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   Selvaggio Blu parte 1, 18/10/2021
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Onicer  oscarrampica   
Gita  Selvaggio Blu parte 1
Regione  Sardegna
Partenza  Pedra Longa  (0 m)
Quota arrivo  0 m
Dislivello  1500 m
Difficoltà  F
Rifugio di appoggio  no
Attrezzatura consigliata  passaggi attrezzati e con scale di ginepro attorno al II° grado nella salita qa Punta Giradili
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Erano anni che l’idea girava in sottofondo ma mai concretizzatasi per le difficoltà organizzative legate ai tanti giorni necessari..non ci avevamo neanche mai provato…solo se ne parlava come qualcosa di bello, che era da fare. Poi quest’anno Ste compiva 50 anni e parlavamo di fare qualcosa di bello in montagna..per festeggiare…magari l’Eiger, che tanti anni fa avevamo tentato insieme. Poi il coinvolgimento delle consorti per una condivisa vacanza in Sardegna fa decollare il nostro progetto e prima dell’estate dani prenota i voli quasi gratis per le 10 persone della nostra famiglia e la casa e le 2 auto. Non resta che organizzare il nostro trekking che prevediamo di fare più velocemente rispetto ai tempi canonici e con la questione acqua da risolvere. Un estate ricca di opportunità mi impedisce di prepararmi con buon anticipo ed è solo dopo le giornate passate sul Bus del Diaol che mi butto nello studio del percorso. Acquisto il libro di Versante Sud e quando non mi convince del tutto anche quello nuovo di Verin che va ad aggiungersi allo storico vecchio. Ste non ne vuol sapere di provare a filtrare l’acqua del mare e farlo in assoluta autonomia e ci pieghiamo alla logica dei rifornimenti assistiti. Vengo a sapere dalla foto inviatami da un amico che è necessario prenotarsi e riesco a contattare la segreteria del Club di Prodotto Supramonte che ormai mancan pochi giorni alla partenza. Il primo contatto è da incubo perché la segretaria mi dice che non possiamo dormire dove vogliamo e sotto le stelle ma dobbiamo dirle dove e quando. Entro in panico perché non mi è chiaro se queste parole rovinano il nostro progetto o possiamo semplicemente fregarcene. Ristudio il percorso e gli butto li il nome di tre ovili e piccata mi risponde di avermi già inviato al mattino i luoghi predisposti per il bivacco e che negli ovili è TASSATIVAMENTE vietato dormire. La faccenda assume una brutta piega perché mi spiega che lei mi deve confermare i posti per i bivacchi, se questi sono liberi. Riguardo disperato il foglio che mi ha mandato che è un elenco di coordinate apparentemente intraducibili e telefono a billy per ottenere chiarimenti. Nel tempo che mi richiama arrivo a ipotizzare che il misterioso foglio dispone 4 posti tappa sottodivisi in varie piazzole. Con billy verifichiamo che è proprio così traducendo le coordinate sulla carta e la mattina successiva invio i tre fatidici posti tappa. Finalmente arriva la conferma desiderata: possiamo pagare e tenere la ricevuta come permesso da esibire. Lo stress è finito e posso dedicarmi a finire in fretta e furia a terminare la stesura del nostro percorso che sarà una variante un poco più alpinistica del Selvaggio Blu originale con alcuni tratti di un percorso chiamato Areste. Colle, penne,evidenziatori per creare il filo su carta che unisce i vari tratti e provare a prevedere i tempi di percorrenza che stimo in circa 35 ore da S. Maria Navarrese a Cala Fuili. E finalmente il pomeriggio prima della partenza la preparazione del materiale e dello zaino dove stiparlo. Decolliamo da Orio al Serio alle 8.30 e alle 10 del primo di Ottobre,tocco per la prima volta nella mia vita la terra sarda. Macchine a noleggio e via per strade che mostrano già il volto severo ma sempre solare di queste montagne. Arriviamo a S. Maria Navarrese da dove faremo partire il nostro trekking con un paio d’ore di costa prima di entrare nel wild e dove abbiamo appuntamento con Claudio di Explorando Supramonte che ci appoggerà con un rifornimento di acqua. La sua franchezza è stupenda e complice la sua proposta di portarci gratis in gommone a Pedra Longa lo insigniamo subito del titolo di nostro amico. Irripetibile opportunità che prendiamo al volo salutando in fretta e furia le mogli che