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   Pizzo Badile, spigolo Nord 2004, 14/07/2006
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Svizzera
Partenza  Bondo (Laret) (1300m)
Quota attacco  2580 m
Quota arrivo  3305 m
Dislivello  1400 m
Difficoltà  D / V ( IV+ obbl. )
Esposizione  Nord
Rifugio di appoggio  Sasc Fourà, biv. Redaelli, rif. Gianetti
Attrezzatura consigliata  1 corda da 50 mt., 6 rinvii, 3-4 friend, cordini e fettucce
Itinerari collegati  Pizzo Badile (3305m), spigolo Nord
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Quando io e Filippo decidiamo di andare a fare lo Spigolo Nord del Badile, abbiamo solo arrampicato in falesia e mai su una via superiore ai 2 tiri. E’per questo che non ne parliamo con nessuno, fedeli al motto: provare non costa nulla, al massimo torniamo. Così il 21 agosto 2003, prendiamo la via della Val Bondasca e dopo esser entrati nel bel villaggio di Bondo (m.823, 3-4 km dopo la dogana) si entra in centro al paese, e, in caso di salita con autovetture bisogna munirsi di pedaggio presso l'Albergo di Donato Salis. Alla splendida vallata si accede proprio dalla piazza dell'albergo stesso: proseguendo per alcuni chilometri si giunge al termine della carrozzabile e si lascia l'auto nel parcheggio, in località Laret. (m. 1330). Partiamo alle 15 e imbocchiamo il sentiero pianeggiante fino a che, traversato un ponte, comincia subito la ripidissima salita. Il tracciato prosegue all'ombra di un bosco e sale ripidissimo, ininterrotto, incontrando alcune cascatelle e ruscelli. Raggiungiamo u’ora dopo il rifugio Sasc Fourà (1904 mt.), che appartiene al Club Alpino Svizzero (CAS), senza averlo scorto dal basso nemmeno per un secondo. Appare improvviso e benvenuto su di un poggio al limite superiore del bosco ed è scavato nel bel mezzo di una grossa roccia, così come i costruttori lo hanno voluto battezzare (Sasc Fourà = Sasso Forato). Abbiamo tutto il pomeriggio, e lo utilizziamo per far prove di manovre con le corde nascosti dietro i sassi della valle per non farci ridere dietro. Intanto fotografiamo il mostro che come un enorme pala appare di tanto in tanto tra gli alberi. Siamo proprio frontali allo spigolo ed è impossibile non sentirne il richiamo. Dormiamo tranquilli e la sera in rifugio parlando e scherzando con altri alpinisti salta fuori la nostra preparazione, ma nessuno ci prende sul serio e sembriamo quelli forti che fanno i finti modesti. Sveglia alle 4 e alle 4.30 lasciamo il caldo del rifugio,dopo la colazione. Percorriamo al buio il sentiero che parte da dietro il rifugio e che conduce alla capanna Sciora. Seguiamo ad un certo punto gli ometti che svoltano a dx e che conducono all'attacco dello spigolo, aquota 2550 e che raggiungiamo alle 6.30. ci prepariamo con calma,facciamo foto con un atteggiamento più da gita esplorativa che alpinistica. Osserviamo il sole accarezzare la lama superiore del badile e colorarla d’arancione. Poi partiamo, aliamo tranquilli con l’atteggiamento del vediamo finchè dura. I primi tiri scorrono via semplici e saliamo a comando alternato, senza incontrare difficoltà. L’arrampicata è piacevole e ben protetta e ci piace contemplare quella fila di formichine che davanti a noi ci spiegano il percorso. Impossibile perdersi, anche perché la via è abbastanza fedele allo spigolo. Pippo affronta un tratto un poco più impegnativo che ci porta davanti alla famosa Placca Risch,passaggio chiave della sezione inferiore dello spigolo, e vedendo che sono le 11 ma soprattutto quanta montagna abbiamo ancora davanti, concludiamo che ci siam fatti abbastanza esperienza, che la salita è alla nostra portata e che più preparati ce la possiamo fare. Scendiamo quindi con calma, allenandoci sulle doppie che terminiamo solo alle 15 e poi alle 16.30, siamo nuovamente al rifugio dove sostiamo allegramente fin quasi alle 18. Poi giù all’auto, per scoprire di aver lasciato al rifugio la macchina fotografica. Leggero mal di testa, tachipirina e parto di corsa arrivando al rifugio in 35 minuti e recuperato quanto ritorno in 25. Quando Filippo mi vede non ci crede e sentenzia: miracoli del doping (per via della tachipirina assunta. Torniamo felici per aver scoperto di essere una cordata.
