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   Le Cocchiòle di Val Montozzo, 28/05/2019
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Onicer  mario-bi      
Gita  Le Cocchiòle di Val Montozzo
Regione  Trentino Alto Adige
Partenza  Fontanino di Celentino  (1675 m)
Quota arrivo  2698 m
Dislivello  1023 m
Difficoltà  BSA
Esposizione in salita  Varia
Esposizione in discesa  Varia
Itinerari collegati  nessuno
Neve prevalente  Farinosa
Altra neve  Farinosa
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Cosa ci sto a fare qui!

Guardate la Foto 1 e ora, insieme, facciamoci sapiens-sapiens.
Entriamo in punta di piedi e con umiltà in quei panni (vi sarà facile vedrete, in fondo è solo un salto di cultura, di bisogni) e per quanto ci sia possibile, chiediamoci cosa avremmo potuto pensare, davanti a questo tipo di evento che moltissimi anni dopo chiameremo alone. Cos'è un alone? ... a descriverlo sono in difficoltà (…).
Attento al cielo e probabilmente senza parole, attento alle cose che lì avvenivano senza poterle nominare, temo che si sia semplicemente spaventato (a proposito: quante volte avete visto un “cerchio” così?). Io sapiens, se fossi stato solo, normalmente un po' “cagasotto”, di certo mi sarei nascosto, rintanato, avrei messo tra me e quella cosa lì, qualcosa con un certo spessore. Se fossi stato in gruppo che cosa avrei fatto o cosa avremmo fatto? Mugugnato, urlato, grugnito, gridato, rantolato? Quale sarebbe stato il loro sentire? Quali i sentimenti? Provatelo questo gioco, vi sorprenderà. Come hanno fatto a trovare un equilibrio tra loro e il “tutt'attorno” e tra equilibri e sensazioni che neanche possiamo immaginare? Come han fatto quegli ominidi “da poco” bipedi, ad affinare la vista, l'olfatto e senza saperlo diventare da raccoglitori, cacciatori? Come hanno fatto a sviluppare le intelligenze necessarie a conoscere e riconoscere paesaggi, ambienti, andare e ritornare. Talora, la natura, gli sarà apparsa spaventevole. Come han fatto, senza sapere nulla del mondo e di loro stessi, ad affinare con il solo aiuto dell'istinto di sopravvivenza, la voglia di resistere e continuare? Esplorare gli toccò senza volerlo e presumibilmente dovettero estorcere allo sconosciuto che era in loro la capacità di stare insieme all'Altro (diverso da loro ed anche femmina) e agli altri (gruppo e comunità). Piccoli passi, decine e decine di migliaia di anni, oggi, non paiono così lontani. Veniamo da lontano, da lì siam passati e poi abbiamo fatto la Storia (anche scritta) di questi ultimi millenni, eppure, eppure...da qualche parte l'ho già scritto, cinquanta, centomila anni sembrano passati inutilmente e noi siamo ancora qui a rimenarcela. Così partiti, potremmo dire che oggi siamo ancora gli stessi: impreparati alla vita, forse del tutto inadeguati e certamente che, da allora, i passi in avanti non sono stati molti.
Se penso infine all'alone, non ne ho memoria. Le mie prime volte si perdono nel tempo, non vi ho dato peso e quindi non le ricordo, superficiale e disattento come sono; forse solo il Mario ha registrato l'evento, forse più semplicemente questa è stata la prima volta, e se non fosse stato per Aldo M. e Oscar G. (new-entry) neanche saremmo qui a parlarne.
Quindi silenti ed in fila indiana, tiriamo su e il Bosco di Montozzo comincerà a parlarci, tra squarci, lampi e ariose radure della sua Unicità e della sua bellezza, nella Ripidità. Lasciato il fitto del Bosco e prima del Grande Canalone a destra della forra, mentre Aldo M. e Oscar G. sgranati lo affrontano, m'attardo e solo dopo essermi dissetato li raggiungo ai due terzi, dove una cengia pare tagliarci la strada. Ci consultiamo, ed io, l'anziano, decido per tutti e verso destra, optando, al solito, per la via più facile, più evidente e meno faticosa. La scelta, subito dopo, pare confermarsi e, manco a dirlo, “oltre il tratto di valanga”, il terreno la asseconda, cosicché noi, avventurieri di seconda mano, entusiasti, fieri e pressapochisti, ci lasciamo tirar su dalle terrazze, facili-facili e (oggi) anche sicure e sicure, sino a che, “il fiato e la neve “bianca ed abbondante”, non ci sfiancheranno. A dire il vero più andiamo su e più il “Montozzo” pare andar da un'altra parte ma, pur con i dubbi in aumento, le terrazze ci tirano di là e non ci vorrà molto a capire, che stiamo andando dalla parte opposta. Succede e non è la prima volta: qualcosa si ripete come se qualcuno (il Caso? Gli Dei?) avessero deciso che per noi, il Torrione, giammai. Siamo al terzo tentativo e da qui anche stavolta la vedo dura e lunga cosicché, segretandolo, vi dirò che, preso il comando alla fine delle terrazze, ormai intorno ai 2600 metri (non dimenticate che il Torrione è un 2969 m.), non disdegno, annusando il fumo ma non l'arrosto, di dare tutto ciò che ho per poi lanciare “il gruppo” d'assalto verso il Gran Finale. Anche i ronzini ad un certo punto intuiscono di non avercela fatta e quando vedo sbucando dall'ultima terrazza, con un punto di vista inusuale, le praterie del Montozzo, il sellone del Forcellino, la Nord dell'Adamello e alla sua sinistra, il “gruppo tricuspidato degli Albioli” (la definizione è una mia invenzione), il mio cuore sobbalza. Ci sarebbe voluto un drone per vedere l'abbraccio e il calore di quelli che son lì, pur senza sapere dove, felici e contenti. Solo a casa, poi, scopriremo di “aver conquistato”, senza saperlo, le Chiocciòle, m.2698.

