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   Tre Viaz tra gli Spiz, 08/06/2022
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Veneto
Partenza  Forno di zoldo (900m)
Quota attacco  1600 m
Quota arrivo  2000 m
Dislivello  500 m
Difficoltà  AD / III ( II obbl. )
Esposizione  Varia
Rifugio di appoggio  Rif. Angelini,bivacco carnielli
Attrezzatura consigliata  corda,qualche cordino e materiale per doppia
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Dopo tanto parlare riusciamo finalmente con Simone a decidere per il 2 giugno 2022, la data del nostro assalto ai Viaz degli Spiz di Mezzodì secondario gruppo a cavallo tra la Val Zoldana e l’Agordino e che spesso passa in secondo piano per le altezze relativamente più basse rispetto ai vicini colossi del Pelmo o del Civetta. Ma in quanto a bellezza non sono secondi a nessuno con le loro innumerevoli torri giallo e nere che si alzano a far solletico al cielo in un ambiente arcano e selvatico dove la storia e l’amore hanno inciso sulla roccia cicatrici percorribili dai camosci prima, dai loro cacciatori poi e dagli amanti dell’esposizione ora. Progetto come al solito a lungo pensato in attesa di tempi favorevoli per poterlo realizzare. Fare il primo giorno i Viaz sora la fopa, oliana e gonela e il giorno dopo la traversata superiore degli spiz e ritorno per il Viaz del a Tana de l’Ors. Dopo il tentativo della scorsa estate con Alberto fallito per la non sufficiente conoscenza del terreno e il conseguente tempo perso, questa volta parto preparato dagli studi sul campo dell’anno scorso e con un compagno altrettanto preparato e molto dedito ai Viaz. Abbiamo solo un giorno pieno per cui l’idea è di riuscire a fare i primi tre Viaz. Ritardi in autostrada mi inducono a cambiar programma quindi non punto a preparare la tenda al Pian de la Fopa ma vado a trovare Greg a Bolzano Bellunese. Poi facciamo tardi perché arriva anche massimo Rivis e alla fine li saluto di corsa perché sono certo che arriverò dopo Simone all’appuntamento. Alle 23 mi chiama lui dicendo che la strada per salire è interrotta e così ci troviamo a parcheggiare a fianco delle ruspe che stanno lavorando. Un vero e proprio incontro al buio. Lui deve mangiare e tra una chiacchera e l’altra ci rintaniamo a dormire nei nostri mezzi che è quasi l’una e tante stelle in cielo. Accetta di fissare la sveglia alle 4 anziché alle 5 e nella notte ha deciso di non provare a salire comunque in auto per cui scendiamo in paese a parcheggiare( a fianco della chiesetta). Muoviamo i primi passi poco dopo le 4.30 partendo da Forno di Zoldo ( q.900). Mi stupisce da subito l’andatura tranquilla e rilassata di Simone, con cui ci guardiamo finalmente in faccia risalendo la Val pramper finchè alle 5.30 passiamo dal deserto Pian de La Fopa(q. 1200) per traversare poi pochi minuti dopo sul ponte di legno che consente di passare sul lato opposto della valle oltre il corso del torrente Prampera. Il sole accende le cime degli Spiz che brillano arancioni dietro gli scuri avancorpi mentre poco dopo è il Castello di Moschesin ad incendiarsi completamente e ad attirare la nostra ammirazione. Saliamo fra blocchi ghiaie e mughi fino al Giaron de la Pala dei Lares, oltrepassiamo la clamorosa frattura del Canalone di Mezzo e poco dopo ci scostiamo dalla traccia che sale al Carnielli per traversare tra i mughi in direzione della parete a sx dove una stretta ma marcata cengia con la volta bassa e’ contrassegnata da un vistoso ometto (q.1580 m, h 6.30). Ci si alziamo per qualche passo sullo zoccolo di ghiaie e cornici, traversando a sinistra (delicato ed esposto) raggiungendo l’imbocco del viaz presso un caratteristico passo del gatto che si percorre a carponi, ma che si può anche evitare continuando per la paretina friabile a sinistra come abbiamo fatto noi. Oltre l’angusto passaggio la cengia diviene più praticabile, ci si alza per qualche metro ad aggirare uno spigolo oltre il quale si discende una sporca rampetta accostati alla parete. Su pale erbose appena più comode ci si addentra nel canalone di Mezzo verso un ometto seguendo la traccia che punta verso il centro del canale che si traversa tra grossi blocchi