non siamo abituati da alpinisti a mollare sui moli. Rimbalziamo sulle onde che ci dispiegano immediatamente queste montagne tonde ma che precipitano a mare con immense e verticali falesie arancione, che si susseguono come onde pietrificate fino al lontano Capo di Monte Santo che luccica lontano nel sole. Davanti a noi in avvicinamento rapido la guglia che da il nome al nostro punto d’approdo e che anticipa la pinna di squalo della Punta Giradili nostro primo obiettivo. Il contrasto con il blu profondo del mare è impressionante: viaggiamo in un quadro in movimento mentre Claudio ci spiega che lui come tutti in paese, hanno voltato le spalle al mare perché son tutti figli di pastori che vivevano sui monti. Montanari del mare. La visione della Pedra Longa dal mare è d’incomparabile bellezza e la vediamo da tutti i lati alzarsi prodigiosa verso il cielo assalita da climber numerosi e piccoli come moscerini. Impressionante passarci sotto. Alle 15 saltiamo dal gommone sugli scogli e ci ritroviamo sulla terra ferma. Abbiamo lasciato a Claudio anche le due mezze corde da 30 metri che ci porterà con l’acqua, valutando che nella prima parte del percorso non ne avremo (speriamo) bisogno. Ci guardiamo un poco smarriti in mezzo ai bagnanti e alla gente che affolla questo angolo di paradiso insolitamente affollato data la stagione e risalita la striscia d’asfalto ci troviamo rapidamente al tornante dove è segnalata la partenza del sentiero di Selvaggio Blu. E’ l1 ottobre del 2021 ma sembra estate, con la gente che fa il bagno e noi in pantaloncini e maglietta. Il sentiero ben evidente ci regala subito la sorpresa di assistere alle capre selvatiche che scalano le piante e brucano le foglie sospese sopra i rami orizzontali. Punta Giradili incombe sempre più maestosa emergente dal tappeto verde che la circonda. A sinistra il mare regala seduzioni di blu e azzurro. Sorpassiamo l’esile ruscello di Baus dove bevo molta acqua dall’unica fonte che troveremo su tutto il percorso. Dopo un’ora arriviamo all’ovile Fenile dove sbagliamo per la prima di un’infinità di volte proseguendo sul sentiero a mezza costa e invertendo il senso di marcia quando era ormai evidente che ci stavamo allontanando lasciandoci alle spalle. Ritornati all’ovile prendiamo la deviazione verso sinistra e meno evidente che però ritrova vigore dopo l’incrocio con altri sentierini provenienti dal basso e cominciamo a faticare e sudare alzandoci per pietraie sotto le imponenti pareti della montagna. Muraglioni enormi di calcare grigio e arancio si alzano per centinaia di metri sopra le nostre teste e noi iniziamo a seguire l’ampia e comunque sul vuoto Cengia Giradili fin quando alle 17 dopo aver superato un cancelletto e controllando relazione e traccia gps individuiamo l’attacco della paretina che abbandonando il sentiero principale ci porterà in vetta direttamente e saltando il passaggio per l’Ovile Piggius. Una rete marcia ci indica che siamo al posto giusto e pioli in ferro aiutano nella progressione che sfiora il II° grado, poi un passaggio in traverso su placche appoggiate ci porta ad un passaggio facilitato dal ponte in ginepro e superato lo spigolino un poco esposto ancora tronchi di ginepro aiutano nella progressione qui ancora piuttosto verticale. Ma le difficoltà restano contenute perché il ginepro aiuta ancor di più che il mugo in dolomiti e qui è appoggiato ad hoc. Ancora una scala di ginepro e poi un cavetto d’acciaio per superare uno spigolo esposto ci guidano fuori dalla parete che abbiamo superato in mezz’oretta. Per roccette e campi solcati cerchiamo l’orientamento più che verso la cima verso la nostra direzione che è quella di ritrovare il sentiero originale e proseguire poi costeggiando il Monte Ginnirco per arrivare all’Ovile Sa Enna. Cominciamo a scendere dall’altipiano, passiamo sotto dei grandi lecci, incrociamo maiali selvatici incuranti del nostro passaggio e alle 19.15 un poco stanchi e ormai al calar della luce intercettiamo i ruderi dell’ovile troppo basso per pensare d’infilarcisi sotto. Ste trova un ripiano di sassi e ci accontentiamo del posto cominciando un poco a spianarlo e a liberarlo dalle pietre un poco più grosse. Abbiamo sete le nostre riserve idriche lui 3 lt e io 2,5 sono già