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   monte Ponta, 03/12/2018
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Onicer  oscarrampica   
Gita  monte Ponta
Regione  Veneto
Partenza  Costa  (1400 m)
Quota arrivo  1950 m
Dislivello  550 m
Difficoltà  E
Rifugio di appoggio  no
Attrezzatura consigliata  scarponcini
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Mio cugino Giordano m’invita a lavorare con lui in un giardino a Pecol fra Civetta e Pelmo e grazie alla combinazione dei turni e ad un cambio provvidenziale, riesco a liberarmi dagli impegni familiari. Così che la mattina del 13/11 partiamo per la Val di Zoldo, segnata e ancora ferita dalla furia della Tempesta Vaja del 26/30 Ottobre. Quando arriviamo abbraccio Lodovico e siccome stiamo aspettando un bilico in ritardo per la consegna delle piante, Gio mi dice di andare pure a farmi un giro che tanto c’è da aspettare. Avevo già studiato la situazione da casa e mi dirigo veloce vs le frazioni di Col che sono le 12.30 e poi Brusadaz e Costa da dove partono i sentieri per il Monte Ponta. La giornata è fantastica : il blu del cielo scende a lambire le dorate chiome dei larici e le sempreverdi fronde degli abeti; la neve, presente sulle crode alte rende tutto incantato. Io sono presente come quando la bellezza dell’infinito mi scuote nel profondo dei sensi. Già lungo la striscia d’asfalto che si srotola su e giù fra i piccoli paesini gli scorci sono impagabili su Pelmo soprattutto e Civetta ma anche Tamer . I colori giallo oro marrone e verde dell’Autunno la fanno da padroni e mi sembra di camminare sulla strada per il Paradiso lastricata di colori e silenzi . Poi salutati i tabiè storici di Costa, q.1425(veramente di stupenda fattura lignea ed artisticamente cesellati) alle 13, prendo la forestale a sx che indica Monte Ponta a 2h. Non prima di aver incorniciato in una bella foto il bosco di larici arancione che sta sotto il verde prato su cui è adagiato, dolcemente cullato, il piccolo borgo con chiesetta di Col. Dietro giganteggia smaltata di neve l’immensa parete sud del civetta. Poesia di colori. La stradina nel bosco con viste sempre straordinarie sui dorati boschi di larice che sosstengono le pallide rocce di pelmo e Pelmetto, mi conduce, abbastanza monotona, dopo mezz’ora al bel spiazzo del Passo o Forcella Tamai(q.1715). Da lì svolta a dx in uno stupendo bosco di abeti e larici col sentiero che sul crinale scorre fra alberi giganteschi. Comincio a notare sempre più numerosi tronchi abbattuti dalla tempesta di vento della settimana scorsa che mi costringono a zig zag laterali o sopra e sotto i tronchi in orizzontale. Alle 14 transito da un grosso abete sul quale c’è un cartello in legno che recita La Forzèla q.1725 in un grandioso e buio bosco di alberi giganteschi. Poco oltre il bosco diventa meno folto e dalle finestre lasciate libere dalle fronde son proiettate immagini struggenti per troppa bellezza del Pelmo e del Pelmetto con il Van immacolato..il tutto servito su policromo tappeto di boschi d’abete e larice. Ma sarà così bello il mio Paradiso? Anche l’Antelao più austero e solingo saluta dalla sua piramide regolare. I passi finali, negli ultimi ripidi gialli prati colonizzati solo da larici che si diradano sempre più salendo, lasciando immacolata e libera la sommità onde lo sguardo possa libero spaziare nell’infinito abbraccio celeste. Monte Ponta o Punta (q.1950, h 14.15). La realtà supera l’immaginazione e nonostante avessi letto del bel panorama che avrei osservato rimango comunque a bocca aperta perché la vastita’ e il silenzio che mi circondano sono inferiori solo alla grandiosità di ciò che posso contemplare. Allora mi fermo e respiro l’infinito, assorbo le energie dell’universo che m’abbraccia e rendo grazie. La cima è ampia spaziosa, vuoto tutto attorno..un tavolo con panche attende il mistico che arriva quassù e invita alla fusione col creato. Mi siedo e vorrei che le suole dei miei scarponi diventassero radici per non staccarmi più da questo luogo, da questo momento. Scatto foto e solo il pensiero di scendere per dare una mano al cugino, rompe la magia. Civetta,Pelmo, Antelao, Sorapiss ma anche Tamer e Spiz, e poi il fantastico e misterioso regno del Bosconero con gli Sfornio e il Duranno che sbuca dietro…magia. E che dire della Croda rossa, possente, solitaria, colorata di eccessi come solo certe donne bellissime si posson permettere. E fotografo e fotografo la zona del Talvena e anche le lontane Odle e il Puez. Si vede proprio tutto..che osservatorio pazzesco! Da tenda per alba e tramonto. Sempre più cose da fare rispetto al tempo che ci vorrebbe..ma i sogni ad occhi aperti fanno bella la vita. Ho impiegato un’ ora e mezza a salire a passo fotografico e quindi penso che ci vorrà un attimo a scendere di corsa. Alle 14.30 levo le ancore, ma appena scendo nel bosco sul versante opposto a quello di salita la visione è impressionante perché quà la furia degli elementi ha fatto scempio di alberi creando grovigli e tratti di bosco impercorribili. Un volo di corvi neri copre il cielo azzurro dell’inverno e ricorda forse il disastro avvenuto due settimane indietro. La discesa si trasforma quindi in un’odissea fra arrampicata su rami e sottopassaggi frondosi. A volte devo cercare il sentiero che scompare per decine di metri e dopo un poco di tempo la cosa diventa snervante. Il grosso abete sul quale era posto il cartello del bivio è a terra e nonostante sospetti di dover abbandonare la traccia principale, non scorgo alternativa e allora continuo a scendere. La lotta contro il bosco divelto e alcune colate franose continua e quando mi rendo conto di aver sbagliato sono ormai troppo in basso per pensar di guadagnar tempo ritornando su col dubbio poi di non rinvenire nuovamente il sentiero giusto. E allora continuo a scendere a valle col sentiero che scende scende scende e finalmente (dopo aver tentato vanamente di raggiungere Astragal perché il sentiero si smarriva in nuovi smottamenti del bosco) per il sentiero militare del Col Salera, arrivo a Casal (alcune case sono scoperchiate dalla furia del vento che ha toccato potenze da uragano, con velocità vicine ai 200 km/ orari!) e 3 km dopo finalmente alla statale di fondovalle. Ora mi attendono 10 km di autostop che risolverò così: 1 km con signora gentile, 4 km con coppia di fricchettoni anni 70 armati di birra e musica psichedelica, ultimi incredibili 4 km col vicino del signore da cui stiamo lavorando. Alle 16 sono finalmente in cantiere e posso terminare la giornata a piantumare mentre lo sguardo sognante rifugge a guardar le ultime luci colorare Pelmo e Civetta fino al magico momento in cui i rumori della valle s’acquietano, le luci si smorzano e a parlar rimangon solo le stelle. Io solo ad ascoltarle…
foto 1 col e civetta foto 2 pelmo dalla cima foto 3 abeti divelti
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