portandosi sul lato opposto. Si traversano le ghiaie un poco esposte in leggera salita fino ad un esile cengia di buona roccia ma protesa abbastanza sul vuoto. Passaggio non difficile ma psicologico perché aggettante. Si prosegue, fino ad oltrepassare lo spigolo che segna l'inizio dello zoccolo roccioso che costituisce la base del pulpito Videsott. Ora la cengia taglia il bel basamento roccioso del pulpito quasi in piano, senza difficoltà, fino ad oltrepassare lo sbocco del canale che lo separa dalle rocce dello Spiz Oliana. La traccia taglia una zona di mughi e riprende la sua contenuta esposizione in aggiramento verso l’imbocco del successivo largo canalone Nord che annuncia il suo baratro che percepiamo ancor prima di vedere perché nascosto dallo sbarramento roccioso di un grosso torrione piramidale a sinistra e la verticale parete a destra dove la cengia prosegue per morire poco dopo nel vuoto. Bisogna invece risalire i primi facili metri sotto l’intaglio (I) e poi lo si sormonta con qualche passo in opposizione (2 m – II+) ma su buona roccia,sostando sul terrazzino di sassi e ghiaie soprastante. Per la discesa sul lato opposto, incontriamo il primo dei tanti fori in cui passare sotto a massi incastrati. L’ambiente umido non facilita ma tocchiamo terra dall’altra parte (h7.30). Superato questo passaggio, si entra nel canalone Nord, arcano ed incombente (in alto segnerà l'inizio del Viàz del Gonèla); lo si percorre fino in fondo, per qualche decina di metri, poi si risale sul lato opposto, per traccia ghiaiosa; ancora, tra ghiaie e mughi, e finalmente si arriva allo spigolo roccioso, porta d'ingresso (1620m) all'altopiano di Sora ’l Sass, dove termina il Viàz de l'Oliana. Figli di emozioni contrarie ci facciamo avvolgere dall’ambiente materno del bosco che ci avvolge di erbe e profumi dopo che rocce e vuoto l’avevano fatta da padrone. Seguiamo la traccia che si fa largo nel fitto bosco in discesa fino ad incrociare il bel sentiero che sale dal basso e che in breve conduce all’amena radura dove come in una fiaba è costruito il Rifugio Giovanni Angelini - Casèl Sora ’l Sass (1588 m, h8). Bello questo viaz per la maestosità ed esposizione dell’ambiente in cui la sua linea si nasconde e le difficoltà che sono tecnicamente semplici ma non banali. Straordinario l’ambiente dove ora riposiamo soddisfatti dal primo passo di giornata: una conca erbosa abbracciata da tanti abeti e sormontata dalle innumerevoli torri degli Spiz così dominanti da farti temere possano caderti addosso. A destra la Val Pramper offre la risalita sull’altro versante con la catena che dal Moschesin passa per Forzelete Gardesana Tamer e San Sebastiano. Ci rilassiamo , Simone fuma anche…questa mi mancava..non ho mai avuto un compagno che lo faceva durante l’escursione. Chiacchieriamo un poco, sogniamo di passare nello stupendo bivacco invernale in legno una giornata mentre nevica sul metro già caduto, consultiamo la carta e mezz’ora dopo partiamo per la seconda tappa. Imbocchiamo il sentiero n. 532 che s’inoltra nel bosco in leggera salita, uscendo dalla fiaba e rientrando nella realtà quando pochi minuti dopo, quando abbandoniamo il sentiero per il Belvedere e saliamo a destra (n. 532 A non segnalato) verso il margine del bosco, ormai rado; andiamo incontro alle rocce mentre alle nostre spalle si apre lo spazio aperto della Val zoldana controllata da due maestosi gendarmi: il Civetta a sinistra e il Pelmo a destra. Dopo aver percorso in ripida salita il letto ghiaioso di un corso d’acqua lo si segue dirigendosi verso il caratteristico spigolo Nord (1758m) dello Spiz Nord-Est, che è strapiombante e costituisce la soglia d’accesso al Giarón dantre i Spiz (m.1800, h9). Si continua a salire lungo il vallone detritico e poi sempre su a fatica fra le ghiaie mobili e qualche maso più grosso in cerca di stabilità e minor scorrimento verso il basso ad ogni passo. Torri isolate e castelli rocciosi animano di pietra questo antro solitario. Mi chiedo sbuffando se avranno nome o siano troppi per esser chiamati. Seguendo la traccia faticosamente arriviamo sotto la parete (credo dello Spiz Tiziana) che scorre a destra verso una sella erbosa custodita da