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   Cresta nord pizzo Rondenino: via Longo-Martina, 28/07/2013
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Onicer  fabiomaz   
Regione  Lombardia
Partenza  Carona (1116m)
Quota attacco  2100 m
Quota arrivo  2749 m
Dislivello  600 m
Difficoltà  AD+ / IV ( IV obbl. )
Esposizione  Nord
Rifugio di appoggio  Rifugio Longo
Attrezzatura consigliata  N.D.A., una mezza da usare doppiata, indispensabili chiodi e martello
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Via Longo - Martina con variante Poloni-Benigni

Il Pizzo Rondenino risulta poco più di uno slanciato gendarme della cresta tra bocchetta di Podavit e Aga, se visto dalla conca del Calvi, ma dalla val d'Ambria è una signora montagna. La sua lunga parete di placche compatte è divisibile in tre settori. A destra il grande avancorpo che sale a saldarsi con la cresta nord, al centro una parete verticale e repulsiva che poggia su un grande zoccolo e, a sinistra, una lunghissima placconata che sale fino alla cresta con pendenze crescenti.
La nostra via sale, per 600 metri di dislivello verticale, lungo la parte destra della parete, con le maggiori difficoltà concentrate nei primi 200 metri, la variante, per poi proseguire con una lunga arrampicata piacevole e continua di secondo e terzo grado, superando 3 intagli, e infine saldandosi alla cresta principale a circa 80 metri dalla vetta del Rondenino.
Quello che ci attraeva di questa salita, trovata su 88 immagini per arrampicare e di cui nulla siamo riusciti a trovare in internet o da una ricerca in biblioteca (anche le guidi TCI la nominano ma non la descrivono) era appunto l'assoluta mancanza di notizie che promettevano una salita di ri-scoperta, l'ambiente in cui si svolgeva, uno dei tratti di Orobie meno battuti, il fatto di essere la parente piccola di una famosa cresta che ci attira molto e per cui questa era un "allenamento".
Quello che invece ci preoccupava era la qualità della roccia.
Diciamo subito che quest'ultimo aspetto ci ha piacevolmente sorpreso. Siamo oramai sgamati a decifrare il linguaggio dei Calegari in 88 Immagini. Roccia ottima = roccia buona, roccia buona = roccia molto delicata, roccia a tratti buona = roccia pessima a tratti decente ma delicata. E invece no: la roccia, nella parte della variante e in alto è decisamente buona per essere orobica. Nella parte centrale è più sfasciumata ma solo nei tratti dove si viaggia sul facile e appoggiato e, oggettivamente conviene andare slegati muovendo quindi quasi nulla.

RELAZIONE:

AVVICINAMENTO:
Dal rifugio Longo salire al passo di Cigola (m. 2485) su ottimo sentiero. Sul versante valtellinese il sentiero purtroppo sparisce tra sfasciumi e nevai. Abbassarsi come si può aggirando il grande sperone dell'Aga, fino a raggiungere il sentiero 1 e seguirlo in direzione della bocchetta di Podavitt. Rimontata una antica morena, la parete compare di colpo (e che colpo...).
ATTACCO:
La relazione dice che si attacca nel punto più basso della cresta in corrispondenza di un grosso masso. Oggi questo non è più vero. Il grosso masso si trova circa 80 metri più in alto e a destra del punto più basso.

SALITA:
Dal masso salire per 30 metri sul placche compatte e appoggiate. Poi si sale su terreno più verticale per circa 100 metri. Traversare qualche metro a sinistra fino a un poco marcato diedro e risalirlo giungendo in un tratto più appoggiato al termine del quale fare sosta (fessura ben chiodabile).
Dalla sosta salire verticalmente per il muretto che la sovrasta (sembra più facile da sotto) arrivando su terreno più appigliato. Risalire il filo di cresta fino a uno spigolo verticale. Io qui mi sono spostato a sinistra su una liscia placca appoggiata "a libro" a 3/4 della quale ho fatto sosta su 2 chiodi e un BD verde. Tiro non difficile ma io, in 30 metri, non ho trovato punti per protezioni affidabili.
Dalla sosta alzando lo sguardo si vede un grosso chiodo ad anello, poco sopra c'è un secondo chiodo Cassin meno visibile. E' il tratto chiave della salita. Purtroppo la roccia si è deteriorata per cui nessuno dei due chiodi è davvero affidabile e la fessura in cui è infisso il chiodo ad anello si sta aprendo. Questo complica un po' le cose perchè c'è da fare un passo delicato e molto aereo, su protezioni psicologiche e roccia non buona. Fatto il passo tuttavia le difficoltà si esauriscono, si procede fino a quando possibile e si fa sosta.
Da questo momento si procede su terreno più facile, seguendo il filo di cresta e giungendo a 2 piccoli intagli che obbligano a riabbassarsi di qualche metro. La roccia peggiora in questo tratto e conviene slegarsi per non muovere sassi.
Dopo il secondo intaglia si affronta un breve muretto ben appigliato e si ricominciano a trovare passaggi di III° grado più frequenti. La roccia migliora nuovamente. Si prosegue senza passaggi obbligati fino a un terzo più marcato intaglio dove l'avancorpo si salda alla cresta. SI scende per una ventina di metri e poi si ricomincia salire o per solide placche fessurate o per diedri e caminetti, mai difficili, tenendosi dapprima nettamente a sinistra della cresta per poi riavvicinarsi progressivamente.
Qui può essere interessante spostarsi verso la vetta del Rondenino, ora ben visibile, su placche solide e fessurate che offrono sicuramente un'arrampicata più tecnica ma di soddisfazione. Io, un po' provato a quel punto, ho chiesto a Davide che guidava la cordata di "fare l'alpinista" e quindi tenersi sul terreno più semplice.
Un paio di esposti ma non difficili traversi su cenge inclinate permettono di guadagnare gli ultimi risalti e quindi la cresta principale, poche decine di metri a destra della vetta del Rondenino.

DISCESA:
Seguire la cresta traversando verso l'Aga. Noi ci siamo abbassati prima di raggiungere l'Aga, traversando per sfasciumi e prati verso il sentiero che scende al passo della Selletta e da lì alla diga del lago del Diavolo. Non è un itinerario piacevole ma in un'ora e mezza eravamo alla diga e da lì al rif. Longo.

Bella salita di ricerca in ambiente davvero isolato e severo. Decisamente lunga. Come tipo di difficoltà mi ha ricordato la Kuffner ai Palù, ovviamente su roccia Orobica, con frequentazione zero e senza protezioni in loco e forse per questo abbiamo impiegato quasi il doppi a percorrerla (4 ore e mezza). L'unica vera difficoltà la presenta il passaggio chiave, soprattutto perché la roccia si è deteriorata. Peccato per il lungo e ravanoso avvicinamento/discesa sennò mi sentirei assolutamente di consigliarla anche ai non cultori del genere.

1) Il Rondenino spunta
2) La placca appoggiata appena sotto il tratto chiave
3) La parte finale e la vetta.
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Immagini             

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