagniamo venti minuti dopo la prima e poi la seconda cima del Pizzo separate da un piccolo intaglio con divertente passaggio di II° grado su roccia ottima. Foto di rito e poi uno sguardo al futuro che da relazione prevede la risalita della q.ta 2758 che ci sta proprio innanzi per poi calarci sulla Bocchetta del Diavolo di Tenda. Scendiamo per detriti a prendere ancora un altro nevaio che ci accompagna alla roccia della quota successiva che senza problemi risaliamo con qualche passo di I° grado toccando la cima alle 11.45 con vista paurosa sulla dirupatissima e indistinguibile bocchetta sottostante. Leggo un poco cercando di metter ordine senza successo tra tutti i fogli delle relazioni che ho accumulato ma senza trovare risposte al dubbio che m’assale e cioè se la Bocchetta di Podavitt sia o meno sulla cresta che abbiamo di fronte e che così a vista non sembra assolutamente percorribile in discesa. Fra l’altro la risalita al Diavolo da questa prospettiva sembra abbastanza dura. Bah vedremo! Sotto di noi il vuoto e una fettuccia per improbabile calata in doppia. Cispostiamo così a sinistra e troviamo un più comoso pendio ripido sfasciumato ma percorribile rispetto agli standard odierni. Ci caliamo quindi con attenzione al valico e a mezzogiorno cerchiamo di capire dove sia la Bocchetta del Diavolo soprattutto per capire da dove scendere. Guardando in su sembra strano che siamo scesi da lì perché la quota 2758 eleva verticale la sua parete sopra di noi. Tempo ne abbiamo, stanco lo sono ma soprattutto non mi convince il tratto che sembra ancora insidioso per arrivare all’arcigna parete del Diavolo e poi mi viene il dubbio che non si possa più scendere in Valle d’Ambria. Decidiamo così di lasciare il Diavolo al futuro di Fil e concentrarci sul trovare la Bocchetta. Nessun segno e solo un vago ometto eretto timidamente in una zona centrale dell’ampio vallo. Anche la relazione non aiuta e descrive un percorso piuttosto complesso e difficile da individuare. Dopo aver percorso un poco di cresta fino ad incontrare un torrione il cui aggiramento non sembrava elementare, ritorno all’omettino e decidiamo di provare a scendere anche se non riusciamo a vedere fino in fondo l’eventuale presenza di salti..ma comunque una corda da 30 metri l’abbiamo. Fotografo un bel mazzo di gialli ranuncoli che con le loro verdi e brillanti foglie danno un tono di colore a questo tetro accumulo di pietrame pronto a precipitare da una parte o dall’altra del valico. Le relazioni non chiariscono e cominciamo a perder quota prima facilmente e poi disarrampicando un canalino con un passo di II° grado un poco insidioso. Poi nuovamente sfasciumi fino ad un nuovo allargamento del pendio da cui sembra possibile da discesa fino al vallone sottostante. Cerchiamo la linea più semplice e rapidamente pochi minuti dopo le 12.30 disarrampichiamo le ultime facili roccette e mettiamo i piedi nel vallone al sicuro. E’ fatta e mi complimento con Fil che non ha mai avuto tentennamenti o cedimenti. Siamo ancora troppo sotto le rocce da cui siamo scesi e dieci minuti dopo voltandomi cerco di capire la linea di discesa che appare evidente ma non inizia dalla Bocchetta del Diavolo che è presumibilmente più a dx in un netto intaglio che sta oltre il torrione che non ho aggirato e da cui scende un canale nevoso che pare troppo ripido e che abbiamo comunque fatto bene ad evitare. Fotografo ad uso futuro. Punto il fondo del vallone ancora innevato e le condizioni sono ideali per sciare sugli scarponi e così perdiamo quota velocemente e con poca fatica. Avanziamo verso i bastioni del Rondenino che precipitano alla nostra destra poi mi fermo a guardare il cengione che scende dalla cresta orizzontale e che sembrava impercorribile, lo fotografo e mi viene il dubbio che sia l’accesso alla bocchetta di Podavitt di cui zoomo un cartello che si nota contro il cielo( a casa verificherò che sarà proprio l’accesso alla bocchetta e da cui saremmo scesi se fossimo saliti anche in cima al Diavolo…peccato!). Sempre scivolando su neve ci abbassiamo verso la confluenza a destra della verde Valle d’Ambria adornata da uno specchietto d’acqua in cui sogniamo di fare il bagno. Alle 13.30 termina la neve e siamo di nuovo su pietrame instabile. Fra le rocce un bellissimo mazzo di primule violette e poco dopo tornati nel verde l’irriconoscibile faccia opposta delle cime che abbiamo percorso. Pochi segni ci guidano, poi spariscono nella boschina fastidiosa che attraversiamo puntando il fondo della valle. Fotografo due bellissime Pulsatille e finalmente alle 14.15 nei pressi del fiume ne usciamo, ritorniamo a camminare sull’erba e il sentiero riappare: ogni anno ne sparirà un pezzo..del resto chi risale ormai questo vallone d’accesso infinito? Bevo e mi bagno al fiume..ho dimenticato il cappellino e la testa mi fuma. Che bello bagnarsi di acqua gelida e che sollievo per i piedi! Un quarto d’ora dopo ci sorprende una malga non ancora caricata in questa valle immensa di pascoli apparentemente inutilizzati e verso le 15 transitiamo dal laghetto ( ci spiegheranno poi delle persone incrociate che viene chiamato il lago che non c’è perché solo in annate particolarmente piovose si forma) che ci sorprende per l’acqua sporca e bassa che ci fa desistere dal piano bagno. Dopo una ventina di munuti Fil non ne può più e si ferma a lato del torrente per rinfrescarsi e ne approfitto anche io per cavarmi i pantaloni a ¾ che mi stavano facendo impazzire dalò caldo e rimango in mutande che per fortuna sono un poco a calzoncino. Ridicola la foto che Fil mi scatta in cui sembro un alpinista da mare! Alle 15.45 avvistiamo le case e baite di Ambria che significano quasi la finbe del nostro periplo. Scendendo ne avevamo già parlato del fatto che fosse inutile fare entrambi i 4 km di strada asfaltata fino ad Agneda dove stava parcheggiata la nostra auto e allora Fil si offre di farla lui. Entriamo in paese attraversando un bellissimo boschetto di betulle prima e un ponte sul torrente poi. Mentre io scattate delle foto al bel villaggio mi appisolo sul prato per riposarmi un poco prima della guida per il viaggio di ritorno, Fil senza zaino va a recuperare l’auto. Mi stendo felice e rilassato anche se non riesco ad addormentarmi perché il mio corpo diventa una torta gustosissima per nugoli di zanzare che non mi concedono tregua. Mi sveglia dal torpore il rombo dell’auto e caricatala siamo pronti a tornare.
Foto1 discesa vs Torrione e Pizzo Omo Foto2 Fil sul costolone del Pizzo Foto3 Omocostolone intaglio e Torrione del Salto
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