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   cima di caronno (tentativo), 30/09/2014
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Lombardia
Partenza  valbondione (900m)
Quota attacco  2550 m
Quota arrivo  2950 m
Dislivello  400 m
Difficoltà  PD+ / II ( II obbl. )
Esposizione  Est
Rifugio di appoggio  bivacco corti
Attrezzatura consigliata  obbligatori ramponi
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Accettabili
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Che mondo affascinante quello dei monti selvaggi che danno sulla vedretta del Lupo e di cui continuo a pensare di percorrere integralmente la cresta dalla Valtellina fino alla Cima del Redorta. Per questa volta mi accontenterò di salire le Cime di Caronno. Stranamente libero da impegni familiari riesco ad abbandonare Cavacurta insolitamente presto e alle 14.15 del 29/09/2014 sono già pronto alla partenza da Valbondione in una giornata ancora afosa col cielo azzurro grigiastro. Passaggio al Coca alle 15.45 con nebbie e luci che giocano sul palcoscenico come se il Pizzo Coca fosse una rockstar. Vedo poco dopo due grossi maschi di stambecco scornarsi e smettere perché più incuriositi dalla mia presenza che presi dalle loro lotte. Arrivo al laghetto di Coca in un ambiente surreale di fumi nebbie da cui spuntano ogni tanto guglie e pinnacoli. I riflessi del Lago di Coca incantano anche senza sole. Poi arrivo all’altezza dei tre canali fantasma tua e centrale segnalati da residui conoidi nevosi alle loro basi e terminato l’approccio in falsopiano comincia la dura risalita verso il passo. Quando sono già abbastanza alto vedo l’incredibile spettacolo di una transumanza di pecore che a centinaia traversano un nevaio. Arrivo così alla pietraia finale e salgo circondato da una cucciolata di stambecchini che si divertono a saltare e rincorrersi: che spasso! Alle 17.45 sbuco al Passo di Coca(q.2645) e immediate nella costiera che ho di fronte a sinistra, vedo emergere le mie cime e quella del Lupo con il porola a destra e lo Scotes a sinistra. La vedretta del Lupo brilla nell’ultima luce serale e il Dente sfida le nebbie che salgono la sua cresta in lotta con il cielo. Lontano, a nord, il gruppo del Bernina si prepara al sonno coprendosi con la coperta violetta. Affascinato dalla lotta fra il dente e le nebbie prendo a scendere il nevaio voltandomi di tanto in tanto per vedere chi vince. Vince il dente che fotografo finalmente libero sullo sfondo azzurro serale. Colgo l’attimo in cui la luce del sole sale rapida sul nodo del Druet illuminandone le creste spettinate. Sono quasi al Corti quando fotografo la pallida Vedretta e sullo sfondo il cono arancione del Dente che sembra un falò acceso come fanno i lampioni in città quando cala la sera. Nella luce che cala guardo i costoloni scendere dalle cime di Caronno e riesco a zoomare sul puntolino rosso del Bivacco Resnati laggiù in fondo alla confluenza con la vedretta del Marovin. La parete nord del Coca si erge erculea e massiccia a proteggere questo angolo di paradiso dai rumori e sognante in questa valle che mi scalda il cuore nel suo abbracio serale,arrivo al Bivacco Corti(q.2500,h19). Seduto fuori sulle pietre a guardar la valle vedo che i salti di neve finiscono ben presto e la Vedretta scende spoglia fino al Resnati unica immagine poco consolante di questo regno dimenticato. Poi consumata la cena esco un poco nel buio e sento smuover di pietre molto vicino. Mi accorgo solo poco dopo del branco di stambecchi che incuriosito rovista attorno al bivacco. Poi a nanna in un silenzio surreale sotto le pesanti coperte che tutto attutiscono. Alle 6.40 sono fuori al gelo dopo rapida colazione ad osservare la linea di cielo gialla che oltre le guglie dei Cagamei annuncia la nuova giornata e porta un velo di luce. Faccio una foto alla pagina del diario firmata da me anni prima e punto lo sguardo sulla montagna: dovrò attraversare detriti e poi il nevaio sperando di non trovarlo troppo duro e insidioso. E invece è una dannata lotta coi ramponcini a 4 punte e tanti rischi inutili(neve dura e ramponcini che si girano) ma riesco dopo tanta apprensione ad abbrancare le rocce del costolone. Sono già le 9 ma finalmente salgo e guardo il nevaio come un naufrago appena salvatosi dal mare in tempesta. Salgo rocce per circa 100 mt di dislivello ma poi due passaggi di III° mi ostacolano e insospettiscono: metto la testa fuori dal più breve ma ciò che vedo non mi convince. Dopo vari tentativi alla ricerca di passaggi più semplici, mi arrendo al tempo che scorre a alle difficoltà: da solo rischierei troppo e senza corda mi precluderei il ritorno anche se forzassi questi passaggi. Disarrampico con attenzione soprattutto una placca ormai in vista del nevaio che in salita avevo superato agevolmente. La neve è ancora gelata, rischio veramente tanto di partire senza possibilità poi di fermarmi e le mie attenzioni sono tutte verso il trovare la linea più tranquilla per tornare al Coca. Senza ramponi non ci sono le condizioni per mettermi a cercare la via giusta. Altra memorabile lotta di tentennamenti e salti fra i buchi delle crepacce terminali e poi finalmente accedo alle sicure rocce del Passo coca (h 10.30) dove ritrovata tranquillità rivedo la situazione e mi rendo conto di aver tentato di salire non il costolone centrale ma quello più affilato di sx (in realtà c'è un altro costolone a sx ma non scende dalla cime di caronno e qui è stato il mio errore). Fotografo più volte i tre costoloni e il punto d’attacco di quello giusto, dove passa la Via Baroni sulla quale i passi si fermano al II° grado. Tornerò e non sbaglierò. Poi scendo nella conca dei giganti dilettandomi a fotografare i vari canali dove residui di neve indicano genesi e percorsi. A mezzogiorno bevo dalle acque chete del laghetto del Coca e piano in un giorno lattiginoso, la giornata sfuma in attesa della rivincita. foto 1 geografia del nodo porola lupo caronno foto 2 in rosso la via giusta in blu il mio tentativo foto 3 i tre canaloni
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