abbondantemente intaccate e mangiamo qualche barretta e noccioline prima di prepararci alla notte che scende rapida col suo carico di umidità. Siamo stanchi ma anche eccitati e parliamo sotto un cielo meraviglioso come da tempo non vedevo, trapunato di stelle e su cui domina la Via Lattea, ormai impossibile da vedere in una Val Padana preda dell’inquinamento luminoso. Scaccio a sassate i maialini che tentano nella boscaglia sotto di noi l’avvicinamento e ristabilito il silenzio ci abbandoniamo nelle braccia di Morfeo. Ste ha un sacco più grande e caldo e si avvolge come un bozzolo nei teli leggeri che ho portato qualora piovesse. Il mio sacco, più piccolo e segnato ormai da molte avventure, s’inumidisce presto e al mattino patisco un poco di freddo tant’è che al primo chiarore esco volentieri dal mio involucro bagnaticcio e mi godo l’aria decisamente più secca. Sono le 6.30 e la luce filtra oltre le nubi che coprono il mare ad oriente. Accendo un fuocherello coi ramettini di ginepro che crepitano immediatamente..altro che i mughi dolonitici…disfiamo il campo ,facciamo colazione e alle 8 partiamo,che fa già caldo. Viaggiamo sulla serra in paesaggi nuovi per me che mi ricordano le descrizioni dei libri di Castaneda..new mwxico,posti così. Passiamo da un grande leccio fulminato su una traccia che è meglio del previsto, ancora grandi lecci e poi iniziamo decisamente la discesa verso il mare passando accando ad un grande terebinto incorniciato in un cortile di pietra. Per ghiaie sempre giù costeggiando grandi pareti fino al limitare del bosco e a legger relazione per trovare il punto in cui inserirvisi. Ci riaffacciamo a picco sul mare che pare accogliente nonostante il vuoto precipite che ci separa. Più su ocra chiaro falesie brillano fra il verde del bosco e l’azzurro del cielo..che paesaggio! Costeggiamo il bordo della falesia e guardiamo giù dal Belvedere della Grotta dei Colombi(h9.00)…solo la foto può spiegare il bombardamento di colori e bellezza cui sono sottoposte le nostre pupille. Selvaggio blu giù, selvagge emozioni per noi droni. Solo aria fra noi e il mare centinaia di metri sotto la verticale. Procediamo sulla falesia a volte sul bordo altre più all’interno, sempre nell’obbligata direzione nord e avvicinandoci sensibilmente a Capo Monte Santo, fino a individuare davanti a noi la profonda incisione del Bacu Tenadili. Dopo mezz’ora scendiamo il canale che ci porterà sul fondo del Bacu aiutati da ponticelli e scale di ginepro e dove ho uno svarione pressorio con giramento di testa e sete acuta a gola inpastata che mi preoccupano un poco ( effetto combinato delle pastiglie per la pressione e dello sforzo fisico che risolverò non prendendole più al mattino). Una piccola sosta e il bere mi permettono di andare avanti comunque e piano piano i problemini si attenuano. Risaliamo l’altro lato del Bacu e siamo di nuovo a picco sul mare sopra Cala Magroni. Passiamo alla stupenda placca calcarea che conserva tasche d’acqua (le famose Vasche di Gioltine) che provo per curiosità a tastare nonostante alghe verdeggianti non siano esattamente l’invito migliore e poi alle 11.15 arriviamo a Porto Pedrosu sotto un sole cocente e una sete a cui cerchiamo di non cedere per arrivare al rifornimento di stasera. Facciamo sosta per mangiare e fare asciugare i sacchi che abbiamo richiuso bagnati, stendendoli sulle rocce al sole. Poi, il bagno è obbligatorio in questo fiordo lungo un centinaio di metri, per la bellezza dell’acqua è per la speranza di refrigerarsi un poco. Nuoto felice con tutta la stanchezza che si è accumulata perfino nelle braccia e che bracciata dopo bracciata si scioglie un poco. Appena uscito vedo arrivare un piccolo battello di turisti e gli chiedo se ha dell’acqua da venderci: sorride domandandoci come facciamo a non averne e ci butta in acqua una bottiglia di gatorade e due bottigliette d’acqua…che di più non ne ha. Lo ringraziamo quasi commossi e lo guardiamo allontanarsi, felice lui e ancor di più noi. Il monento in cui tracanno il gatorade non me lo scorderò più e poi lo passo a Ste. Alle 12.30 ci rimettiamo in marcia ben rinfrescati ed idratati come non lo eravamo dalla partenza. Passiamo poco dopo dall’altrettanto bella insenatura di Porto Cuau e poi riprendiamo