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   Vs il Talvena invernale, 30/12/2023
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Onicer  oscarrampica   
Gita  Vs il Talvena invernale
Regione  Veneto
Partenza  Soffranco  (600 m)
Quota arrivo  2000 m
Dislivello  1400 m
Difficoltà  F
Rifugio di appoggio  casera costa de i Nass
Attrezzatura consigliata  ciaspe
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento L’ultimo anno al lavoro è stato massacrante dal punto di vista psicologico: non mi piace più fare l’infermiere perché hanno disumanizzato la mia professione trasformandomi in un ibrido a metà tra l’operaio e un impiegato della salute. Non ho più pazienti ma bulloni e passo più tempo al pc che con loro. Non c’è tempo per due parole o un sorriso. Scopro di avere una settimana di ferie..Armin è a Caprile e mi viene una voglia matta. Vado da Dani con due occhioni come quelli del micio di Shreck e gli chiedo se è ipotizzabile una fuga dalla famiglia in direzione Dolomiti. Non dice no…capisce mia moglie quando sono a terra o quando la montagna mi manca come l’aria che respiro..ed entriamo nella dura fase di programmazione dell’evento. Alla fine si opta per giovedì e venerdì ma mercoledì sera finita la cena strappo un ulteriore sconto e partooo dopo le 21. Punto Vicenza e una strada che il navigatore da lì in poi sceglie sempre diversa ma infine alle 1.30 sono in casa al calduccio degli 8 gradi presenti e mi infilo nel lettone già pronto. Il mattino dopo il risveglio è un poco traumatico…sono sommerso dai ricordi degli infiniti fantastici momenti trascorsi in questo luogo..mi sembra un museo ..coi giochi dei bimbi sparsi nei cassetti qua e là e tutto mi ricorda la gioia qua vissuta e la bellezza di tempi che così d’oro non torneranno. Telefono a Dani per dirglielo quanto mi mancate tutti e poi m’impegno a scuotermi di dosso la malinconia. Parto in direzione Soffranco dove ho deciso di recarmi in esplorazione per provare l’indomani la salita al Talvena..neve permettendo. I guai cominciano al Belvedere perché la strada è ghiacciata da un sottile strato di neve pressata e la mia Peugeot con le sue gomme ridicole non ne vuol sapere di salire e dopo derapate e serpentine varie, decido di ascoltarla ed invertire la direzione. Invece di arrivare in discesa dal Passo Staulanza, scenderò a Belluno e risalirò dal basso la Val di Zoldo fino al punto di partenza che si trova a soli 600 m. di quota. Passo da Longarone, sotto lo Spiz Gallina che prima o poi ci dovrò salire e inizio a risalire, fotografo la diga del Vajont e poi mi fermo davanti al cartello del paese a fotografarlo perché mi vien da ridere.. e rischio di essere sbranato da un cane che ne tutela probabilmente la privacy. Dietro il cartello i bianchi profili di Pelf Schiara e Cima di Nerville che nn riconosco. Mi inoltro per stradina asfaltata e viscida per il gelo nella Valle del Grisol fino al Pont de Piera a quota 667m dove lascio l’auto in questo incastro di torrenti e valli che qua insieme confluiscono ( Grisol e Grave di San Marco ). Fotografo le verdi e spumeggianti acque che scendono a balzi tra le marmitte e le rocce stratificate e dopo aver mangiato un panino mi avvio sulla stradina asfaltata vs la Val Costa de i Nass che sono le 13.30. Sono in ombra fa freddo e penso che domattina sarà meglio vestirsi bene, le luci sono alte sulla Cima del Nono e de la Cazeta..non le raggiungerò mai. Passo dalla Casera Pepin e raggiungo velocemente il Pont de la Cengia dove c’è il divieto di transito. Seguo la rotabile e traverso ancora il Grisol al Pont de Picio. Alle mie spalle adornate per l’inverno le selvaggie Torri del Pescors..qui è tutto un richiamo. Passo un poggio belvedere con panche che danno sul fiume e una grande cascata e poi a sorpresa abbandono la rotabile per seguire un cartello che mi fa infilare nel bosco indicandomi la via per il Rif. Sommariva. Pochi minuti dopo per traccia nel bosco non proprio evidente raggiungo la Casera Costa de i Nass trasformata da un gruppo di cacciatori locali in un bellissimo e confortevole bivacco-casetta in legno con stufetta e letti (q. 950, h 14.15). Proseguo di