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   tre volte per un Porola, 06/07/2006
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Onicer  oscarrampica   
Gita  tre volte per un Porola
Regione  Lombardia
Partenza  valbondione  (1000 m)
Quota arrivo  2980 m
Dislivello  2000 m
Difficoltà  F
Rifugio di appoggio  coca
Attrezzatura consigliata  nde
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Il 4 luglio 2002 parto solitario per la Val seriana con l’intenzione di andare a dormire al Biv. Corti e salire il giorno dopo al Porola. Dopo il solito viaggio in auto, parto da Valbondione alle 16 e prendo il Km verticale che conduce al Rif. Coca, che per vederlo mentre ci sali, ti viene il torcicollo mentre cerchi di individuarlo così alto sopra di te. Comunque ci arrivo alle 17.30, con la vista che è attirata dai severi profili della cresta dello Scais e dalla profonda incisione che lo separa dalla cima che voglio salire domani. Dopo una breve pausa, salgo al laghetto e successivamente al Passo di Coca per le 19.30. Nonostante la stagione la vedretta del Lupo è ancora molto carica di neve e la vista ripaga la fatica della risalita a questo arcigno passo che a 2650 mt di quota dà accesso al versante valtellinese delle Orobie. Dalla parte dove son salito invece l’orizzonte è chiuso dalla Regina delle Orobie, la Presolane che calcarea brilla come una perla grigia fra il verde dei boschi che la sorreggono e incastonano, a motivo di sublime ammirazione. Camminando con un poco di attenzione sul nevaio ghiacciato e attraversando in leggera discesa, giungo in mezz’ora fino al bellissimo Bivacco costruito in pietra, a quota 2500 mt. Mi sento in Paradiso ad avere questo rifugio tutto per me e anche questa valle che si concede al mio sguardo lusingato nel momento del tramonto. Il sole mi saluta dalla cima del Dente di coca e mi lascia sedotto ai colori della sera che dolce e silenziosa stende il suo manto sulle rocce e sulle nevi. Il nevaio occupa tutta la conca e poi precipita negli ultimi seracchi della Vedretta, che mai più rivedrò così bella. L’estate successiva, quella del 2003, le darà una botta decisiva. Dopo frugal cena dormo tranquillo e sereno ma al mattino il tempo è pessimo, non si vede nulla e dopo esser risalito al Passo nella nebbia e nelle nuvole grigie, ridiscendo a Valbondione.
A fine ottobre dello stesso anno, ci riprovo con Giacomo. Lasciamo Valbondione alle 8, Rif. Coca alle 9.30 dove ci prepariamo e nonostante il cielo bigio che rende ancora più cupe le pareti di Scais e Porola, decidiamo di proseguire. Siamo al passo alle 12.30 nel vento e nel nevischio. Ci guardiamo incerti perché la partenza della cresta è già innevata e la visibilità molto ridotta. Insisto per andare avanti ma dopo mezz’oretta siamo letteralmente investiti da una bufera di neve che ci piega a più miti propositi. Secondo dietrofront.
Complici gli impegni della mia famiglia numerosa, la prima uscita del 2003 è solo al 21 giugno quando decido di chiudere il conto con il Porola. Previsioni meteo ottime, solstizio d’estate e quindi me la prendo comoda. Parto da Valbondione alle 10, non c’ è una nuvola in cielo e alle 11.30 quando arrivo al Rifugio vedo le montagne completamente sgombre di neve. Il laghetto del Coca è di un azzurro intensissimo che riflette quello del cielo. Devo resistere alla tentazione di non farci il bagno. Entro nella conca dei Giganti e vedo che i canali Tua e Centrale marcano le uniche presenze della neve. Alle 14 si conclude l’ennesima sfacchinata per l’ennesima risalita al Passo di Coca che mi riserva la sorpresa dell’abbondante innevamento dall’altra parte. Fotografo la cresta che dal Porola, passando per la Cima del Lupo, arriva fino alle Cime di Caronno, sognando fututi obiettivi. Per proseguire devo abbassarmi e attraversare abbondantemente il nevaio che per fortuna è ben rammollito e mi consegna alla via della cresta, quasi completamente asciutta e che bisogna seguire fin quasi in cima, quando sotto la cuspide finale bisogna aggirarla vs dx, giungendo ad una sorta di intaglio (Bocchetta di Porola) che dall’altra parte da sulla Vedretta di scais. Ci arrivo alle 15.50 e mezz’ora dopo armeggiando anche con la piccozza su qualche tratto ancora innevato, tocco la cima. Contemplo dal mio nido d’aquila le selvagge Orobie che mi contornano attirato soprattutto dall’abisso che mi divide da Punta scais la cui parete precipita verticalmente sulla vedretta omonima con un salto di un migliaio di metri. Scura, austera, sfasciata, repulsiva, sorregge la cuspide che da qualche anno sogno di raggiungere. Non meno selvaggia la Cresta Corti che avrò la fortuna di percorrere qualche anno dopo.
Uno sguardo alla Valle d’Arigna dove si nota appena il Mambretti e più giù il grande invaso artificiale di Scais ed è ora di scendere dopo aver salutato il solito profilo nord ben rappresentato dal Disgrazia e dal gruppo del Bernina. In un’ora ridiscendo al passo (17.30) e poi altra ora per il rifugio. Alle 20 termino la mia fatica di giornata in quel di Valbondione.
Foto 1 gita 1 nella bufera a passo coca Foto2 gita 2 dente e passo di coca Foto3 gita 3 io in cima
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