tante belle torrette che sembrano pedine degli scacchi e sorvegliate dallo Spiz di Nordovest estrema propaggine verso la valle sottostante. Simone va a vedere e mi piace vedere in lui quella curiosità e forza abbondante che mi spingeva sempre a voler guardare dall’altra parte ogni volta che vedevo una cresta. Intanto io assecondo la traccia ancor bollata talvolta in direzione mancina e che va a puntare il varco ormai visibile della Forcella La Porta protetta a sua volta da un gendarme a sinistra. Proseguo fino ad un evidente e marcato spigolo (tratto faticoso per la mobilità dello sfasciume, tenersi sotto parete che è un poco più stabile ) oltre il quale a destra con passi che diventan finalmente più leggeri perché s’intuisce che si entra in una zona sacra e misteriosa che ci aprirà il passaggio per entrare nelle viscere della montagna. Pochi passi che faccio quasi di corsa tanta è la curiosità di vedere oltre e raggiungo una piccola sella ghiaiosa (Forcella del Canalone Nord, 2030m, h 9.30.). Un impeto di gioia mi raggiunge e nel silenzio austero del luogo s’ inpossessa di me nel vedere gli ometti e la cengia che segnan l’inizio del Viaz del Gonela. Come un mistero che si svela, la felicità delle piccole nostre esplorazioni alpine. Assorbo l’energia del luogo intanto che attendo l’arrivo di Simone che si ferma per la pausa-cicca. Siamo poco sotto la base dello Spiz Mary, e mi spingo inebriato a muovere i primi passi sulla cengia curioso di vedere cosa ci sia dietro l’angolo. Si cammina come su un sentiero in falsopiano e in pochi minuti arrivo in prossimità di un piccolo larice, di fronte alla maestosa, immensa parete gialla dello Spiz Nord, sull'orlo del profondo canalone (ramo del Canalone Nord) che divide lo Spiz Mary dallo Spiz Nord. Mi fermo su un poggio ad aspettare l’arrivo del mio compagno ed immortalarlo quando apparirà oltre lo spigolo che lo cela alla mia vista. Scendo ancora alcuni passi per uno splendido scatto in cui catturo il Pelmo riempire lo spazio d’azzurro fra lo Spiz Nordovest e la bellissima forma umanoide dello Spiz Tiziana che agghindano la nostra vista. Poi proseguiamo insieme su cengia evidente verso la profonda incisione che ci attende minacciosa. Raggiungiamo un primo profondo canalino che s’inabissa anticipando il solco principale che raggiungeremo un centinaio di metri più a valle. Scendiamo, attenti solo al detrito e qualche facile passo di arrampicata andando a raggiungere il passo chiave di tutto il viaz: un sasso incastrato che forma un caratteristico e stretto foro. Tre cordini usurati ma sani passati in un maillon rendono possibile la calata. Scendere disarrampicando all’esterno non è possibile, mentre il buco che appare, scuro bagnato e stratificato dovrebbe essere disarrampicabile ma non ci convince. Simone mette le mani alla sua nuova corda da 40 mt e dobbiamo solo decidere se calarci all’esterno (più semplice) o dentro il buco ( più affascinante). Alla fine lo convinco a gettare la corda nel pozzo anche per capire le reali difficoltà da affrontare eventualmente senza corda. Mettendo mano all’ottima relazione del Club di Zoldo(che ho usato come canovaccio per il mio racconto) leggiamo che dovrebbero essere da qua abbastanza evidenti davanti a noi due larghe cenge che tagliano la parete dello Spiz Nord: quella superiore finisce su un caratteristico larice e quella inferiore raggiunge un grande “barancio” (pino mugo) ; è questa la cengia che affronteremo prima passando prima dal mugo e poi successivamente e non direttamente anche per il larice. Simone si cala ed esce velocemente mentre io esagero con i giri di sicurezza del mio cordino Machard e scendo più lento fino alla base del buco (7/8 metri) da dove poi bisogna gettarsi all’esterno per un altro salto ma passando per una strettoia dove più volte m’incastro col mio zaino(più piccolo di quello di Simo!). Attorciglio le corde, le recupero, le rigetto, creo altra confusione e quando finalmente lascio la fenditura e mi calo verso Simon, devo poi risalire perché la corda non viene. Finalmente riesco a liberarla e chiedo scusa a Simo per il tempo perduto. Rimessa la corda ripartiamo (50 minuti dopo!) e mentre sto