ritmo eccellente nonostante non sia allenato perché alla serie delle noie fisiche che mi hanno impedito continuità nell’allenamento (strappo al bicipite femorale, covid, infiammazione bandelletta).. si è aggiunto ora il mal di schiena..segnali di gioventù. Passo sotto le enormi precipiti ed imbiancate cime del Bachet..un paesaggio quasi strano per essere dolomitico. Traverso il torrente dopo un lungo tratto pianeggiante non aiutandomi con il cavo in acciaio steso all’uopo. Oltre un grande bosco di faggi e il sentiero leggermente innevato da seguire come una highway. Ora inizio a salire decisamente il fianco a sinistra mentre a destra si alza l’imponente muraglia delle Pale de la Cazeta. Vedo da sotto la cascata gelata e affronto i primi tratti di neve oltre i 10 cm per arrivare con un ultimo ripido strappo ai circa 1500m. della cascata del Pissandol, bellissima in questo ambiente selvaggio, gelido ed austero. Foto da spedire..un occhiata al cavo che sale a superare la fascia rocciosa e una all’orologio(h 15.30) per avere la conferma che è ora di tornare perché essendo partito presto e con ambizioni solo esplorative, non ho con me la frontale e alcuni tratti in discesa sono da perdersi se fatti al buio. Alle 16.30 inizia a scemare la luce, alle 16.45 inizia a finire e alle 17 al buio pesto raggiungo l’auto. Memorizzo per l’indomani. Torno con coda a belluno e vado a letto dopo una cena abbondante con una bottiglia di rosso trovata aperta. Riscaldato da Bacco m’infilo sotto le coperte e punto la sveglia alle 3…per giocarmi tutte le possibilità di farcela. Scendo ancora a Belluno perché temo ancora di non farcela a valicare il Passo e riprendo la stradina oltre Soffranco…gelata le gomme pattinano a tratti e guido sulle uova…decido di non prendere la stradina in ripida salita vs il Pont de la Cengia..ma quando ci arrivo l’istinto che come sempre guida le mie azioni non mi fa rallentare per parcheggiare a sx come avevo pensato ma accelerare nella speranza di riuscire a superare la pendenza…scelta giusta e mi ritrovo oltre a proseguire fino al cartello di divieto dove parcheggio in uno spiazzo e in auto procedo alla vestizione..fuori -6°! Alle 5.20 esco nella notte che sarà ancora lunga visto la stagione e parto al fascio della frontale. Mi prende dopo poco un’ insolita tensione e quasi paura di lupi od orsi che mi riporta ad una notte in cui tornavo dal parco dei Cento laghi dove i lupi c’eran davvero. Cammino inquieto e quando arrivo al bosco e mi c’infilo, la tensione scompare e mi rendo conto di come negli spazi larghi della rotabile mi sentivo facile preda osservata mentre ora il bosco mi protegge. Incredibili queste sensazioni ancestrali che abbiamo scritte nel nostro inconscio dove albergano magari da millenni..ci penso felice perché le lascio libere di uscire. Sogno e sento da sempre un legame soprannaturale con la Natura che mi circonda. Non capisco questa umanità che non è in grado di scoppiare di felicità e commozione per un alba un tramonto, una montagna, un mare, un insetto, un fiore, un albero. Nel buio ringrazio di esser passato qua ieri altrimenti avrei perso molto tempo nel rintracciare i segni. Illumino la casera alle 5.50, poi il cavo sul fiume, la svolta della carbonaia dove inizia il tratto ripido che sale al Pissandol. Sono le 6.30 e l’oscurità è ancora completa, solo il cono della mia frontale spezza il nero totale e avvolgente. Dieci minuti dopo salendo, a est, una punta d’alba m’ispira parole troppo dolci per dirle..un triangolo rovesciato porta un filo di giallo azzurro e blu che rompono il dominio delle tenebre e ne segnano l’inizio della fine. Quando arrivo al Pissandol sono le 7.15 e c’è abbastanza luce anche se per affrontare il tratto delicato e attrezzato preferisco non spegnere la frontale. Una cengia nevosa sul vuoto rivela tracce di passaggio di cervi..mi sembra incredibile..le tracce parlan chiaro..e loro non possono afferrare il cavo. Affronto tranquillo gli zig zag successivi fino al passaggio chiave rappresentato da una placca rocciosa sul vuoto dove oltre al cavo sono stati posti due gradini metallici. Sotto un balzo di una cinquantina di