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   sul Viaz (dei Camorz), la prima volta, 09/08/2013
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Onicer  oscarrampica   
Gita  sul Viaz (dei Camorz), la prima volta
Regione  Veneto
Partenza  Pian de la Fraina  (950 m)
Quota arrivo  2000 m
Dislivello  1500 m
Difficoltà  F
Rifugio di appoggio  no
Attrezzatura consigliata  passaggi molto esposti su cavo e di arrampicata o disarrampicata fino al II° grado. utile corda per doppie o per sicurezza,nde
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Momento storico perché per la prima volta dopo averlo sognato, studiato cercato e infine trovato sono e siamo pronti per affrontarlo e cercare di percorrerlo interamente. Sono giorni d’estate e mentre io me ne sto a Caprile in vacanza con la mia famiglia, il mio famigerato compagno, alias Nico mi raggiunge in Dolomiti. Dormiamo a casa e poi nella notte giù per la val Cordevole fin quasi a Belluno, ma prima scartiamo a sinistra passiamo da Barp, saliamo in destra orografica del torrente Gresal per rotabile asfaltata di circa 2 km. Superata la radura prativa di Pian dei Castaldi, si arriva in località di Pian de Fraina (q. 950 m - limitato parcheggio) dove la stradina muore in un bosco di castagni. Lasciamo l’auto di Nico nelle prime tenui luci del giorno che s’intrufolano nel fitto del bosco che sono le 6 del giorno 9 di Agosto 2013. Dal parcheggio ci incamminiamo per l´ evidente mulattiera segnavia 590, passando subito sotto un caratteristico arco di pietre e si perviene ad un bivio con indicazioni. Lasciata a sinistra la traccia per la vicina chiesetta di San Giorgio, si sale verso destra tra erbe e qualche alberello, fino ad una selletta in vista della Val Cordevole ( Forcella S.Giorgio- q. 1302 m - ore 0,30). Dalla Forcella la buona traccia inizia a salire tra mughi verso N, si superano due banali saltini rocciosi (cordino metallico), e si perviene alla base di un canale ingombro di massi. Lo si risale senza difficoltà fino ad uscirne sulla sinistra, quindi per pala erbosa si raggiunge una selletta tra i mughi (q. 1510 m). Si abbandona ora il sentiero principale 590, che raggiunge la cima con lungo e meno logico percorso, e si volge decisamente a sinistra tra i mughi, indirizzatri da bolli giallo-rossi. Costeggiata una fascia rocciosa con un grande landro, si risale lungamente la larga e ripida banca erbosa (bolli gialli), seguendo labili traccie a ridosso delle rocce. Più in alto si imboccano due successivi canalini ben segnalati e obliqui verso destra, fino ad uscire lungo una cengetta oramai alla base delle rocce sommitali di pala Alta la cui cima si trova poco a sinistra, ma fuori dalla direzione del nostro percorso(q.1933,h 7.30). Si vede il nostro futuro oltre il vuoto che ci divide dal burel e dalla Schiara mentre a sinistra la linea di cresta raggiunge la verdeggiante Pala Bassa. E’ una giornata grigia e tutto tace nel lattiginoso mattino. Più lontani dormon anche il più verdeggiante Talvena e il più roccioso Pelf. Dorme anche la piana della Val Belluna e noi contempliamo la targhetta affissa da Miotto tanti anni fa e che segna ufficialmente l’inizio del Viaz. Fotografiamo la roccia su cui è infissa insieme ad indicazioni scritte a mano, come fosse un luogo sacro..e noi lo sentiamo un poco così. Partiamo emozionati lungo la traccia abbastanza evidente, intuitiva logica e ad un certo punto abbandonata la linea di cresta divalliamo a nord e guardandoci capiamo che ora entriamo nel vivo, sprofondiamo nei segreti passsaggi custoditi da queste rocce e che il grande Miotto ha saputo disvelare. Il paesaggio diventa subito ostile, austero ma affascinante e misterioso come solo questi luoghi selvaggi e selvatici sanno essere. Per cenge e canaloni scendiamo a nord sempre sull’orlo di grandi precipizi che atterrano in val del Piero. Luoghi mirabili che meriterebbero miglior frequentazione…che per fortuna non hanno. Siamo soli col rumore dei nostri passi in un continuo e meraviglioso susseguirsi di cenge sul vuoto e canaloni dirupati, ma mai difficili, fino a quando…Fino a quando alle 8 da poco passate mi fermo incantato ad osservare impaurito e smarrito l’incostante linea d’erba che taglia in orizzontale la vertiginosa parete della Cima Est di Pala Alta per arrivare alla chiazza d’erba dall’altra parte che è la Forcella di Pala Bassa. La prospettiva rende inverosimile il passaggio. Ci avviciniamo timorosi e guardinghi, il silenzio accentua il mistero del luogo. Sembra che il terreno debba sparire improvvisamente dai piedi ma un esile sentierino percorribile ci porta a cambiare visione che, meno frontale, resta impressionante ma perlomeno accettabile. Tutta l’esile cengia corre sul vuoto ma i due tratti più esposti, sottili e paurosamente inclinato sono serviti da un cordino metallico che facciamo scorrere fra le mani rifiutandoci di porre in esso la sicurezza delle nostre vite. Nico è davanti, io lo seguo e ci fermiamo per scattarci reciprocamente foto del nostro ardimento. Comunque si passa e la Forcella ci attende verdeggiante raccontandoci di un futuro più sereno. Con passi che poggiano su terreno sempre