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   Monte Secco da Valleve, 18/04/2021
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Onicer  fabiomaz      
Gita  Monte Secco da Valleve
Regione  Lombardia
Partenza  Valleve  (1150 m)
Quota arrivo  2291 m
Dislivello  1200 m
Difficoltà  BSA
Esposizione in salita  Nord-Est
Esposizione in discesa  Nord-Est
Itinerari collegati  nessuno
Neve prevalente  Farinosa
Altra neve  Trasformata
Rischio valanghe  2 - Moderato
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Buono
Commento Ultimo we Foppolese di questo lungo inverno e ultima scialpinistica "in velocità" sulle cime vicine.
Il Secco da Valleve mi mancava. Il vallone nordest, chiuso tra la cima del Secco e la gemella cima della "Bogia" e solo esteticamente rovinato dalle reti paravalanghe installate qualche anno fa, dai piazzali di Foppolo è talmente evidente e sfacciato da apparire, scialpinisticamente, una grave provocazione.
E' poco battuto e il motivo è evidente: l'avvicinamento sembra fatto apposta per scoraggiare i più. Sono necessari un'oretta di spallaggio, su sentiero a tratti evidente a tratti quasi cancellato e l'ingresso della parte altra del vallone è un intricato collettore di valanghe con salti rocciosi che a seconda della stagione e dell'innevamento si presentano coperti e scoperti.
Si parte da Valleve, l'imbocco del sentiero è segnalato da un grosso segnavia in legno con indicazione "Pegherolo". Bisogna subito fare attenzione perchè appena si arriva nei pressi del bosco, il sentiero si stacca sulla sinistra dalla traccia principale. E' comunque subito contrassegnato da vecchi bolli. Dopo una partenza ripida il sentiero diventa più regolare entrando nella valle della Valenzana. A poche centinaia di metri dalla statale la natura si fa selvaggia. Il bosco si apre, tappeti di bucaneve spuntano dall'erba gialla, un picchio batte ritmico tra gli alberi, una leggera nebbia va e viene mossa dal vento. All'improvviso un grosso cervo con un bel palco ramificato di corna sbuca dal limite della radura. Mi osserva sorpreso, strano bipide dalla cui schiena sbucano corna lunghe e rosse come il fuoco. Annusa l'aria, poi sparisce nel bosco.
Dopo circa mezz'ora di cammino, a quota 1350 trovo la prima consistente lingua di neve, che però è interrotta da un salto roccioso. Nel punto di maggior scarico valanghivo solo un paio di metri restano scoperti e così mi viene l'idea che quello che non è facile salire può essere agevolmente saltato in discesa, sci ai piedi, con un bel landing ripido il giusto.
La traccia di sentiero, ora incerta, risale sulla destra uno scarico valanghivo laterale. Un branco ci camosci mi vede arrivare e scappa nel bosco, indicandomi gentilmente il punto in cui occorre lasciare il canale roccioso per entrare tra gli alberi. Seguendo le tracce aggiro il salto roccioso e arrivo nei pressi di ruderi di vecchissimi alpeggi.
Poco più in basso riprendo la lingua nevosa e finalmente calzo gli sci. Sono a quota 1550. All'inizio la salita è disagevole, resti di valanga si alternano a salti rocciosi coperti di neve dove stare in piedi mette a dura a prova il mio equilibrio. Poi finalmente il vallone si apre. In corrispondenza delle ultime macchie di cespugli due galli cedroni si azzuffano furiosamente. Provo a fotografarli e rimpiango il poco zoom della macchina.
Risalgo su pendenze accentuate in 20-30 cm di neve fresca e asciutta che diventano 40 nei pressi della cresta. Gli scarichi laterali delle placconate rocciose non lasciano dubbi sulla pericolosità del luogo, quindi anche se il rischio è dato 2 cerco di tenermi nei luoghi che penso più sicuri. Arrivato in prossimità delle reti paravalanghe le guardo con minore fastidio.
Al colle dove esce il canale Sud, salito anni fa con Giusy, Peggy e il Nazza. entro in una nuvola che mi accompagnerà fino alla croce rovinando la vista dalla vetta.
La discesa dal canalone in compenso è fantastica, in neve fresca profonda e leggera. Occorre solo stare lontani dai resti delle vecchie valanghe che rendono irregolare il fondo.
Quando arrivo alle lingue finali, senza pensarci neppure troppo, mi immetto deciso nello stretto canale che porta al salto, convinto di provare a dropparlo. Ma non faccio i conti con la prospettiva. Arrivato al bordo del salto scopro che il drop è di poco più di un metro di altezza, ma che tra la roccia e la neve si apre una bocca di un paio di metri. Stavolta ci penso un po' più a lungo, poi, sci nello zaino e picca in mano, risalgo i 150 metri di toboga nevoso fino a tornare ai ruderi delle baite, e da lì, per sentiero, all'auto.

foto 1: confine tra gli scarichi valanghivi e il vallone superiore
foto 2: il Pegherolo e verso la cima del Secco
foto 3: il vallone di discesa e traccia nella parte alta meno pendente.
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