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   Cima Soliva, parete N, via Caccia-Cesareni-Piccardi, 27/08/2016
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Onicer  fabiomaz   
Regione  Lombardia
Partenza  Diga di Scais (Agneda) (1400m)
Quota attacco  2450 m
Quota arrivo  2710 m
Dislivello  250 m
Difficoltà  AD+ / IV+ ( IV obbl. )
Esposizione  Nord-Est
Rifugio di appoggio  Nessuno
Attrezzatura consigliata  N.D.A., con buona scelta di chiodi. Friend medio piccoli. Utili i micro.
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Buono
Commento Quando Davide mi ha proposto di salire la nord della Cima Soliva io manco sapevo che la cima Soliva avesse una "parete Nord". Lo scetticismo sull'esistenza della parete si è rafforzato non di poco quando Davide è andato in avanscoperta (si trovava in zona per le ferie) e ha riportato delle belle fotografie di una parete che..con tutta evidenza NON poteva essere la fantomatica Nord su cui corre la via riportata su "Orobie, 88 Immagini per arrampicare".

La via in questione è la Caccia-Cesareni-Piccardi, magnifico trio degli anni '20 di un secolo fa, apritore di diversi itinerari orobici, con una spiccata predilezione per la Presolana. I Calegari declinano, in 3 righe di presentazione della via, ben 3 volte la parola "BELLO o BELLISSIMO". Conoscendo i miei polli non ho dubitato per un attimo che ci fosse la fregatura.

Alla fine, cercando in internet, ho trovato una foto del Rovedatti che certificava, quantomeno, l'esistenza della parete in anni recenti(FOTO 1), che parlando di quella zona di Orobie non è mica detto (vedasi Torrione del Pizzo del Salto). Ecco dunque che si è materializzata la più classica delle OROBICATE D'AVVENTURA che, nell'accezione dell'esimio dott.ing. Valota G. si contraddistinguono per
a) avvicinamenti lunghi e complicati
b) pareti brevi su roccia infida
c) temporali pomeridiani assicurati.
Ecco, la roccia non era così male, il temporale non c'è stato, ma in compenso sul punto a) ci hanno messo il carico da novanta.
L'avvicinamento è descritto perfettamente dai Calegari. Si punta alle rocce basali del Medasc lasciando il sentiero alle baite di Caronno. Si risale verso destra la lunga rampa ascendente fino a raggiungere la pietraia sotto la possente bastionata che nasconde la conca alta dell'ex vedretta del Medasc. Si risale la bastionata arrampicando per balze sulla sinistra di un ruscello (trovato cordino di calata recente) e finalmente si raggiunge la conca alta da cui si vede il passo dei Camer e la parete del Soliva.
Quello che non si dice è che la rampa è nel frattempo (inteso come gli ultimi 30 anni) diventata una giungla amazzonica di arbusti alti da 2 a 4 metri, da cui siamo usciti bagnati fradici e neri come la pece, seguendo la vaga traccia di un corso d'acqua muschioso.
Raggiunta la conca ci si trova davanti alle vestigia del piccolo ghiacciaio del Medasc, diviso in 3 parti e con in vista molto ghiaccio nero e lucido.
Nel disegno di 88 immagini la via si alza poco sopra il limite della neve. Oggi occorre superare un cinquantina di metri di ghiaione detritico.
La parete, vista frontalmente, non dà il meglio di sè. Appare priva di strutture definite e ci siamo chiesti se fosse possibile proteggersi decentemente. Nella parte bassa è contraddistinta da una successione di placconate di gneiss compatto che a destra risultano inclinate e sovrapposte, al centro più verticali e affiancate. Nella parte mediana risulta più appoggiata, di roccia rotta e piuttosto verde. tranne che a sinistra dove si trovano altre placconate appoggiate. segue un salto verticale, solcato da alcuni camini, e poi un altro tratto appoggiato porta in cima.
La linea di salita parte a destra, all'inizio di un netto canale che scende da un intaglio, poi risale verso sinistra le placconate inclinate. Si procede alzandosi progressivamente man mano che le placconate lo permettono, salendo per 3 volte alla placconata superiore (dal III° al IV°+, 1 passo leggermente strapiombante, ottima possibilità di proteggersi a chiodi o a piccoli friend) (FOTO 2: Davide su una delle placconate, indica l'unico chiodo trovato in via, un vecchio chiodo a anello a cui si è staccato l'anello).
Arrivati nella parte centrale abbiamo seguito le placconate a sinistra, di roccia migliore (max IV°)), finendo però un po' troppo spostati e a un certo momento ci siamo trovati "in libreria", termine che per me rende bene quei tratti di roccia tipicamente orobica, verticale o quasi, formati da pile di roccia fessurata e rotta della dimensione e forma del dorso di un libro, con la brutta tendenza a uscire se trazionati verso l'esterno.
Un traverso verso destra su queste insicure e improteggibili "scaffalature" ci ha riportato in un camino verticale, con passi non difficili ma delicati su roccia più solida e...da qui per facili roccette, in vetta. (FOTO 3: tracciato della salita). La discesa avviene facilmente dalla normale, passando dalla Bocchetta della Foppa e dalle miniere del Vedello.

Commento finale: se ami solitudine, tintinnar di chiodi e pestar di martello, gradi non difficili e una buona dose di avventura..allora l'tinerario non è buono, è ottimo.
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