più rassicurante raggiungiamo il porto sicuro di Forcella di Pala Bassa(m. 1646, h 8.30). Anche guardandosi indietro qualche brivido corre ancora lungo la schiena e torna a sembrar strano d’esser riusciti a passare per questa linea apparentemente invisibile. Riprendiamo a seguire la traccia misteriosa che segue più o meno la linea di cresta fino a salire sull’esposto percorso che porta a guadagnare la cima della Pala Bassa (m. 1860,h 9.30) fra vertiginosi ma non difficili passaggi sul vuoto che ci circonda che cade sulla Val Cordevole e dietro i Monti del sole e cade sulla Val del Piero che anticipa Burel e Schiara. Davanti a noi invece il Tiron sfregiato dalla sua grande frana, la tonda cima dei Sabioi e dietro l’arcuata cresta rocciosa del Pelf. Cominciamo la mugosa discesa su F.lla Medon guidati dai provvidenziali segnavia giallorossi che permettono di non smarrirsi nell’intrigo di rami e con la costante sensazione che da un momento all’altro si possa precipitare..ma c’è sempre un palmo di terreno che spunta improvviso per poggiare quasi sicuro il piede. Arriviamo ad una finestra che si apre nella roccia assicurata da un cavetto metallico, un successivo tratto di disarrampicata, e un’oretta dopo un insidiosa placca spiovente che porta a metter giù il culo per non assecondare la sua inclinazione sul vuoto ci crea qualche momento di apprensione. Dopo superiamo un altro salto nel vuoto scendendo un canale da cui ci caliamo in doppia sfruttando una bella clessidra e che scopriamo una volta giù, essere parallelo ad uno attrezzto col cavetto. Poi ancora traversi parecchio esposti protetti da cavi metallici e un caminetto da disarrampicare ci portano alla base della parete rocciosa che guardandola sembra incredibile che siamo scesi proprio di lì. Bah…segreti del Viaz. Alle 11.30 arriviamo e facciamo un poco di pausa alla Forcella del Medon, crocevia di valli repulsive ma anche possibile via di fuga verso la val belluna. A mezzogiorno dopo il gentil dono di alcuni fiorellini viola cresciuti fra le calcaree rocce, scendiamo nuovamente a nord, nuovamente per bellissime cenge aerre,canaloni preciti e salti rocciosi dove muoion perfino i camosci( solo per poco non metto le mani su una carcassa abbandonata su un masso). In discesa da un grande canalone troviamo rocce bagnate da cui cerchiamo di bere avidamente nonostante il cielo bigio e poi prendiamo a risalire il seguente canale sempre guidati dai magici segnavia giallorossi senza i quali sarebbe veramente arduo non perdersi. Il lungo canalone ci porta praticamente sulla cresta e poco dopo sulla Cima dei Sabioi, tre metri sotto quota 2000( h12.45). Da questo pulpito si domina la piana di Belluno, le opprimenti e prossime intricate creste dei Pinei che spariscono quasi dominate dai superiori e possenti infiniti teatri rocciosi del Burel Schiara Pelf. Dietro in un dedalo di punte il percorso del nostro cammino, vicina la smussata cima del Tiron con la croce che appare minuscola. Riprendiamo ad avanzare per creste vs i Pinei un poco intimoriti dal cielo che si è fatto un poco più scuro, una salamandra ci sussurra di no preoccuparci ma alle 15 un rombo lontano di tuoni e nuvole nere possenti avanzano minacciose dai monti del Friuli. Me la faccio sotto, un temporale su queste creste è la fine certa e dopo l’inferno del Polluce, la grazia ricevuta al Baitone, non me la sento proprio di sfidare la sorte un'altra volta ancora e alla fine convinco Nico a mollare la presa e a perder quota finchè siamo in tempo. Fuggiamo inseguiti da un temporale che non ci raggiungerà mai ma che ci spaventerà a sufficienza col ruggito dei suoi tuoni e la luce dei suoi lampi. Sappiamo che faremo tardi su un terreno impervio che non concede sconti e quindi cerchiamo di muoverci velocemente e mi dimentico completamente,strano, di fare foto Alle 18.30 siamo di ritorno a Forcella Medon e ci buttiamo speranzosi nel vallone che appare percorribile anche se non c’è traccia alcuna. Iniziamo la discesa per l’ampio canale per lo più roccioso navigando a vista per evitare i salti più insidiosi e dovendo disarrampicare spesso ma senza mai incontrare difficoltà tali da dover usare la corda. Ma è un viaggio infinito dispersi in questa marea di sassi e massi modellati dal passaggio delle acque che furono. Due ore più tardi quando scendono le luci della sera, il fondovalle non è più così lontano e superiamo la chiusa della Val Medon (passaggio caratteristico tra due alte pareti rocciose fra cui passano incanalate le poche acque rimaste) nelle ultime luci del giorno, immettendoci così sulla carrozzabile che ci possiamo permettere di percorrere anche al buio. Sono le 22.20 quando allucinati entriamo nel paese di Gioz di cui fotografo il cartello che splende bianco alla luce del flash nel buio più totale. Telefono a Gian che ci verrà a prendere per riportarci alla nostra auto dopo un odissea di 17 ore di cammino. Grazie Nico per la solita incredibile ed imperdibile avventura. Torneremo, questi luoghi ammaliano…non ti mollano più. Foto1 Nico divalla a nord Foto2 la cengia di Cima Est Foto 3 io su cima Sabioi

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