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   sass d'ortiga spigolo wiessner(4 tiri), 14/10/2017
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Veneto
Partenza  comadore (1300m)
Quota attacco  2100 m
Quota arrivo  2634 m
Dislivello  550 m
Difficoltà  D / V+ ( V obbl. )
Esposizione  Ovest
Rifugio di appoggio  bivacco menegAZZI, RIF. tREVISO
Attrezzatura consigliata  NDA
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Eccellenti
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Nico è libero la settimana dopo ferragosto e coincidente con il mio periodo di ferie a Caprile, decidiamo di riformare la nostra selvaggia cordata. Mi propone la Tomasson in Marmolada con bivacco in parete e io subito m’infiammo, tantè che a ferragosto salgo a vedere l’attacco. Quando il giorno prima della sua salita ci sentiamo venendo io da un periodo di digiuno arrampicatorio e lui comunque non essendo in formissima fisicamente, optiamo per qualcosa di un poco più semplice. Ci diamo così appuntamento alle 7 del 17/8/2017 a Sarasin in Val del Mis in tempo per vedere sorgere l’alba sulla aprete del Sagron e da li saliamo in auto al park di Domadore(q.1330, h.7.30) da dove partiamo lungo il sentiero che per prati e boschi ameni ci porta subito al Pra de la Forca(q.1420) e poi per ampie radure con vista incredibile sul Sass d’ Ortiga, il Sass dal Camp e la Croda Granda. Ambiente veramente straordinario con i prati che a sx salgono fino a lambire le pareti della Pala d’Otro e della Madonna. Cavalli pascolano la prima luce e noi saliamo felici e leggeri nel verde con il Piz Sagron che gi guarda le spalle. Raggiungiamo così beati tre quarti d’ora dopo la Malga Cavallera( q.1680) con la vista che si apre a destra sui monti agordini e bellunesi: San Sebastiano, Tamer, Moschesin, Pramper, Talvena e poio schiara e dietro il Piz de Mezzodì il Mont Alt e il Zimon de Peralora a rappresentare i Monti del Sole. Poco dopo nel bosco tralasciamo a sx il bivio per ilo Passo Cereda, ammiriamo le sagome slanciate del Sass da Camp e della Croda Grande emergere oltre le punte degli abeti e atterriamo sul magnifico prato che accoglie il Bivaccco Menegazzi (q.1730, h 8.30). Che posto fantastico: come ti immagini la montagna con il prato il bosco e le punte rocciose! Facciamo quattro chiacchere con dei ragazzi polacchi che in questo posto fantastico hanno dormito e si dirigono verso la Croda Granda e poi ripartiamo in arcigna salita verso la Forcella delle mughe (q.2250, h10) dove ci attende un grandioso panorama sulle val Canali e le cime delle Pale di san Martino in grandiosa parata: Sass Maor, Cima Canali, Fradusta, Lastei d’Agner. Ci riposiamo ancora un poco e poi affrontiamo l’esposto sentierino (muy esposto) che conduce al forcellino d’attacco e che ad un certo punto sprofonda in un canale opportunamente attrezzato a mo di ferrata in cui scendiamo per poi risalire arrivando così al singolare e riconoscibilissimo (una volta tanto) forcellino d’attacco. Ci prepariamo, imbraghiamo e alle 11.30 Nico parte per il primo tiro salendo uno stretto camino in spaccata all'esterno, fino a raggiungere la soprastante terrazza dove ci sono 2 chiodi di sosta. La roccia è fantastica, appigliatissima e il percorso assolutamente non obbligato in quel mare di prese clessidre ed appoggi tanto che i gradi espressi dalla difficoltà dei tiri sembrano esagerati. 35 Mt., IV, III. Così parto io per il secondo tiro e mi sposto alcuni metri a sinistra sulla terrazza girando lo spigolo e salendo poi per rocce verticali fino a raggiungere una terrazza con una sosta attrezzata. Anche qui numerose clessidre per integrare. 45 Mt., III, IV-. Poi Nico parte per il terzo salendo sempre su parete molto verticale ma con ottime e solide maniglie. Segue il filo dello spigolo fino a raggiungere due caratteristici denti nei pressi dei quali sosta. Oppure cercare un chiodo (difficile da trovare) poco oltre i due denti, appena a sx del filo dello spigolo. 50 Mt., IV. Ci consultiamo perché ormai sono le 13.30, il cielo è un poco minaccioso, siamo stanchi, a Nico toccherebbe tirare i tiri duri che iniziano ora. Decidiamo per un altro tiro e allora Nico lo affronta spostandosi a destra del filo dello spigolo e poi sale fino ad incontrare un chiodo. Obliqua poi a dx, supera una profonda fessura e scala sulle rocce a destra di quest'ultima evitando lo strapiombino e l’uscita decisamente verticale fino a raggiungere il grosso pulpito soprastante con sosta attrezzata sul suo piatto basamento. 