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   Monte Castello di Gaino per tre, 02/11/2012
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Lombardia
Partenza  Gaino (Toscolano Maderno, BS) (270m)
Quota attacco  370 m
Quota arrivo  870 m
Dislivello  500 m
Difficoltà  AD / IV+ ( III+ obbl. )
Esposizione  Sud-Ovest
Rifugio di appoggio  Nessuno
Attrezzatura consigliata  Corda 40m, 4-5 rinvii, qualche cordini e 2-3 friends
Itinerari collegati  Monte Castello di Gaino (870m), cresta sud-ovest
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Ricordo quel pomeriggio al lavoro in cui avendo programmato l’uscita in montagna per il giorno seguente, avevo poi ricevuto un bidone nn ricordo più da chi e poi scorrendo la mia famosa playlist degli amici alpinisti, non avevo trovato nessuna disponibilità ed ero rimasto come si suol dire col cerino in mano. Il giorno libero per andare in montagna, il meteo bello ma nessuno con cui andare ad arrampicare. La mia collega che ascoltava ad ogni possibilità svanita il mio umore ingrigirsi, rideva del mio nervosismo. Ad un certo punto come un fulmine a ciel sereno, il colpo di genio. Via facile e proposta a lei stessa che sapevo essere abbastanza avventurosa. Quale idea migliore che andare sul Castello di Gaino, vista la stagione anche avanzata? Dopo sapiente opera di convincimento Cristina accetta e così il giorno dopo 2/11/2012 incredibilmente Cri si presenta a casa mia alle 5 battendo ogni suo record di precocità al risveglio. Ci dirigiamo vs il Lago di Garda, passiamo Salò proseguendo poi sulla litoranea in direzione Riva del Garda sino a Toscolano Maderno, dove si svolta a sinistra per Gaino. Giunti in paese, lo si attraversa seguendo le indicazioni Castello-Palestra di roccia e per ripida stradina dove la mia vecchia C3 tossisce e tende allo spegnimento terrorizzando la compagna di viaggio, si arriva ad una sbarra subito prima della quale a sinistra parte il sentiero per la palestra, cartello. Scarse possibilità di parcheggio, eventualmente proseguendo poche centinaia di metri, sulla destra si trova uno slargo con steccato (posto per due auto) dove sbuca la via di discesa. Parcheggiare e ridiscendere alla sbarra. Arriviamo per le 9 con cielo nuvoloso. Splendido scoglio di calcare, il Monte Castello di Gaino a NW presenta argentee pareti a precipizio sul Lago di Garda, mentre a S declivia boscoso sul pianoro ove sorge Gaino, dal quale le affilate creste che lo disegnano da E a W appaiono in tutta la loro bellezza. Tra i due versanti, il più interessante alpinisticamente è quello W, costituito da un verticale avancorpo alla cui base è stata realizzata una palestra di arrampicata, seguito da un tratto più adagiato caratterizzato dalla presenza di due bei torrioni, oltre i quali la linea torna ad impennarsi, irta di pinnacoli e speroncini, sino all´ anticima di quota 848 dove sembra placarsi, per poi scendere leggermente e proseguire pressochè orizzontale fino ad un´ ultima rampa che ne scolpisce la vetta dopo aver superato un dislivello di oltre 500 metri e uno sviluppo di 700. Un itinerario, lungo e selvaggio, poco o nulla attrezzato e segnalato con radi bolli arancio-stinto che spesso si confondono coi licheni, ma che sa regalare un´ arrampicata facile, di soddisfazione in ambiente spettacolare avendo sempre sotto gli occhi l´ azzurra distesa del Lago di Garda. Seguendo le indicazioni, dalla sbarra si sale brevemente a sinistra, quindi in falsopiano fra due recinzioni di filo spinato si taglia la montagna verso W procedendo in un bel bosco. Superata una frana, si arriva alla palestra di roccia, 15´, alla cui estremità sinistra del settore ´A´ è posto l´ attacco della via, alla base di un canalino del tutto sprotetto. Improvviso un sunto di corso alpinismo per Cri che non ha mai arrampicato e come corda conosce solo quella del bucato. Alla fine del corso riassumo tutto il suo apprendistato….va bè tieni la corda in