metri. Esco nel bosco sopra dove la copertura nevosa è diventata continua e la vista oltre i larici sulle soprastanti punte dei Cadini di Cornia che si alzano porpora vs il cielo azzurro tiepido. Un cartello sopra un grosso abete indica località Sora ‘l Scalet q.1590 e Rif. Sommariva a 50 min. Iniezione di ottimismo. L’alba domina alle mie spalle colorando di violetto le nubi che striano il cielo e sempre più le rocce dei Cadini…che spettacolo! Poi la neve si alza e il paesaggio boschivo diventa fiabesco perché i faggi sono completamente brinati e la neve non si è ancora scelta trasformando il bosco in un presepe. Tutto assume incredibilmente una sfumatura violacea…sembra un panorama ritoccato con Photoshop. Poi come recitano i testi..la latifoglia cede il posto alla conifera e sono gli abeti a dominare in un susseguirsi di magiche radure dove il problema è solo seguire il sentiero che ormai non si vede più e la coltre nevosa che si è alzata e ostacola non poco il mio incedere. Ma è un sogno essere qua e alzo commosso lo sguardo alle creste rocciose dei Cadini sopra di me che ora stanno virando dal porpora alla commozione dei primi baci della luce che sta per raggiungerle. Arrossiscono all’inizio lievemente poi sempre più imbarazzate s’infiammano per l’ardore del sole che le inonda di calore e luminosità a fasci sempre più forti. Ringrazio per essere qui ora e guardo incredulo oltre la coltre di rami imbiancati le rocce diventare sempre più arancioni e creare in me un incendio di emozioni. Sopraffatto fotografo e mi perdo fra i seni nevosi che abbelliscono questo tratto pianeggiante. Scatto un capolavoro che potrebbe ispirare un quadro nell’incredibile contrasto tra la biancaneve appesa ai rami e la roccia accesa che brucia di colore appena dietro. Intuisco a caso, spesso sbagliando, la direzione da seguire fin quando una depressione o un segno nella neve, mi riportano vs la via maestra. Uso il cell, che conferma la posizione corretta sul sentiero. In questa zona mugosa è lotta con gli elementi che si frappongono alla mia avanzata e non vedo segni. Leggo le pieghe della montagna per provare ad intuire dove passi il percorso sepolto dall’abbraccio della neve. Dietro le mie spalle, imponente il Col Nudo osserva la scena. Esco dai mughi, un segno su un albero riporta il buon umore ma poi riprende peggio di prima la battaglia nella mugaia coi loro rami piegati dalla neve e che rilasciano imbiancandomi quando il peso del mio passaggio, li libera dalla morsa che li tratteneva. Mi vien regalato un altro scatto in cui oltre i mughi coperti di neve, si stagliano contro l’azzurro del cielo un abete verde dalla folta chioma e due larici dorati ma spogli. Incredibile contrasto di mondi e colori diversi. Ora alla mia sinistra il profilo della cresta delle Cime di Zita si alza poderoso e io seguo una bianca via che si è aperta lo spazio nella mugheta…sembra un sentiero da ammirare più che da sporcare col mio passaggio. Intanto a destra prima spunta e poi domina la sagoma a castello del Pramperet. Mi sono alzato e la valle dietro di me si è aperta e il Cimon tiene compagnia al Col Nudo. Davanti a me tanta candida neve e mammelloni in cui affondo rimpiangendo di non aver pensato alle ciaspe…appaiono le rocce assolate delle Balanzole..il panorama si apre e incredibilmente entro in una grande piana dove vedo una casa in muratura ormai a portata di mano. C’è tanta neve almeno 30/40 cm di polvere e quel centinaio di metri che mi dividono dall’edificio, m’impegnano parecchio..ma alla fine tocco le sue mura che mi riparano dal vento che spazza questo grande catino. Casera Pramperet (q. 1775, h 9). Sono fiducioso, ho perso tempo nella neve ma è prestissimo e mi fermo per la prima pausa. E’ incredibile questa piana vallata coperta di neve e racchiusa in un abbraccio dalle pareti che la circondano. Nubi bianche striate si muovono veloci e libere nel cielo blu..e a me sembra di stare in Alaska..sensazione di libertà infinita di spazi senza confini che provo a trattenere fotografandoli e amandoli prima di conoscerli. E’ bellissimo e mi faccio un selfie per ricordarmene. Breve colazione e venti minuti