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   su e giù dal Grignone(east to north), 08/03/2014
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Onicer  oscarrampica      
Gita  su e giù dal Grignone(east to north)
Regione  Lombardia
Partenza  alpe Cainallo  (1300 m)
Quota arrivo  2409 m
Dislivello  1200 m
Difficoltà  BS+
Esposizione in salita  Nord
Esposizione in discesa  Est
Itinerari collegati  nessuno
Neve prevalente  Farinosa
Altra neve  Ventata
Rischio valanghe  3 - Marcato
Condizioni  Eccellenti
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento 8 marzo 2014, con Nico puntiamo la Grigna con l’idea di salirla da una parte e scenderla dall’altra. Per questo ci organizziamo con due auto e raggiunta Lecco, saliamo fino a Ballabio (dir. Valsassina) e proseguiamo per Taceno-Introbio. Giunti al Colle di Balisio 723m, continuamo in discesa e saliamo poi a sx fino a Pasturo 641m, dove parcheggio la mia C3. Ripartiamo con il suo bolide per il periplo della Grigna che fotografiamo bianca ed invitante appena pallida nella tenue luce del mattino. Il suo grande versante nord simile ad una vela dispiegata già ci fa sognare il momento in cui solcheremo il suo mare con le lame dei nostri sci. Ci inoltriamo in Valsassina direzione Introbio, fino al Passo di Agueglio e poi dopo 25 km e 40 minuti di curve e begli scorci sulle rocce della Grigna che osserviamo da tutte le angolazioni, raggiungiamo il parcheggio dell’Alpe Cainallo( m.1240,h 6.30). Scendiamo dall’auto e il gelo di quest’alba livida che colora di rosa il monte Generoso e il Rosa dietro,lontano, si avventa su di noi. Faggi dalle foglie arancionmarrone, in abito autunnale si mettono in posa davanti alle rocce magnifiche del Pizzo d’Eghen e del Pizzo della Pieve che anticipano a sinistra i bianchi pendii della Grigna, un mondo di neve che si alza sopra la linea dei boschi d’abete. Siamo all’ombra e battiamo i piedi, mettendo gli scarponi e calzando gli sci a tre metri di distanza dall’auto. Sono le 7 quando iniziamo a spingere sui bastoncini. Verso nord un velluto bianco immacolato attende le nostre mosse fiducioso e morbido. Lasceremo solo due strisce, cercheremo di passare leggeri. Pochi momenti dopo il profilo triangolare del Legnone sale alle nostre spalle e noi arriviamo all’inizio della strada nel bosco seguendo le vecchie piste da sci ormai in disuso. Ci inoltriamo nel bosco di betulle fino ad arrivare ad un bivio che indica a destra il sentiero 25 per la Capanna Bogani. Ora seguiamo la strada diventata sentiero che fra la neve s’infila nel rado bosco di piccoli faggi, lasciando a sinistra tracce di ciaspole che si perdono nella neve. Da un piccolo poggio con crocefisso, emerge il Grignone preceduto dalla sagoma più svelta del Tre Sassi. Ora svoltiamo ancora verso destra per seguire il profilo della montagna e il Legnone ce lo troviamo davanti a precedere le vette valtellinesi del Pizzo Stella e del Pizzo Rosso. Inizia un tratto orizzontale caratterizzato da esili traversi su un sentierino nevosamente sospeso sul bosco e che precipita sui ripidi pendii sottostanti. I nostri sci segnano le linee sopra l’abisso e dobbiamo stare attenti a non scivolarci dentro. Un occhio al panorama ed uno alle masse nevose che sono accumulate sopra le nostre teste. Infidi e pericolosi traversi segnati dalle scariche della giornata precedente accompagnano così la nostra prima ora e mezza di poco sci nel bosco e palpitazioni sotto i dirupi carichi di neve che costeggiamo. Spesso il sentiero non è per niente macchiato ed è poesia pura surfare l’onda di neve rotonda immacolata che dipinge la direzione con sempre nuove svolte ed angoli paradisiaci. Sequel