mano, falla scorrere che tanto non cado. Lei dice che la parete le viene addosso e che non riuscirà mai a salire di li..la imbrago e salgo veloce e sicuro(???) il tratto obbligatorio più impegnativo dell’intera via (III+), piegando progressivamente a destra per rampa più semplice sino alla sosta, tre spit con catena, l´ unica presente in via. Recuperata la corda ordino a Cri di partire e non aver paura che tanto è legata. Sale lenta e in alcuni tratti si blocca…tiro tiro tiro e riesco a convincerla a muovere i piedi e spingersi verso l’alto. Il tiro dura un’eternità condito da mie mille false promesse ma alla fine la vedo sbucare sotto di me e alle 10.20 arriva. Ha gli occhi arrossati dal pianto e la faccio riposare, seduta per riprendersi dallo stress psicofisico che indubbiamente ha vissuto. Mi chiedo distrutta e demoralizzata come appare se avrà mai il coraggio di riprendere la scalata e penso ad un eventuale calata in doppia. Eppur si alza ,eppur si muove. Decidiamo di proseguire che il peggio tanto è passato. Dalla sosta si prosegue lungo lo sperone con difficoltà minori (II/II+), intervallando tratti più verticali a piccoli ripiani con ottime possibilità di assicurarsi, giungendo alla base di una placca incisa da una fessura non protetta da chiodi. Facciamo questo tiro ancora legati e Cris sale decisamente meglio e in sosta accenna a fugaci tentativi di sorriso. Evitiamo la fessura salendo a destra un bel diedro con un´ ampia spaccatura al centro (II) e arrivando in cima all´avancorpo. Da qui ci liberiamo della corda che finisce nel mio zainetto e per facili roccette, traversando a sinistra ci riportiamo sul filo di cresta, ora più abbattuto, abbassandoci ad un intaglio caratterizzato da una bellissima placca di calcare che ricorda un poco per la forma, una fetta di anguria. Sono le 12.30 e ora io seguo Cri che sale libera e più convinta, in movimenti più consoni alle sue possibilità. Sempre su spuntoni e grosse rocce aggiriamo la base di due torrioni e poi per semplici rocce rotte ad uno sperone segnato da una sorta di diedro canale al cui culmine si nota un bollo arancione. Continuiamo i nostri aggiramenti per roccette e sentierini arrivando ad una cengia che adduce ai gradoni antecedenti l´ anticima di quota 848 m(h13). Appare anche la vetta che misteriosa fra le nebbie precipita verso il basso lungo il suo severo e arcigno versante nordovest. Dall´anticima, ci abbassiamo per l´ esposto filo di pinnacoli e massi accatastati, giungendo ad uno stretto intaglio, a destra del quale si trova una via di discesa (freccia e ´D´ arancioni). Dall´ intaglio si rimonta lo spigoletto opposto (II, 1 ch con anello), e il seguente affilato tratto quasi orizzontale oltre il quale si ritrovano tracce di sentiero a sinistra del filo, che più facilmente portano al colle sottostante la vetta. Tenendosi a destra, si rimonta l´ ultima rampa di buona roccia (I) che conduce alla croce di vetta( h13.15). Non ci soffermiamo a lungo perché le nebbie impediscono la vista. Dalla vetta, percorriamo la breve cresta sommitale sino al suo termine, per poi scendere pochi metri ad un bivio dove, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, si tiene la sinistra incontrando subito un ripido tratto attrezzato con cavi al cui termine il sentiero ritorna a destra, a mezzacosta verso un roccioso colletto, in prossimità del quale si abbandona la traccia che prosegue in discesa per risalire in cresta e scollinare sul versante E affacciato sul lago. Superato un breve scalino roccioso con corda fissa, si trascura la traccia che scende ripida, risalendo invece a destra, bolli bianco rossi e ometti, costeggiando alla base le pareti rocciose della Cresta SW con vari saliscendi e passando da un cippo commemorativo. Quindi il sentiero si abbassa più decisamente via via sempre più ampio sino a divenire mulattiera e sbucare sulla strada in corrispondenza del possibile parcheggio con steccato, dal