verificando la possibilità di scendere a sinistra (mi mancava solo un piccolo saltello) Simo mi dice che la traccia giusta piega a destra e allora risalgo. Scendiamo allora nel canale a destra e traversando poi a destra arriviamo sul fondo del canalone principale che con soddisfazione fotografiamo impennarsi orrido ed irregolare sopra le nostre teste e cinto da altissime pareti (q.1920, h 10.50). A questo punto traversiamo a sinistra e per sfasciumi andiamo a prendere lo stretto e ripido camino, alto 10 metri, che ci porterà sulla larga cengia e andare a raggiungere il barancio osservato precedentemente dall'alto. Appena oltrepassato lo spigolo con barancio Simo prosegue verso sinistra lungo la cengia fino ad una fenditura che attraversa per curiosità ma che comprendiamo esser fuori via. Torno quindi al mugo ed è evidente pochi metri dopo il punto dove le roccette sono un poco più appoggiate ma che salgono comunque con buona esposizione e che vanno affrontate con decisione ( I/II°) . Al termine di questo tratto, si prosegue in un camino molto stretto e scuro, lungo circa 15 metri, e che è poi seguito poi da altre roccette più semplici(I°) e meno esposte. Entusiasmante scoprire alla loro fine di essere sul piccolo poggio dove vegeta solitario e felice il larice visto prima dal canalone. Non soffre di vertigini evidentemente perché sotto le sue radici che l’ancorano alla roccia si apre un vuoto precipite con rocce multiformi e diroccate che danno adito a visioni dantesche. Meglio lasciar il vuoto a color che hanno ali e proseguire in salita seguendo gli ometti e poi ancora su per roccette fino ad una piccola sella erbosa, dove si vede chiaramente, guardando in direzione Sud, un ampio e bonario canalone lungo una cinquantina di metri che nel passaggio mediano(solito foro da masso incastrato) è meglio affrontare per la paretina di destra( passo II°). Simo atletico affronta il buco e ne esce con qualche trazione in più. Si prosegue quindi ancora verso Sud in leggera salita (splendida vista sui prati della Val Prampèr) e si arriva così sullo spallone in vista dell'impressionante Spigolo Gianeselli dello Spiz di Mezzo (1995m). Chiedo una foto con quella lama gialla che taglia a fette il cielo e che mette paura solo al pensiero di esserci appeso..ma che tanto attrae lo sguardo umano addormentato in orizzontali quotidianità e sedotto dalla sua straordinaria verticalità. Ora si prosegue su terreno facile per circa 200 metri, mantenendo la quota e andando a raggiungere una profonda e stretta fenditura (passaggio obbligato) che scende ripida per una ventina di metri senza grosse difficoltà. Poi avanti per qualche metro, fino al punto in cui il sentiero scompare e si trasforma in un’attraversata molto esposta su rocce piuttosto lisce e con pochi appigli(da dietro noto Simo un poco titubante e gli chiedo se è tutto a posto, cosa che mi conferma dicendo che è solo un poco stanco). Superato questo tratto psicologico, ci si trova nel punto più alto del Canalone di Mezzo, tra lo Spiz Nord e lo Spiz Est e bisogna invece di proseguire la discesa lungo l'invitante canalone, raggiungere una cengia che si trova poco visibile da sotto, circa 50 metri più in alto, sul lato opposto, salendo per sfasciumi e roccette il fondo del canalone che si trova alla base dello Spiz Est (q.1970, h 12). Ora si deve salire una placca esposta e trasversale (4/5m) per arrivare alla cengia ora evidente. Meglio affrontarla al centro e poi piegare verso destra con le prese che diventano ottime dopo i primi passi un poco di aderenza e su appigli piccoli e friabili(II°+) Fotografo dall’alto i bei movimenti di Simone che sicuro risolve il passaggio e ora camminiamo più leggeri sull’ampio cengione propriamente detto del Gonela per altri 200 metri, fino ad un ballatoio con ometto, da cui scendiamo a zig zag sull’altro lato. Ancora un poco di cengia ed arriviamo all’unico chiodo di giornata infisso nella roccia che batto per tastarne la sicurezza e da cui pendono una fettuccia ed un cordino appena più lungo. Il passaggio è aggettante e si tratta di fare un passo di circa un metro verso una zona inclinata ma non verticale come la diretta sotto il chiodo. Dopo