il cammino salendo per tracce e campi solcati fino ad ammirare vs nord le bellissime scogliere di Serra Argius che precipitano in mare con un salto di qualche centinaio di metri(h14). Per un sentiero in cengia scivoliamo dentro e sotto le pareti del Bacu Sonnuli dirigendoci verso il suo fondo e risalendone poi il lato opposto, per arrivare poi al bellissimo Ovile Fenos Trainos( h 14.50). Da qui proseguiamo attenti sapendo che dobbiamo beccare il bivio che a destra prosegue per l’originale Selvaggio Blu mentre a sinistra noi ci dobbiamo inoltrare in un bosco di corbezzoli. Passiamo il bivio (che come sempre non è MAI segnalato) ed è solo grazie ai miei dubbi e alla conferma del Gps (Back country navigator) sul cell che andando a ritroso lo troviamo. Una lieve traccia abbandona quella principale (scopriamo così che non è vero che il selvaggio blu originale è ormai fatto da poche persone na che lo sono le nostre varianti ad essere poco percorse) ed entra nel bosco. Ste decide comunque di provare a seguirla e saliamo facilmente per il bosco su terreno morbido confondendo la traccia solo alla fine quando arriviamo all’Ovile Su Runcu e Su Pressu ( h 16.15). Mentre cerchiamo di capire verso dove procedere nel tripudio di male tracce, escono dal bosco come uscissero dalla profumeria due ragazze austriache il cui aspetto pulito e ordinato contrasta nettamente col nostro stanco e sporco. Altro aspetto che colpisce immediatamente è la grandezza degli zaini che si portano sulle spalle.Facciamo due chiacchere ed emerge subito il loro probabile timore nel volerci rivelare la verità sul loro percorso: prima dicono di essere in giro per arrampicare, poi che non si ricordano da dove sono partite..per poi ammettere con candore che stanno facendo anche loro SB e che scenderanno come noi vs Cala Goloritzè. Ste si risente per il loro atteggiamento e in preda alla sete furiosamente si allontana. Quando lo raggiungo sono risentito anch’io con lui e cerco di spiegargli che non si possono abbandonare così due ragazze ma che si doveva essere più solidali. Iniziamo un’accesa discussione e senza rendercene conto ( se non quando chiedo ad un gruppo di persone che incrociamo) superiamo la sella che divide l’ascesa a Punta Salinas dalla discesa vs la cala. Ormai siamo a pochi minuti dalla cima e sciogliamo il dubbio se salirvi o meno, arrivandoci alle 16.45. Per fortuna, perché il panorama seppur scontato e già visto in fotografie , è davvero sublime e ripaga assolutamente dei pochi minuti impiegati per salirvi. Vedere da quassù la guglia piantata come un missile nel mezzo del blu del mare su sfondo di barchette è veramente emozionante e stendo la mano a Ste per fare pace. Faccio diverse foto e zoom verso questa meraviglia della natura che sarebbe bello un giorno magari salire. Individuiamo il marcato sentiero che scende alla nostra sinistra e iniziamo a percorrerlo. Ste ancora furiosamente lanciato in discesa verso l’acqua del rifornimento e io dedito alle relazioni con la gente che incrociamo, abbastanza numerose in questo tratto. Incrocio anche nuovamente le ragazze austriache e cerco di farmi un idea delle loro competenze ed intenzioni. Non hanno il permesso, non hanno le idee chiarissime sul percorso, hanno 2 corde da 50 metri che non chiedo se sanno usare e viaggiano con 6 litri d’acqua(spero in due). Chiaccheriamo stavolta piacevolmente e e capisco che riacquistano fiducia in me. Le saluto più sereno e mi metto a correre per raggiungere Stefano.Incrociamo il bel sentiero che sale verso il Golgo e anche qui parlo con diverse persone fra cui una ragazza sarda che da sola fa il SB alternativo( senza uso di corde) e poi il ragazzo che chuide per le 17 la spiaggia al pubblico e che mi dice gentilmente che abbiamo il mare tutto per noi, ma solo di non fermarsi a dormire in spiaggia. Il largo e bel sentiero passa sotto l’arco formato da due rocce appoggiate e poi fra due lati di vegetazione ci porta all’incontro col mostro di pietra che si alza per 128 metri sopra le nostre teste: un obelisco gigantesco,magnifico e che come il re domina quest’angolo meraviglioso. Foto, foto,foto mentre scendendo cambiano le prospettive ma non la sua bellezza e dopo la discesa di una ripida scarpata finale