40 Mt., IV,pass. IV+, 1 chiodo. Salendo da secondo penso se affrontarlo io da secondo ma poi la corda gira a dx e seguo anch’io la linea più debole. Ora sono le 14, siamo su un magnifico pianerottolo e lo spigolo da qui si erge magnifico e verticale pronto a regalare l’ebbrezza dell’esposizione assoluta e i gradi che vanno sul V°. Una pioggerella fitta ci guida convinti alla decisione di buttare le corde per le doppie. La sosta alta non sembra affidabilissima e allora passiamo le corde in un cordino inserito nella grossa clessidra del pianerottolo. Scesi, proviamo vanamente a ritirare le corde che non ne voglion sapere di scorrere. Dopo tentativi e contorcimenti vari, Nico decide di risalire per provare a inserire una maglia rapida nel cordino al fine di migliorare lo scorrimento. Riesce con qualche difficoltà ad aggirare lo strapiombo e alfine nella manovra e torna da me, ma le corde ancora sono completamente bloccate e non danno cenni di movimento. Ora tocca a me risalire per provare a capire la situazione che probabilmente dipende dall’iniziale partenza in orizzontale delle corde sul pianerottolo che con la semplice trazione del peso delle corde determina l’attrito che impedisce loro di scorrere quando le tiriamo. Titubante mi preparo, quando improvvise delle voci da sotto attirano la nostra attenzione e poco dopo appare un teutonico climber che sale a ritmo elevato: lo informiamo in inglese del nostro problema e ci dice “don’ t worry”, che quando sarà in sosta ci penserà lui a liberarcele. Solo che in sosta non ci arriva perché la corda gli finisce poco sotto lo strapiombino e così arma una sosta credo con friend. Recupera il socio a cui quando ci incrocia ripetiamo il nostro “rope blocked”. “Don’ t worry” la sua altrettanto gentile risposta. Questi due arrampicano di corsa, non conoscono la via o non la intuiscono perché dobbiamo dirgli dove passare e il tipo affronta deciso lo strapiombino fino a quando per uscirne alza altissimo il piede dx in un movimento che mi insospettisce. Riesce comunque ad alzarsi, solo che quando arriva a caricare il piede dx gli parte un blocco enorme. STEIIINNN!! l’urlo che lancia! Facciamo a tempo solo a preoccuparci per il compagno che lo assicura, a vedere il blocco esplodere al primo rimbalzo e ad acquattarci sotto la volta rocciosa che ci ripara dalla terribile gragnuola. Poi nel silenzio tornato chiedo se è tutto ok ma il tipo in sosta dice no. Non capiamo che problema ci sia ma alla fine ci dice se possiamo chiamare l’elicottero del soccorso. Intanto il primo è salito sul pianerottolo, ci libera le corde e riesce a disarrampicare fino all’amico. La roccia è ora anche un poco bagnata e prudenza ci porta a non complicare le cose tentando di risalire al ferito: oltretutto il soccorso alpino ci ordina telefonicamente di aspettare in parete. Nico bonario e sorridente, da vero uomo di montagna se ne sta seduto e tranquillamente armeggia con le corde per preparare le doppie successive.Intanto mi guardo intorno e lo sguardo galleggia nel vuoto verso il Sass Maor e tutta la catena delle Pale di San Martino ora fino alla Manstorna e ai Bureloni. Zoomo addirittura sulla Pala di San Martino riuscendo ad individuare il nuovo rosso bivacco posto poco sotto la cima. Oltre la pala della Madonna, fa capolino la mole possente del Sass de Mura. Alle 16.45 dalla val Canali giunge prima sommesso e poi terrificante il rombo dell’elicottero che poco dopo appare regalandoci l’immagine da brivido del soccorritore già appeso per aria al verricello nel vuoto più assoluto e incredibile che sta a sinistra dove la parete precipita fino a valle. Mi prende una paura folle di essere evacuati anche noi, appesi in quel vuoto infinito. Dico a Nico di lasciar parlare me che sono infermiere e come tale mi presento. Quando l’operatore atterra poco sopra di noi gli chiedo se è tutto ok (parla di forte contusione) e se noi possiamo scendere da soli visto che stiamo bene. Dice sì e rapido come il fulmine prima che possa magari ripensarci dico a nico di andarcene veloci. Giriamo nel frattempo le immagini del doppio spettacolare recupero. Che forza e che coraggio questi eroi che si sacrificano per questi interventi veramente rischiosi: vedere l’elicottero sospeso nel vuoto con le pale che girano a pochi metri dalle rocce mette veramente i brividi. E noi allora scivoliamo a valle felici, con poche doppie riconquistando la base della parete e una pozza benedetta a cui bere per sciogliere la tensione accumulata. Attraverso il bell’esposto sentierino anche poi le molli e accoglienti erbe della forcella (h18.30) sotto un timido sole tornato a sollevarci dallo spavento e dove finalmente gettiamo a terra gli zaini per rilassarci definitivamente. Ora siamo finalmente in confort zone! Che bello starsene stedo sull’erbetta fresca e morbida giocherellando con un filo fra le labbra ed ammirare i giochi di luce ed ombra che sole e nubi fanno sulla punta del Sass Maor. Ci facciamo due risate perché le nostre uscite non sono mai banali e poi giù nella gioia di camminare allegramente su un bel sentiero verso i suadenti prati della valle contemplando nella dolcezza della sera le tenui luci che fan brillare i profili dello Schiara, del Sagron e delle sue creste, del Moschesin e del Talvena fino ad approdare poi al bivacco Menegazzi (h19) dove troviamo altri ragazzi saliti per passarci la notte allo scopo di rubar fotografie ad una sera che si preannuncia fantastica. Alle 19.30 ci voltiamo a salutare la nostra montagna che si staglia fredda nella luce serale e mezz’ora dopo in un barettino di Saresin birra e patatine suggellano nella calma delle ultime ore di luce sera le emozioni di uma giornata ad alta tensione. Ciao Nico …alla prossima avventura. Foto1 la via Foto2 Nico sotto lo strapiombino tiro 4 Foto3 trasporto ferito
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