un poco di tentativi di capire se riuscivo a passare senza appendermi, mi attacco al cordino a andando in allungo con la mano destra riesco a mettere le dita in una fessura che mi consente di mollare il cordino con la sinistrra e di poggiare con più sicurezza lo scarpone destro. Fatta! Passa anche Simo e segnaliamo che non c’ è più il secondo chiodo di cui parla invece la relazione. Ancora cengie in orizzontale, una placca da traversare usando bene le mani e i piedi sopra gli sprofondamenti del sottostante canalone e poi si va decisi verso la parete dove muore risalendo dagli inferi il canalone dello Spiz di Mezzo. Dal suo fondo ci divide un balzo di circa tre metri scuro umido e bagnato che non ho il coraggio di affrontare per la paura di scivolare e allora propongo a malincuore a Simo di usare la corda. Lui ci vuole provare e anche se non immediatamente trova in basso degli appoggi invisibili dall’alto e che gli consentono di atterrare. Grande Simo! Guidato dal basso, raggiungo anch’io festoso la terra ferma. Forse ora è proprio fatta. Scendiamo ancora lungamente per grossi massi affrontando due salti di alcuni metri, poco distanti l'uno dall'altro, che, bagnati, discendiamo con movenze più tipiche del parkour che dell’alpinismo, aiutandoci con un cordino in sede sull’secondo e che afferriamo per favorire la calata. Siamo ormai vicino alla fine e la grande banca che vedevamo lontana e apparentemente irraggiungibile dall’alto ora occhieggia poco distante. Un ultimo foro di massi incastrati consente, senza particolari difficoltà, di arrivare in fondo al canalone (1880m), dove la traccia prosegue a sinistra ed è segnalata con alcuni ometti. Ora è proprio fatta e leggeri, anche se affaticati, prendiamo a risalire brevemente la sella erbosa, fino ad arrivare ad un cocuzzolo dal quale occorre ancora salire faticosamente lungo il canale con sfasciumi che conduce alla sella erbosa (Pala dei Làres Áuta, 1912m) da cui abbracciamo prima con lo sguardo e poi fisicamente l’ormai raggiunto Bivacco Carnielli (q.2010m, h 13.30). Gli ultimi passi affannosi in salita sono i più belli perché sigillano la realizzazione di un altro piccolo ma significativo obiettivo nel tentativo di diventare l’alpinista più forte del mondo…e cioè, come disse Jeff Lowe, quello che si diverte di più. Gli dico che io sono già soddisfatto ma che non avrei problemi a fare anche il terzo viaz in programma e con piacere mi risponde che anche lui ci terrebbe a farlo. Allora, ci rilassiamo ognuno all’ombra di un larice e mangiucchiamo, io con gli occhi al cielo per intuire la possibilità o meno di arrivo dell’annunciato (da 3bmeteo) maltempo pomeridiano. Le nuvole giocano col sole e vorticano divertendosi a mescolare le mie paure. Simo non è molto interessato alla questione mentre io non gli nascondo, dal mattino, le mie paure dei temporali quando sono in alta montagna. Verso le 14.30 ci muoviamo e iniziano le prime timide gocce d’acqua. Un rapido confronto fuga ogni dubbio e proseguiamo scendendo le rocce articolate sotto al bivacco fino ad arrivare al sentiero che scende verso il Pian de la Fopa in prossimità della parete occidentale dello Spiz Sud e che subito abbandoniamo tenendoci sulla bella traccia che si stacca verso destra e punta all’attraversamento del canalone Sud. Dopo di che sempre per discreta traccia saliamo il grande fronte detritico sotto il Dente della Fopa fino ad incontrare gli ultimi ometti che conducono in mezzo ai mughi e per traccia che mi pare più evidente dell’anno passato al piccolo grande salto che l’anno scorso bloccò i miei ardori per timore e poca convinzione che fosse il passaggio giusto. Ora lo so e seguendo un anno dopo i sapienti passi di Paolo con sicurezza traverso verso sinistra su buone rocce che diventano sempre meno esposte (passi II°) fino a scendere in verticale per circa 4 metri sopra un folto di mughi quasi predisposti come crash boulder. Passaggio entusiasmante su roccia solida e sicura che diverte anche Simone. Ora il viaz è praticamente finito perché a parte un corto passaggio su cengia esposta ma non difficile, diventa una quasi sempre larga fascia detritica che corre verso il suo punto finale