di immagini. A tratti solo tracce di piccoli roditori percorron il bianco. Dopo tante curve uno sguardo al passato ci mostra il regno degli infidi traversi che abbiamo appena varcato usando gli sci come bacchette magiche, un regno in ombra costruito su fianchi scoscesi. Traversiamo anche qualche ripido ripulito dalle valanghe e le neve più dura ci fa un poco sospirare guardando verso il basso, ma resta un tragitto emozionante ora che il sole ci infonde il suo calore. Passiamo la costa sotto il Monte Pilastro e poi un muro di neve tenta di interrompere il nostro incedere tanto che dobbiamo faticosamente aggirarlo scendendo e risalendo nel bosco. Poi finalmente alle 8.45 usciamo dalla dangerous zone ed entriamo nei dolci mammelloni nevosi intonsi che precedono l’alpeggio. Regno anche questo ma di fiabe sussurrate perché la neve deposta non torni ad alzarsi, al cielo magico che l’ha partorita. D’’incanto il cuore trova battiti d’armonia e ricomposta pace col creato quando si aprono rotondità nevose che par peccato violare con le strisce galleggianti nel nulla dei nostri sci. Siamo immersi nel candore galleggianti su bianche onde di neve che riflettono accecanti il sole che a secchiate ci sta bagnando di luce. È magia allo stato puro e si vorrebbe non finisse mai. Superiamo cupolette bianche giocando tra luce ed ombra che rendon ancor più surreale la nostra progressione in questo mare congelato, dolcemente in burrasca. Mai vissuta un esperienza simile, a cavallo di marosi e poi risucchiati verso il basso. Tra sole e neve alle 9 arriviamo ai piani dell’Alpe di Moncodeno(m.1670). Superiamo l’Alpe continuando a veleggiare nel Paradiso Bianco sulle tracce di Nico: due strisce scure nel bianco assoluto e dominante, due linee geometriche in mezzo a curve infinite. Poi lo raggiungo e supero perché voglio immergermi anch’io nel piacere di sentire le lame fare ssshhhh nel morbido bianco. Un mare che risaliamo volteggiando come pattinatori lenti che lasciano la loro firma sul foglio bianco. Superato in più ripida risalita un bel bosco di larici torniamo nel mondo degli umani quando scorgiamo fra i rami il roseo profilo della Capanna Bogani(m.1815, h 9.30). Quando oltrepassiamo il pendio che parzialmente l’occultava, è divertente vedere gli enormi accumuli che superano il metro depositati sui tetti e tutt’intorno a seppellirla quasi completamente. Domina il cielo il profilo del Tre Sassi e dopo una piccola sosta riprendiamo la nostra sciata da sogno su altri pendii immacolati in lieve salita verso il cielo azzurro e la neve luccicante e resa morbida dal sole. Tentativi di orientereeng in questo indistinto mondo bianco. Un pendio inclinato leggermente e spazzato dai venti mi fa sembrare di essere in Groenlandia a lottare coi sastrugi ed è il preludio all’apparizione del lato Nord della Grigna che si disvela sempre più man mano che saliamo fino a mostrarsi nella sua enormità innevato come una montagna di panna. Guardo preoccupato verso gli enormi cornicioni sommitali della montagna, attirato anche dal forte rumore del rotore di un giallo elicottero dell’elisoccorso che solleva un autentica tempesta di neve che con alti sbuffi copre la cresta sommitale della montagna. Fermi su questo bordo,che son quasi le dieciemezza, osservo, in furiosa discussione con Nico il panorama mozzafiato del versante nord della grigna ondulato come una pista da motocross fra dune ,doline e crepi tipici di questo versante simil carsico. Siamo soli: nessuno è passato da nord e io ho paura ad avventurarmi per primo a sfidare la tenuta delle enormi creste nevose sospese sul vuoto e che ci attendono al termine o al compimento delle nostre fatiche. Nico