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   Cima di Neel e Passo del Branchino, 25/04/2019
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Onicer  mario-bi      
Gita  Cima di Neel e Passo del Branchino
Regione  Lombardia
Partenza  Valcanale  (1040 m)
Quota arrivo  1945 m
Dislivello  1100 m
Difficoltà  MSA
Esposizione in salita  Est
Esposizione in discesa  Est
Itinerari collegati  nessuno
Neve prevalente  Farina pesante
Altra neve  Farina pesante
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Discrete
Valutazione itinerario  Buono
Commento Il monito di Greta Thumberg,
la Montagna Innominata e il Canalone “che non c'è”.

Il Canalone “che non c'è” è sempre stato lì o, meglio, lo era.
Poi, nel via vai dei monti che si spostano per assecondare Maometto e gli alpinisti, era ritornato lì e rimessi gli abiti dell'anonimo e dello sconosciuto si era definitivamente localizzato. E lo sarebbe stato anche per questa stagione se non fosse che l'ultima e copiosa nevicata non avesse ridestato, alimentando braci mai sopite, sogni, illusioni e “l'ingegno di quei due”.
Tutto era cominciato due giorni prima. La perturbazione era giunta lenta e a strascico aveva lasciato un carico di neve come in questo inverno, secco e desertico, non si era mai visto. Cosa da vecchi proverbi del tipo “el calt e el fret el la mangio mio el luf” ( il caldo e il freddo non lo mangia neanche il lupo), ma d'altri tempi, quando gli inverni erano inverni e le estati erano calde . Quindi al Canalone si era creduto, come si crede all'ultima opportunità, sino a che, giunti all'attacco di “quello che non c'è”, quella che era stata qualche ora prima “una stellata d'estate” senza precedenti, di colpo, con l'alta variabilità e le alte temperature, era diventata pioggia. Delusi ma non vinti, non ci restò che metterci in attesa “di nuovi avvenimenti” sino a che, voluti dagli Dei, questi non si presentarono. Prima uno squarcio e poi via via, una schiarita, un fascio di luce ad aprirci una valle e così, rapiti, fummo rilanciati e portati via. Via andando cambiammo valle e prospettiva passando rapidamente a dissertare da buchi e ciambelle, al coraggio della Greta Thumberg che superando “se stessa” chiede, ogni venerdì e da mesi, di “agire ora”, denunciando con quel “voi ci guardate e non capite” la nostra estraneità adulta, come se l'Altro, lei, le giovani generazioni, il prossimo da noi, non esistessero. Con quelle parole in testa, continuammo, in comune riflessione, a dire “del nostro bisogno di andare” e comunque pensare, come se fosse l'ennesimo pretesto per soddisfare la nostra insaziabile fame, attraverso l'esperienza, di conoscenza. Parlare significa nominare le cose, per sceglierle, distinguerle ed infine differenziarle.
Ora nebbie, vapori e maltempo ci costringono ad “esercizi spirituali”di tenuta rispetto alle possibili difficoltà che un giorno, inaspettate, potrebbero presentarsi trovandoci senza esperienza, sprovveduti, in difficoltà. Sono prove di resilienza e resistenza anche su queste montagne (se non sconosciute ai più, poco nominate), per imparare di forza e fragilità, per indagare, per (possibilmente) riportare fuori, alla luce, svelare, atmosfere, arie vissute, affetti, amori, quel se stesso più profondo e sconosciuto e quelle cose, quei comportamenti che ci possono aver segnato e condizionato sin dalla più tenera età: immagini, suoni, odori, sonorità. Memoria e passato remoto, forza dell'affetto e delle improvvise emozioni. Fragilità. Senza pretese, senza predeterminazioni, umili davanti a noi stessi e a chi ci accompagna.
Così messi, lasciamo, sci in spalla, il parcheggio posto all'avvio della forestale che ci condurrà al rifugio Alpe Corte e poi alle Baite di Neel, certi di trovare al più presto la neve. Subito invece incontriamo, come se gli Dei ci avessero voluti lì per ricordarcelo, alberi divelti, spezzati, sradicati da forze immani, quelle che molto presto derubricheremo “a devastazioni da maltempo”, dimenticando e forse cancellando il monito di Greta. Parole forti e semplici, ”non capisco perché vi congratuliate con me visto che non fate nulla per salvare il pianeta”.
Al guado la viva luce dell'acqua si riversa sui sassi, ed eccola qui la primavera ed il suo linguaggio, tripudio di rumori, canti e colori. Aldo M. non va lento e sembra obbedire, nonostante il mio reiterare, ad un “io” che ancora non sa governare perché presumibilmente è nel contenere e nel diminuire che sta la nostra salvezza. Partiti per la Montagna Innominata, ispirati “da quei due” (Quijote e Sancho della Mancha - vedi in “La più grande avventura...” di Oscar Beletti, l'itinerario n°82) siamo arrivati, come il caso ha voluto, ai piedi di questa che è la prima e la meno appariscente della costiera che dal passo di Marogella si snoda passando dal Corno di Branchino sino al passo omonimo. Arrivati sin lì, nuove immaginazioni e recenti amicizie, ci hanno visto salire la cresta Nord al Corna Piana. Un nuovo Alpinismo con gli sci sta nascendo, roba “da star fuori” ...per sempre!
Siamo stati fuori, ripeto all'Aldo M., soli, con “altre presenze” e, come la Cima di Neel, defilati. Per andare, come sempre facciamo, per pensare come sempre pensiamo, in fondo questo si voleva, o no?

Itinerario effettuato il 16-04-19

Foto 1. Le “devastazioni del maltempo”...
foto 2. L'incontro con la prima Baita di Neel
foto 3. La cresta Nord del Corna Piana dal passo di Branchino
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