dove invece in vista di Forcella Sagrona, torna a stringersi regalando le ultime emozioni in vista del grande caminone forato che permette, attraverso una fenditura, di scivolare dall’altra parte della valle e che avevo già sceso l’anno scorso senza poi però riuscire a trovare il viaz. In effetti senza ometti non è poi così chiaro e come abbiamo fatto in tante altre occasioni durante questa lunga giornata, ne costruiamo uno. Poi affrontiamo la risalita che prevede il superamento di una placca friabile e verticale di circa tre metri che è meglio salire non andando a chiudersi contro parete dove ci si incastra meglio ma le prese sono un poco più piccole. Ci fotografiamo nel foro di passaggio e poi usciamo nel sole che ci accoglie e accompagna nel perdere i pochi metri di quota che ci separano dall’accogliente Forcella Sagrona (q. 2120m., h 16) dove nuovamente ci spalmiamo al sole togliendoci gli scarponi. Nel frattempo Simone verifica sul web la possibilità di scendere direttamente attraverso l’immenso Giaron de la Fopa senza fare il lungo giro dal Rif. al Pramperet. Dopo un poco dico a Simo se scendiamo anche in previsione del temporale che potrebbe arrivare ma lui mi risponde che si fermerebbe volentieri anche a lungo e che possiamo anche salutarci qui. Mi viene qualche dubbio su possibili salti che potrei incontrare ma poi mi viene in mente che le chiavi della mia auto le ho lasciate sulla sua. Simone allora si rassegna alla forzata partenza e alle 16.30 iniziamo la discesa su ghiaione purtroppo quasi sempre dal fondo duro e sdrucciolevole e sul quale con le mie pedule fatico non potendo saltare o scivolare ma dovendo sempre frenare. Simo che ha calzature più rigide e alte scende senza problemi o lo vedo allontanarsi sempre più. Dopo circa tre quarti d’ora sulla sinistra una fonte d’acqua attizza la mia arsura e mi ci dirigo per placare la sete e rinfrescarmi. Non vedo più la piccola sagoma di Simone farmi da segnavia ma proseguo la discesa semplice ma impegnativa per via delle pedule che tengono in traverso attraversando un canale roccioso pressochè pianeggiante e ingombro di grandi massi che mi deposita infine sulla quasi piana alluvionale che scende a valle con pendenza moderata. Qui posso iniziare a saltellare e corricchiare dove il ghiaione è più piccolo e arrivo così quasi alla strada che grosse gocciolone e tuoni cominciano a rimbalzare sulle rocce le prime e tutt’intorno i secondi. E’ impressionare il nero che avvolge la zona del Moschesin. Attraverso il torrente Prampera sotto l’acquazzone e i lampi e sull’asfalto corre verso Pian de la Fopa dove arrivo alle 17 sotto una pioggia torrenziale da cui trovo parziale riparo sotto un gocciolante grande abete. Ora il nero ha avvolto la zona degli Spiz. Dopo 10 minuti la pioggia cala d’intensità e riprendo a correre fino ad interrompere la corsa quando l’intensità riprende brutale fra forti scrosci tuoni e lampi in parziale avvicinamento. Dopo una ventina di minuti un lampo di sole e la pioggia che cala m’inducono a riprendere felice la mia corsa che s’arresta solo alle 18 quando arrivo a Forno e Simone già cambiato, mi stava aspettando. Stanchi ma soddisfatti dopo circa 2000 metri di dislivello, ci scambiamo un poco d’impressioni, condividiamo il momento insieme e poi ci salutiamo. Devo lottare con il sonno poco dopo la ripartenza nonostante la coca cola preventiva e dopo un pisolo in autogrill devo ancora capire adesso perché mi ritrovo all’aeroporto di Venezia. Invertita la rotta di marcia senza problemi ulteriori torno a casa veramente grato e soddisfatto per la giornata passata insieme a tanto vuoto ma con un amico in più con cui poter riempire nuove giornate sui monti. Grazie Simone per avermi chiamato, insistito e aver vissuto insieme un mio piccolo sogno alpino. Alla prossima. E grazie a Paolo che ho chiamato per raccontargli della giornata, per ringraziarlo dell’anno scorso e che sprizza gioia e serenità quando parla di montagna nella speranza di poter convidere anche con lui qualche progetto.
Foto 1 in rosso il nostro percorso Foto2 la calata nel foro Foto3 Simone sulla placca trasversale
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