Da queste cime i generali, i comandanti, guardavano al campo di battaglia, ai nemici di qua contro i nemici di là, tenendoli sotto tiro. In guerra tutti son nemici e hanno un nemico da combattere. Io, sicuro, sono nemico di tutti i guerrafondai e di tutte le guerre. Né amo i vincitori, qualsiasi essi siano. Da qui, ora, riesco persino a vedere gli scontri in corso nelle piane. La prateria e le vette circostanti pullulano di consorterie (nel senso di uomini che più o meno coscientemente sono legati da una stessa sorte: la guerra). Manipoli attaccano alcuni massi, altri con stessa sorte ma altra bandiera, li difendono. Qualcuno ora conquista, qualcun altro muore. L'insignificanza, in tutto ciò che vedo, è grande. Lì sotto ci sono molti giovani, ormai sono le riserve a fare la guerra. Sono ragazzi che non hanno vent'anni che uccidono altri ragazzi. Tutti contadini che non sanno di Patria, ma di povertà ed ignoranza. Tutti uguali, austriaci e italiani, arditi e vigliacchi, coraggiosi e codardi, audaci e paurosi, arroganti e pusillanimi, ardimentosi e calabrache. Nessun pudore, nessun rispetto, nessun sentimento e, tragico, forse nessun dubbio.
Indifferenti. Cuore e incoscienza per attaccare, freddezza e disprezzo per respingere. Ora sul “Torrione” li vedo correre, salire scale, assaltare all'arma bianca, scappare, offendere, conquistare oggi ciò che domani a costo della vita, perderanno. Anche oggi non sto con nessuno. Non amo né i confini né i reticolati. Mi sento straniero, né so cosa ci faccio qui. E ditemi, se questi, pur incolpevoli, ignoranti, poveri e contadini, sono uomini. E ancora come possiamo chiamare chi li ha mandati qui con la forza a combattere per i loro luridi affari. Questi sono gli uomini: animali. Mi dispero per questa guerra e per quelle (innumerevoli) tutt'ora in corso e in cuor mio, tra le mie incapacità, piango anche quella di non far nulla per fermarle se non piangere su me stesso. E scrivere. Non sono attimi, ma taccio. Non dico. E quando Oscar G., pretende un triplo (bellissimo) abbraccio e insieme ci stringiamo, il mio cuore, come il loro, nel gesto di fratellanza, si gonfia di felicità.

Lascio la vetta, questa vetta, con il “rammarico”della battaglia e la gioia per la tregua. Sono alla terza volta da queste parti per “espugnare” il Torrione ma non sono in guerra con nessuno e sono fiero di quest'uomo che viaggiando tenta di capire “l'incomprensibile”. Cominciamo a scendere ed ora le terrazze e i canaloni sono gli stessi che incontrammo al Tornello salendo da Ovest, e qui come là, più si va giù e più ti tirano su. Roba da starci lì, sul madreperla e l'increspato, su e giù senza esagerazioni, tutto il tempo e tutto l'inverno. La guida “Ai Monti d'Italia del Cai-Tci dice che la gita al Forcellino di Montozzo è poco frequentata e a ben vedere, da sotto e dal lago, si capisce anche il perché. Qui mi fermo e per lasciarvi il gusto della scoperta non aggiungo altro, se non che la discesa è semplicemente continua e tagliafiato, roba da bombole ed ossigeno, Cesare, e forse... piacerebbe anche a te. Sci ai piedi, tra stalattiti, perle e madreperle ci becchiamo così anche il lago e mentre Aldo M. scriverà su Facebook, sino alla macchina, io e Oscar G., ce lo faremo (furbi noi), con le pelli.
foto 1: l'alone
foto 2: Torrione, Punta e Quota d'Albiolo
foto 3: le terrazze di salita e le Cocchiòle
Itinerario effettuato il 14 maggio 2019
Per leggere il racconto integrale copia il link e aprilo:

https://drive.google.com/open?id=1pCr6RACePQ6w_dn_ijwwJ7s7gryCqWxF
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