dove corre una scala in legno alle 17.30 sono solo con il mare a lambire la spiaggia morbida di questa incredibile cala sabbiosa. Vedo Ste lontano camminare fra i sassi a nord alla ricerca probabile dell’acqua e non penso proprio a raggiungerlo ma solo a godermi il momento e poco dopo inizio a levarmi i vestiti sudati ed entro piano gustandomi ogni passo dalla porta dell’Eden. L’abbraccio fresco delle acque m’avvolge di emozione ed entusiasmo e quando giro lo sguardo verso la torre che troneggia ringrazio Dio per il momento che mi concede di vivere in perfetta solitudine nella Natura più bella che il Creato possa offrire: mare, roccia e cielo fanno l’amore in armonia e io galleggio sul dorso ammirando la punta solleticare la volta celeste. Un’ onda improvvisa mi risveglia dall’estasi e torno in me ricordandomi di Ste e allora con qualche braccata torno a riva e calzati solo gli scarponi lo raggiungo. Ha trovato il tesoro composto dalle corde e da 8 litri d’acqua e decidiamo di lasciare tutto lì, visto che probabilmente da lì ripasseremo(abbiamo intenzione infatti di fare la variante Cominetti con la sua ferrata e in questo tartto abbandonare SB originale in favore di Areste o Selvaggio blu più blu perché la linea corre più vicina al mare e passa sotto e non sopra l’enorme falesia delle pareti di Serra e Lattone. Ci penseremo, anche se Ste mi dice di avere individuato le corde che facilitano la risalita della placca bianca che è la porta d’accesso al sentiero che scorre sui piani superiori del bosco. Ma ora è ora di andare a cercare un posto per la notte. Nel frattempo, mentre Ste risale e io mi rivesto e lavo maglia e calze, arrivano anche le ragazze austriache. Poco dopo le saluto, terminata la lavanderia, e vedo che sono in costume. Colgono il mio imbarazzo e allora sono loro ad avvicinarsi e parliamo un poco delle loro intenzioni per la notte e mi chiedono se secondo me possono dormire in spiaggia. Gli dico che è vietato ma che io al loro posto rischierei se desiderano farlo..in alternativa possono salire alle grotte spaziose dove bivaccheremo noi al coperto. Le saluto e mentre risalgo scatto una foto ad un climber che si sta calando dalla cima della guglia. Alla grotta mangiamo il formaggio e il salame con il pane che ci siamo fatti portare ma è soprattutto l’abbondanza d’acqua e il pensiero di poter bere senza pensieri ad allietarci. Non abbiamo comunque tanta fame e rapidamente terminiamo la cena. Decido allora di scendere in spiaggia per fare delle foto al tramonto. C’è una luce soffusa incredibile e il silenzio assoluto è rotto solo dallo sciacquio delle onde sul bagniasciuga. Scendo la scala contemplando l’azzurro del mare che m’attira come il canto delle sirene d’Ulisse a raggiungere la spiaggia che s’è rivestita d’un manto arancione. Mi siedo su un masso bianco a pochi passi dal mare a contemplare e ringraziare per questo momento che mi è donato. Poi mi allontano vs nord per fare qualche foto in direzione della guglia da una prospettiva migliore che la inquadri come regina incontrastata della sua spiaggia. Ritorno e dietro un masso scorgo le due austriache..hanno i capelli bagnati e sembrano uscite dalla beauty farm..che personaggi..non hanno ancora scelto cosa fare per la notte e gli dico scherzando che purtroppo non posso fermarmi con loro perché sono sposato e padre di quattro ragazzi. Mi chiedono i loro nomi e ridendo ci salutiamo augurandoci la buonanotte. Salendo le scale scatto ancora qualche foto al mare che assume tonalità pastello e alla guglia che impassibile e maestosa domina il suo regno da lassù. Prepariamo i sacchi e i materassini e cullati dal suono della risacca e dal ronzio lieve delle zanzare proviamo con fatica nonostante la stanchezza ad addormentarci. Ad un certo punto mentre lotto col sonno mi sembra d’udire voci di ragazze, quando lo risento chiedo a Ste se ha sentito e mi conferma. Prendo la frontale e provo a scendere sul sottostante sentiero senza trovarvi nessuno e lo percorro fino alla scala che scende alla spiaggia. Non sento più alcun suono, nessun rumore e torno al grottone.
Foto1 io salendo a P. Giradili 2 belvedere Grotta dei Colombi
Foto3 Cala Goloritzè da Punta salinas
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