dopo, viro a destra della costruzione sulle tracce del sentiero che sale fra i mughi e che perdo subito. Salgo allora dritto per dritto una zona nevosa libera fra gli arbusti innevati e poi ritrovo quella che sembra una traccia e che vira piana vs sinistra. Seguo la linea bianca che fra i mughi serpeggia e improvvisamente alle 10 mi trovo davanti le biancorosse finestre del rifugio Sommariva q.1850. Mamma mia che bello riessere qua in una situazione completamente diversa da quando ci passai con Alberto impegnati nel tentativo di traversata degli Spiz che sarebbe naufragato in Val Cornia poco dopo alla ricerca del passaggio del viaz Sora la Fopa. Imperiosa sopra di me a sx la paretona della Cima Zita Nord e la punta della cima de Mezzo che sbuca dietro. Poi la cresta scende al valico della portela del Piazedel, il mio prossimo obiettivo per risalire alle creste delle Cime de le Balanzole. Proprio davanti ai miei occhi dopo i prati ora bianchi dei pascoli della Val Pramperet, stà come un turrito castello il gruppo del Moschesin e alla sua destra Tamer Forzelete e Gardesana: che spettacolo di rocce asolate striate di venature bianche. Sopra il rifugio domina la sagoma del Pramperet e il possente Spiz del Tita. Ammiro il bellissimo ligneo bivacco invernale cui hanno dato il nome di Villa Carmela e che sembra una sauna costruita in mezzo alla neve e guardato l’interno riprendo cinque minuti dopo il mio lavoro da spazzaneve con l’intento di trovare nel mondo bianco e immobile che mi stà davanti, almeno l’inizio del sentiero vs il Talvena. Mi muovo dispiaciuto in questo universo bianco ed immacolato che violento e macchio con l’impronta dei miei passi che sfregiano irreparabilmente l’armonia creata dai cristalli caduti come dono dal cielo. Cammino a passi lenti nella coltre avvolgente in direzione del Moschesin seducente per troppa bellezza. Il mare bianco non mi dà punti di riferimento e lo calpesto casualmente senza direzione…mi giro a vedere la mia traccia solcare il bianco nulla e per scoprire di non stare sognando. Poi raggiungo un cartello che sembra un rebus perché le frecce indicano qualunque direzione ma nessuna al tempo stesso. Non c’è via…solo bianco. Ritorno in direzione del rifugio per altra via e grazie all’app dei sentieri individuo il passaggio nascosto e (dopo aver perso mezz’ora nel girotondo..) inizio a puntare in salita vs la Portela del Piazedel, valico che mi permetterà di passsare dietro la possente Cima di Zita e proseguire vs la mia meta. Il sentiero ora è facile da seguire, una scia bianca fra i mughi ma la neve ora alta rallenta la marcia. Ora dopo un’ampio giro ad arco, sono sopra la piana della Casera e alzandomi si vede Cima Pramper dietro quella del Pramperet che mi ha accompagnato per buona parte dell’ultimo tratto. Poi improvvisamente oltre i Cadini di Cornia e Cima de la Cazeta sbuca il boss friulano, il Duranno con la sua forma maestosa ed inconfondibile. Ai suoi fianchi Cima dei Preti e Laste. Continuo a traversare e la Cima de Zita assume una straordinaria forma a piramide dietro il cui spigolo il sole prova ad uscire per regalarmi una seconda alba. Luce e gioia, infinito e presente ballano insieme. Sono ora sotto le rocce illuminate delle Balanzole e sopra un canalone nevoso ampio (penso ad un fiume in primavera) che scende vs la piana e che mi fa venir l’idea di percorrere in discesa evitando il lungo giro che mi ha portato fin qui. Sono le 11.30, il tempo passa e io salgo troppo lento per pensare di riuscire ad arrivare in vetta e poter tornare in tempo utile. Mi impongo di terminare il grande traverso che ho iniziato e valutare oltre il costone quanto mi mancherà per la Portela. Ci arrivo un quarto d’ora dopo…mi mancano meno di 100m di dislivello ma ancora un vallone da traversare e poi un canalone innevato. Troppo tempo..sono anche stanco in viaggio da 7 ore ormai e serenamente abbraccio la conca in cui mi trovo e le volto le spalle. Ora si vede a destra del Pramper la Cima di Bel Prà e un poco del sorapiss, mentre a sinistra fa capolino il Bosconero. Contraccambio il loro saluto e scendo raggiungendo immediatamente il canalone davanti al