quale in pochi minuti alla sbarra(h15). Nel bosco poco prima trovo incredibili macie di chiodini con cui riempio lo zaino e allieto ulteriormente la bella giornata trascorsa in quest’angolo idilliaco. Nel marzo successivo( 19/03/2013) ritorno a ripetere la via con il mio amico Lodovico Tognali anch’ egli quasi digiuno d’arrampicata tranne qualche saltuaria presenza in falesia. Fantastica giornata primaverile senza una nuvola in cielo e col blu del lago che manda riflessi di sole. Oltre il lago fa capolino la bianca dorsale del Baldo che s’intrufola fra i rami d’ulivo. Arriviamo con calma verso mezzogiorno e alle 13 iniziamo ad arrampicare ridendo continuamente e inscenando improbabili prodezze arrampicatorie. Giornata da male agli addominali( per il ridere) più che agli avanbracci. Alle 15 arriviamo alla placca-anguria che Lodo percorre in bello stile mentre io mi dedico all’esilarante ripresa video del suo capolavoro di stile e versi che poi in suo onore ribattezziamo Placca Tognali. Facciamo un altro tiro di corda su uno speroncino e poi nei pressi dell’anticima abbiamo la gradita sorpresa di veder comparire la neve che rende ancor più incredibile la bellezza luminosa del paesaggio. Con un poco di attenzione percorriamo il crinale esposto che da verso la cima e poi ritrovando le ultime rocce assolate torniamo a poggiar le mani sulle calde rocce che alle 17 ci depositano in cima felici per la nostra piccola grande conquista compiuta tra una risata e l’altra. Chiazze di neve rendono alpina la piatta cima che da verso l’intenso blu del lago sovrastato da tutto l’innevato crinale del Monte Baldo che riflette di luce propria. Scendendo troviamo neve nel bosco sul lato nord, ma comunque di buon passo un’ora dopo siamo alla macchina dove la calda luce arancione del tramonto gioca a mettere in risalto la cresta sudovest del monte che abbiamo appena risalito. Grandeee lodo. Il 27/03/2015 nuova “gita di lavoro” con alcune colleghe infermiere. Sono della partita ancora Cristina, Anna Rossi e Patrizia che volendo provare l’ebbrezza dell’arrampicata, mi seguirà lungo la via della cresta mentre le altre due saliranno per il sentiero normale e ci ricongiungeremo in cima. Dopo le solite ovvie risate alla partenza della via finalmente col tifo di Anna e Cris,attorno alle 10, risalgo il primo tiro e comincio a recuperare Pat che spinta più dalle grida delle compagne che dalla propria convinzione, striscia sulla roccia più simile ad un serpente che ad una lucertola compromettendo un poco l’efficacia del gesto. Finchè c’è la corda è quella ad esercitare la funzione di sicurezza mentale per Patrizia che una volta slegata sul terreno facile non si tranquillizza comunque e resta in uno stato di agitazione che non le permette di godere i bei panorami o di rilassarsi per godere dei tratti di camminata. Il vuoto che comunque salendo si apre sotto di noi, è per la sua percezione troppo vicino e troppo pronto a risucchiarci e a nulla o poco valgono le mie rassicurazioni o spiegazioni. Alle 12 arriviamo alla placca Tognali o roccia a forma d’anguria di cui passando nel sottobosco, evitiamo la pur divertente salita e attraversata. E’ quindi per lei una liberazione quando dalla cresta finale vediamo le nostre compagne già in cima festanti salutarci. Ci scattiamo una foto a celebrazione della nostra scalata e poi alle 14.30 le raggiungiamo alla grande croce dove finalmente su terra solida e compagnia più rassicurante, Pat si rilassa e riprende a sorridere del suo bel sorriso che s’era smarrito durante la salita,troppo esposta e impegnativa per lei. Tranquillamente, loro chiaccherando e curiose di sapere da Pat com’è andata la scalata, io godendomi la leggerezza del loro divagare, scendiamo allegri verso il ritorno con bei panorami sulle acque del lago.
Foto1 Cris dalla sosta 2 Foto2 la “placca Tognali” Foto 3 pat sul tiro del diedrino


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