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   Cima De Gasperi , 27/06/2006
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Onicer  oscarrampica   
Gita  Cima De Gasperi
Regione  Veneto
Partenza  Capanna Trieste  (1100 m)
Quota arrivo  2994 m
Dislivello  2000 m
Difficoltà  F
Rifugio di appoggio  no
Attrezzatura consigliata  ramponi, possibili traversi gelati
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Per le vacanze di Pasqua 2000, siamo a Caprile e il 25/3 parto da Caprile e guido fono a Listolade dove infilo la Val Corpassa e salgo fino a Capanna Trieste(1130mt.). Solo con scarpette da running voglio provare a salire vs la valle dei cantoni suggestivo anfiteatro di pietra racchiuso fra le moli possenti della Busazza a dx e della cresta del Civetta a sx (Cantoni di Pelsa). Ci ero già stato,non ricordo quando, con Robi Tosca e ad un certo punto eravamo tornati indietro perché c’era un malpasso che non ci piaceva costituito da un piccolo appoggio di dubbia tenuta sopra un canalone precipite. Eravamo tornati, perché avevamo paura a caricare quel misero appoggio. Vedremo salendo, mi dico. Inizio la mia corsa sullo sterrato con i vari tornanti e qualche falsopiano che permettono di recuperare un poco dallo sforzo e alle 14.45 raggiungo il Rif. Vazzoler(1715mt.). Piccola pausa e alle 16 ritorno brevemente sui miei passi per imboccare più a occhio che a vista la traccia che sale nel solco, all’inizio largo della valle. Salgo a ritmo forsennato per un’altra ora raggiungendo quota 2350 e poi è ora di scendere, sempre di corsa, fino alla capanna che raggiungo alle 17. Non ho trovato ostacoli e posso pianificare il mio attacco al Bivacco Tomè posto sul mitico Giazzer e magari dopo alla Cima De Gasperi. Così 2 giorni dopo alle 8 del mattino lascio Capanna Trieste e inizio a salire la carrozzabile avvolto dall’ombra gelida del mattino. La prima luce che vedo è la cupola dell’Agner che improvvisamente prende fuoco alla mia sx abbracciata da un sole che io ancora non vedo. Intanto salgo fra le due sentinelle della mia valle che ancora dormono nel buio: a sx la forma umana della Torre Venezia e proprio sopra di me il missile slanciato vs il cielo della Torre Trieste. Poco dopo la luce gialla trasfigura la torre di sx e la colora quasi completamente. Io vado ramingo nell’ombra e alle 9 abbandono la carrozzabile per infilarmi nel vallone che fra enormi blocchi e ghiaioni sale sinuoso verso il cuore della Civetta, protetto da questo autentico mare di pietra. Alle 10.30 raggiungo la quota 2350 più o meno dove inizia lo zoccolo roccioso che devo ascendere vs sx per accedere alla valle superiore e dove temo di poter trovare qualche passaggio insidioso. Il terreno è infido sporco come nei posti dove non passa nessuno ma per questo così misterioso ed affascinante. Cammino guardingo e attento perché scivolare qua potrebbe significare una brutta fine, fino a quando un lungo tratto nevoso interrompe la mia progressione. Tasto timoroso la neve con i miei scarponi e la trovo più morbida di come me l’aspettavo e allora con circospezione ma decisione supero anche questa insidia, trovandomi poco dopo in un canalone ghiaioso che dà l’accesso alla parte superiore della valle. Mi raggiunge il sole in un tripudio emotivo indescrivibile. E ‘ un posto incredibile, fuori dal mondo, con le pareti che si avvicinano sempre di più e la neve che comincia a coprire il terreno rendendo il paesaggio d’alta quota nel confronto col blu che sta sopra il giallo e il nero delle pareti di dolomia. Mi prende l’emozione quando entro nel circo superiore che come in un abbraccio dispiega roccia da ogni lato facendomi sentire il protagonista in questo anfiteatro di pietra che ha un solo punto debole, che è la via dalla quale sono salito. Sono sul Giazzer il mitico ghiacciaio nascosto del gruppo che ho la fortuna di vedere prima che probabilmente sparisca in quest’epoca di ghiacciaicidi. Alla sx noto come un cuore rosso che batte lo scatolotto del Bivacco Tomè che sta in alto sulla roccia a ricordare dove arrivava quando è stato costruito, la calotta glaciale. Le canne d’organo della Piccola Civetta ni stanno davanti potenti come zampe d’elefante. Sublimi e possenti. Per gradoni di pietra e neve raggiungo il bivacco alle 13 e contemplo la bellezza di questo angolo di Paradiso dal mio nido d’aquila appollaiato sulla roccia. E’ incredibile sembra un’arena, un palcoscenico pensato per la recita degli Dei. Poi riparto vs l’alto e per nevai e qualche piccolo passaggio in roccia tra il I° e il II° grado in mezz’oretta alle 13.45 raggiungo la cima DE Gasperi a cui manca qualche metro per essere annoverata fra i 3000. Ma non certo la classe. Siamo sulla cresta infinita del Civetta: sotto i miei piedi il baratro della nordovest che precipita per un migliaio di metri. Duemila metri più sotto mi osserva l’occhio verde del Lago di Alleghe e asx come due pavoni in gara le due Civette: la Grande più alta e la Piccola, meno socievole e più austera, ma di certo non meno bella. Sono felice e abbraccio l’omino di pietra unico segno di passaggio umano della giornata. Mi soffermo un poco ad inebriarmi nell’aria frizzante dell’alta quota e poi a balzi scendo nella neve e poi oltre il bivacco a ritroso lungo il filo d’arianna seguito nella salita perché sbagliare qui vuol dire pagare. Alle 17 sono al Vazzoler e mezz’ora dopo all’auto lasciata a Capanna Trieste. Era un piccolo sogno raggiungere il Tomè di cui tante volte avevo sentito narrare da mio padre. Che dire? Posto leggendario in ambiente maestoso. Per cuori impavidi. Foto 1 io al bivacco Tomè Foto2 ometto di cima Foto 3 Le Civette
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