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   spettacolo piacentino, 02/11/2021
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Onicer  oscarrampica   
Gita  spettacolo piacentino
Regione  Emilia Romagna
Partenza  Passo Linguadà  (930 m)
Quota arrivo  1356 m
Dislivello  600 m
Difficoltà  E
Rifugio di appoggio  no
Attrezzatura consigliata  da escursionismo
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Stranamente coincide una 2 gg di vacanza fissata da qualche famiglia della mia Associazione con un weekend libero dal lavoro e allora con Dani Elisa e Viola partiamo per il Piacentino vs la casa ai Frassini poco dopo Montereggio ad una decina di Km(pochi in linea d’aria, essendo proprio di fronte sull’altro lato della valle) da Groppallo. La sera mi faccio subito una corsetta su per i 300 mt di dislivello che un tratturo supera per arrivare alla massima elevazione del dosso oltre i mille metri e dove trovo nel boschetto sommitale una mazza di tamburo,qualche chiodino e dei pergnoli. Poi torno di corsa per la cena insieme e provo ad invitare qualche adolescente presente a fare un’escursione mattutina e dopo le loro lamentele per l’alzataccia, fissiamo l’orario di partenza per le 8. Non si presenta nessuno l’indomani e quindi parto libero di farmi il giro che voglio. Raggiungo in auto il poco distante Passo di Linguadà che dall’altra parte scivola in comune di Bardi,nel Parmense. Dopo aver parcheggiato imbocco il sentiero ben segnalato vs i Monti Lama e Menegosa( q.930, h8.30). Corro e dopo pochi minuti di salita incontro un trivio dove da destra sale il sentiero che arriva da Bruzzi, Groppallo, Bobbio e a sx si scende vs Bardi e Pontremoli. Io proseguo dritto entrando al termine della salita(venti minuti circa) in un bellissimo bosco di faggi variopinti. Corro leggero sul tappeto di foglie marroncino costretto a fermarmi solo per fotografare tanta bellezza che si presenta in forme sempre diverse. Alle 9 sono già al bivio di Costa delle Strinate(m. 1250) dove dopo un attimo di smarrimento nel fogliame che tutto copre trovo su due betulle le indicazioni a destra per il monte lama e dritto per il Menegosa. Viro a destra e in falsopiano proseguo nella faggeta fino ad incrociare e superare un grosso tratturo che sale dal basso e scende dall’altra parte. Un minuscolo cartellino su un albero mi indica di proseguire e ora il sentiero a piccole svolte sale svelto limitando il mio ardore da runner. Incrocio delle rupi scure che affiorano dalla nebbia e aggiratele a sinistra rientro in un boschetto che poi improvvisamente spaiana e si apre sugli immensi prati sommitali che sono sferzati da un vento micidiale che mi bagna come se piovesse. Pazzesca questa immensa e piatta cima grande più di alcuni campi di calcio in cui non i raccapezzo sulla direzione da prendere. Poi camminando a destra, dalla nebbia emerge la grande croce che segna il punto più alto o forse solo quello più centrale ( h9.15,m. 1345). Nella nebbia provo a seguire i sentieri che scendono dal versante opposto a quello da dove son salito ma ben presto l’app mi segnala che sono fuori rotta e allora ritorno sul prato della cima e scendo nuovamente a Costa Strinata( h.9.35) dove questa volta imbocco l’ampio sentiero per il menegosa che prima in lieve discesa e poi in falsopiano mi porta ad un bivio dove il 903 sale alla mia montagna o scende vs il P. di Santa Franca e a Teruzzi(h 9.45). Comincio a salire per coste rocciose nere e vulcaniche dove l’erba gialla dell’autunno crea colorando la nebbia incredibili cromatismi. La salita si fa aspra e il vento sempre più forte tanto che son costretto a ripararmi dietro ad un masso per togliermi il gilet e metterci sotto la maglia pesante. Mangio anche una barretta e quando riparto son felice della scelta di essermi coperto perché ora camminando in cresta sono terribilmente esposto. Il sentiero ora sale deciso vs quella che penso essere la cima addirittura servito da qualche spit sulle rocce alla mia sx. Proseguo oltre e in pochi minuti arrivo al bivio dove a destra si va per la cima di Morfasso e quindi tiro dritto riprendendo a salire un giallo crinale che dona un poco di colore alla nebbia che tutto copre. Alcuni ripidi passi e alle 10 sopra un agglomerato di rocce, raggiungo la croce del Monte Menegosa( m. 1356). Il sole a tratti compare timidissimo e sfuocata palla lattiginosa dietro le nubi e poi torna a nascondersi per cui scendo per andare a vedere poco convinto la cima di Morfasso. Prendo a seguire il bel sentierino su terra scura e in cresta, passando accanto ad un curioso arco di roccia e arrivo pochi minuti dopo ad un poggio erboso alla cui dx si alza una torre rocciosa che salgo convinta sia la cima. Quando mi giro la nebbia si alza un poco e alle mie spalle vedo un altro piccolo complesso roccioso sul quale c’è la croce. Un ulteriore schiarita mi permette di considerare la bellezza del posto e tornato al poggio erboso faccio i pochi passi necessari ad aggirare un roccione e salirne un altro passando accanto ad una tavola di pietra e raggiungendo alla fine la bella croce della Vetta di Morfasso(m.1320, h 10.15). Arrivandoci per un