vorrebbe proseguire ma rispetta i miei timori. Passano improvvisi due angeli con le ali al posto degli sci e nel baleno della loro scomparsa si dirigono verso la meta dei nostri sogni. E allora dietro che se van loro c’è posto anche per noi e allora nico che si incazza e io con lui a perder solo fiato che sarebbe stato utile conservar per il dopo. In mare aperto sui mari placidi sotto la cresta di Plancaformia, strisciamo verso l’alto guidati stavolta da uno schizzo rapido sull’immacolato pendio, a zig zag sui tratti ripidi e il cuore torna a battere e pregare quando siamo consegnati alla speranza che i cornicioni non decidano di venirci incontro. Fra poco suonerà il mezzogiorno e noi ci passiamo proprio sotto,spingendo e sbuffando come mantici con la neve che semvbra diventata per dispetto appiccicosa come colla. Ma loro tengono. Più dei nostri nervi e del nostro fiato che sbatte da tutte le parti e par che ci sorridano dolci quando lateralmente li scavalchiamo per calcare la calotta di cima. C’è tensione che si scioglie nell’abbraccio di vetta sci in mano (q. 2410, h 12). Il cielo che trattenendo il fiato s’era momentaneamente coperto, ora si è riaperto aprendoci la vista sul lago di Lecco. Scatto una bella foto alla Grignetta che così glaciale assume l’aspetto severo di una grande montagna artica con la sua cresta Segantini che cerca di uscire dalla morsa del ghiaccio con le sue punte che urlano contro il cielo. Entriamo nel bianco Brioschi impastato di ghiaccio e neve come la croce di vetta esposta ai venti gelidi e alle ondate di calore che salgono dai dolci ed assolati pendii lacustri. Si sta bene dentro, perfino il vociare allegro non disturba dopo tanto silenzio. Quando usciamo, arrivi susseguenti da est ci parlano di una cresta insidiosa ma è solo una pista di decollo, un attesa che si prolunga nel piacere dell’imminente volo giù per la vela bianca della Grigna. In effetti nel primo tratto sopra le cornici sembra di stare in Himalaya e per un quarto d’ora ci muoviamo con apprensione ed attenzione,timorosi che i nostri attrezzi ci possano spingere giù da questi pendii troppo verticali sia a destra che a sinistra. Poi Nico decide che è ora di rompere gli indugi e alle 13.30 stabilisce che è giunta l’ora e timidamente(più io che lui) accenniamo le prime curve. Non so se sia più simile al volare o al navigare ma è un sogno lasciarsi guidare per 1000 mt di dislivello in curve rotonde dove la riga è un peccato non solo di geometria. E’ un pianto che con la dolcezza della neve deposita sigilli di gioia sui nostri cuori che tornano dall’inverno a nuova primavera. Nico scia bene, io mi arrangio, più efficace che bello a vedersi e mi salvo da qualche imperizia tecnica solo grazie alla forza dei quadricipiti che si gonfiano ma non scoppiano. Scendiamo veloci godendoci la bellezza della curva morbida e l’ebbrezza dell’aria gelida sul viso. Superiamo le sepolte Baite Comolli(q.1830, h13.45) e continuiamo a serpeggiare verso il basso fino al Pialeral(q.1430) dove finisce la neve, dove finisce il nostro sogno, inciso però a due strisce per sempre nei nostri cuori sfregiati dalla gioia. Ricordo di una telefonata di Nico col fratello per problemi di lavoro mentre scendiamo sci in spalla al parcheggio. Poi finisce anche il sentiero e sull’auto acceleri per scappare dal sonno che t’insegue e guidi verso la vita di tutti i giorni sperando che l’energia che hai vissuto ti renda un poco migliore. Unico senso dell’andar per monti di noi arrampicatori dell’inutile. Foto1 nel regno degli infidi traversi Foto2 nel regno della Biancaneve Foto 3 La Vallèe Grigne.

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