Ed è così che l’anno dopo, il primo di agosto, partiamo nuovamente alla volta della Val Bondasca in compagnia di Vincenzo (il papà di mia moglie) che poi ci aspetterà in Italia, quando scenderemo dalla via normale della montagna. Dopo esser nuovamente passati da Donato a Bondo ( dove acquisto il poster della parete del Badile che campeggia ancora nel mio studio) saliamo ancora una volta a Laret, e salutiamo ringraziando, Vincenzo. Ma questa volta i nostri programmi sono diversi. Abbiamo ragionato sulla salita molto lunga e deciso di salire a dormire in prossimità dell’attacco allo spigolo in modo da guadagnare un poco di tempo ed essere fra i primi ad attaccare la via. E così lasciamo Laret alle 15.30, passiamo al sasc fourà alle 16.40 dove ci fermiamo un’oretta e poi saliamo in un’ora a quota 2350 dove cercato e trovato un bello spiazzo con un poco di erbetta, decidiamo di accamparci per dormire con i nostri sacchi a pelo. Salendo, facciamo amicizia con Giona,simpatica guida che farà la salita con un cliente e trascorriamo con lui il tempo e la sera ad ascoltare i suoi racconti e opinioni sul mondo dell’alpinismo. Ricordo che divideva gli alpinisti in forti e fortissimi..e poi c’erano gli altoatesini che secondo lui erano fuori categoria e quindi non paragonabili agli altri perché superiori. La sera è serena e stupenda. Ma dopo il giorno molto caldo, la temperatura cala repentina e la notte,nonostante il sacco fa piuttosto freddo e nonriposiamo un gran bene.
Alle 6.30 come l’anno prima siamo all’attacco a quota 2550 ma quest’anno ci mettiamo un’ora in meno per arrivare alla placca Risch (h.10). Pippo la supera senza problemi e quindi proseguiamo alternandoci al comando. Ad un certo punto lui accusa una crisi di stanchezza e di fronte ad un tiro un poco verticale mi dice di andare avanti io. Capisco che se non ce la faccio, rischiamo di tornare un’altra volta e allora parto deciso e supero brillantemente la prova fissando il punto d’arrivo e non guardandomi mai indietro quando la tensione cominciava ad accumulare sudore sui miei polpastrelli. Sono in forma e anche sugli altri tiri che toccano a me, salgo veloce saltando spesso le protezioni. Arriviamo così nella sezione superiore dello spigolo di fronte a delle nuove placche lisce e restiamo stupiti dal fatto che le protezioni qua in alto siano molto meno. Siamo un poco intimoriti,perché non abbiamo molto materiale con noi, ma del resto ormai troppo in alto per pensare di poter tornare. Dobbiamo andare avanti, il Pizzo Cengalo ormai galleggia di fronte a noi solo un poco più alto. Troviamo e ci uniamo a due alpinisti che ci prestano un poco del loro materiale o facciamo qualche tiro su una corda sola e insieme alle 16 siamo sulla cresta a grosse scaglie di granito della cima dove emerge il triangolo di vetta. Baci e abbracci fra tutti e 4 e sguardo al lontanissimo e piccolissimo rifugio Gianetti che ci attende sul lunare suolo dove è edificato. Scendiamo dalla normale fra errori,doppie, disarrampicate in una moltitudine di possibilità e soluzioni diverse praticate in discesa dalla miriade di persone che percorrono questa meravigliosa traversata. Cominque alle 20, esausti, siamo al Gianetti. Filippo si fermerà a dormire, mentre io proseguo la mia corsa verso il basso perché non ho la frontale e sarà buio fra presto. Alle 21.30 sono al buio e non vedo più niente e faccio fatica a seguire il sentiero e allora mi oriento con le luci di quanti mi seguono e soprattutto precedono. Ogni tanto mi trovo nell’erba alta fuori dalla via ma piano piano le luci del paese si avvicinano e alle 22.30 sono a Bagni del Masino, stravolto ma felice. Vincenzo mi recupera e passiamo la notte in un campeggio vicino al Sasso Remenno. L’indomani torniamo.
Foto1 io nel mondo di pietra Foto2 in salita Foto 3 io e filippo in cima
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