quale mi fermo un attimo per capire se è veramente la scelta giusta per risparmiare tempo. Grandi salti non mi sembra di vederne e allora viaaaaaaa..scendo a razzo scivolando sulla neve felice come un bambino e mi sembra di essere in pista come nell’era glaciale. Freno talvolta ma cè cosi’ tanta neve che non sbatto mai il culo…neppure quando faccio un salto di un paio di metri che fotografo dopo il mio passaggio. Poi la pendenza diminuisce ma sono ormai veramente vicino alla grande piana e con energia affronto le ultime lotte impari fra buchi e colmi di neve . Atterro sul piano e dopo averlo attraversato per intero alle 12.30 sono nuovamente alla casera felice della scelta operata e del tempo così recuperato. Mi merito il panino al formaggio che ieri sera con tanto amore mi sono confezionato. Quanta bellezza in questi gesti semplici che riconciliano con la Natura e il suo canto. Sono felice mentre mastico e medito, mentre in silenzio la mia mente si fonde con l’Universo. Venti minuti dopo mi alzo, saluto questo incredibile ambiente e mi butto sulla traccia dell’andata che ora sarà facile seguire…e in discesa. Ripasso sotto i Cadini di Cornia che brillano di luce piena ora mentre stamattina erano fiammanti. Arrivo al Pissandol in cui baratro si apre improvviso davanti a me e mi fa uscire dalla dimensione contemplativa nel quale il bosco innevato mi aveva trincerato. Occhi aperti per un paio di minuti mentre aiutandomi col cavo supero i punti esposti, dove è vietato scivolare e guadagno la base del salto per le foto d’addio a questa bella cascata gelata che ho incontrato spesso in questi giorni magici. Sono quasi le 14 e il solco della Val Costa de i Nass si apre davanti a me come la fessura da cui dovrò tornare nel pianeta degli umani dopo essere stato nel regno dell’Infinita Bellezza. Ripasso dalla baita e voglio bene a quel sole che gioca le ultime carezze di giornata sul capo della Cima de la Cazeta ed entro nel buio del bosco. Poco dopo le 15 orario assolutamente insolito, sono già all’auto…senza rimpianti. Rifotografo il cartello Soffranco che mi permetterà di scoprire cos’è un meme e prendo la via del ritorno scegliendo visto che ci son state due giornate di sole di prendermi il rischio di passare per lo Staulanza. Idilio in Val di Zoldo con l’immenso versante sud del Civetta e col cupolone del Pelmo che dall’altra parte va a fuoco. Poi inizia il dramma dopo Pecol coi primi tornanti gelati..siamo a 1500mt di quota e mi chiedo come farò ad arrivare a 1800. Per fortuna la copertura di neve non è continua e con molteplici sbandate e pattinamenti riesco comunque sempre ad uscirne..salgo a 10/15 km orari in prima e col sistema Eps inserito che provo casualmente e che in effetti mi aiuta parecchio. Raggiungo la spianata del passo e capisco che forse il peggio è passato perché in teoria la trazione in discesa dovrebbe essere minore. Infatti riducendo ulteriormente la velocità va tutto bene fino a quando il sistema Eps smette di funzionare e io inizio a pattinare..metto le 4 frecce ogni volta che un’auto mi raggiunge per invitare al sorpasso. Alla fine dopo Pescul la neve finisce e mi rilasso un poco riuscendo ad arrivare sano e salvo a casa quasi tre ore dopo la partenza. Ora che mi preparo la cena vien tardi e sento Dani se posso tornare domattina. Con gioia e ringraziando accolgo il suo sì. Ritorno sabato mattina e quando vedo il verde Brenta scorrere fra i prati decido che è il momento di fare una pausa. Mi siedo sul bordo delle acque e lascio volare via i miei pensieri..liberi e felici..anche senza aeroporti dove atterrare. Due giorni che mi hanno completamente rigenerato nel fisico e nella mente. Grazie montagna. Tornato, sento il mio amico gommista che me le regala sempre e quando gli invio le foto…mi risponde inorridito. Vieni subito domattina che con quelle gomme ti ammazzi anche qui in piano.Mi metterà poi delle gomme invernali …ricordandomi che non sempre i “santini“ aiutano. Grazie Luciano, ti voglio bene.
F1 tratto esposto al salto del Pissandol F2 alba di fuoco sui Cadin di Cornia F3 piana della Casera Pramperet
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