attimo si squarcia il velo di nubi e vedo il cielo azzurro sopra come fossi su un aereo ma dura poco e ben presto vento e gelo tornano a farmi rabbrividire. Cerco un riparo vanamente, in attesa di una schiarita che non arriva. Provo anche ad addormentarmi ma i brividi me lo impediscono. Decido a malincuore di tornare ma ho da poco cominciato a scendere che si apre lo spettacolo regalandomi un’incredibile visione della valle che mi sta sotto con rocce nerastre che emergono punteggiando la landa giallo scuro che le ospita. Per sfondo tra le nebbie che ricamano il cielo azzurro i boschi tinti di rosso giallo arancione e verde. Mamma mia che spettacolo e senza esitazioni torno sui miei passi per riguadagnare la cima ritornata nel frattempo ad essere inghiottita dalle nebbie. In questa schizofrenia di veli che si alzano e abbassano mi sembra di essere un cieco che torna a vedere e appena posso cerco col telefonino di fermare le immagini fantastiche che appaiono quando si alzano i veli bianchi delle nubi. Riesco a cattare qualche foto col cielo azzurro che incornicia i gialli e ocra profili di queste creste del menegosa che sembrano paesaggi di un altro pianeta. Poi scendo seguendo il filo verso una piccola rocca rocciosa al centro di questa vallata incredibilmente scozzese e mi arrampico fino alla sua sommità che precipita per una cinquantina di metri sul lato opposto a quello da me salito. Visioni d’incanto sulle creste prima percorse che ora nelle tinte autunnali fanno mostra della propria bellezza rocciosa su sfondo ora azzurro. E’ un paesaggio di una bellezza incommensurabile come raramente mi è occorso di vedere. Un tripudio di colori, la festa dell’autunno che consegna all’inverno questa dote straordinaria da custodire e far rinascere a primavera. Un canalone di rocce grigie precipita e racchiude nel suo abbraccio roccioso il sottostante bosco dai mille colori: verde giallo rosso marrone arancione per uno scatto memorabile. Una nuova sferzata d’azzurro rende ancor più emozionante la vista delleonde rocciose che luccicano perfino tanta è la gioia che esprimono per essersi liberate dal vello lattiginoso che celava la loro diafana bellezza. Incredibile, non credo ai miei occhi…malo sa la gente della bellezza di questo luogo?...penso fra me e me. Riprendo a salire con le nebbie che tornano e s’alzano solo un attimo per farmi intravedere la cima del Menegosa vicinissima in linea d’aria. Poi alle 11 inizio a scendere con la fantastica visione dei boschi sottostanti che sono tutta un’esplosione di luci e colori che prima mi erano stati nascosti. Scatto sequenze di foto di una bellezza inaspettata e dai cromatismi e contrasti incredibili. Poi quando sto per rientrare nel bosco le nebbie si dissolvono del tutto e il paesaggio sembra incendiarsi sotto i raggi del sole con le rocce dalle tinte caldissime abbracciate dalle erbe autunnali che le cingono e incoronano. Sembra di essere in certe foto che vedi degli States, nei paesaggi che descrive Carlos Castaneda nei suoi libri ambientati nelle zone desertiche del Messico. A due passi da casa. E’ un onda di luce e calore ad impedirmi di correre perché continuamente mi fermo a fotografare; poi sparisco nel bosco ma la meraviglia continua perché è come essere entrato all’interno della fabbrica dei colori dove faggi betulle frassini, aceri danno il meglio di sé per creare memorabili set foliage che catturano le mie emozioni costringendomi a soste continue. Alle 11.30 ripasso dal bivio di Costa Strinata. Corro sorvolando e coperto dalla bellezza, con soste contemplative per immagazzinare l’oro giallo che ovunque risplende. Scatti fra i più belli di sempre entrano nella mia collezione e non riesco a smettere. Ogni angolo di bosco è un esplosione di colori e di contrasti e il mio occhio non trova pace rimbalzando entusiasta e in preda a raptus di meraviglia e incredulità. Tappeto di foglie marroni fusti grigi di faggi che s’alzano verso il cielo azzurro e foglie giallo e verdi costruiscono lo spettacolo. Poi la faggeta torna più autunnale con le foglie tra il giallo e l’arancione, e poi ancora d’oro e quasi abbaglianti. Il bosco in festa canta e danza al mio passaggio e io rendo grazie. Poco prima dell’arrivo al Passo il bosco s’apre su un verde prato circondato da larici di tutte le tonalità che vanno dal verde al giallo all’arancio e al marrone con qualche spruzzata di rosso d’Acero. Non riesco ad atterrare da tanta bellezza ma del resto anche il Passo Linguadà mi attende in abito di gala circondato da boschi infuocati. Campane lontane suonano il mezzogiorno, la festa della vita continui….io ci sono dentro. Perfino scendendo mi fermo a fotografare quest’orgia di colori e in particolare un incredibile esemplare di acero rosso e un surreale policromismo di foglie che hanno chiamato tutti i colori a danzare la gioia di vivere. Tornando, con Dani ci fermiamo a raccoglier foglie per abbellire le pareti del nostro nido. Per ricordare la meraviglia creativa a cui abbiamo assistito. Spettatori non paganti.
Foto1 la cima di Morfasso Foto2 autunno in festa foto3 festa di luce
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