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   E Rimpfischhorn sia!, 17/05/2015
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Gita  E Rimpfischhorn sia!
Regione  Svizzera
Partenza  Taschalp  (2205 m)
Quota arrivo  4199 m
Dislivello  2300 m
Difficoltà  BSA
Esposizione in salita  Nord-Ovest
Esposizione in discesa  Nord-Ovest
Itinerari collegati  nessuno
Neve prevalente  Variabile
Altra neve  Variabile
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Il Rimpfischhorn lo filavo da tempo, tre anni fa fu addirittura un progetto concreto. In quella occasione, però, il tutto si fermò all'Alphubel e il racconto che ne scaturì, fruttò una delle più genuine riflessioni ad un mio report, con tanto di interventi di mostri sacri. Un po' come per quell'altra salita di cui accennavo all'inizio. La sua parte alpinistica finale, già definita "non banale" da una come Fedora, mi metteva un po' di apprensione, tanto da chiedere sostegno psicologico a chi già l'avesse già affrontata. Ma ogni salita è a sé, e la mia sapevo di dovermela sudare tutta da me, insieme ai miei compagni, insieme a soci di mia pari esperienza o meno. E' il modo che prediligo, e, se non raggiungerò mai traguardi difficili, sarà in parte anche alla testardaggine nel non volermi affidare a qualcuno di più esperto al quale delegare le mie insicurezze (mai dire mai comunque).

Ancora una premessa: per svariate ragioni, quella che volge al termine, è stata per me una stagione scialpinistica scarna e avara di soddisfazioni. 7 gite, 1 negli ultimi 60 giorni, non sono certo un buon auspicio per tentare il Rimpfischorn. D'altra parte, non so accontentarmi di mete poco interessanti, mi faccio problemi a cercare soci, rinuncio a delle possibilità in solitaria. Sono fatto così da sempre, ma, anche qui, mai dire mai.
Mi accodo così agli organizzatori (indecisi tra Alphubel e Rimpfischorn), con poco studio alle spalle: mi limito infatti a monitorare l'evolversi del meteo e le conseguenti condizioni della cresta.

Veniamo al racconto: sabato pomeriggio, dalla Taschalp, ci incamminiamo, sci in spalla, lungo un'evidente stradina che, in falso piano, si inoltra in quella che pare una lunga vallata. Dico "pare" perchè le nuvole basse non ci consentono di approfondire la conoscenza del luogo. Lo spirito del gruppo è allegro, si respira spensieratezza. A terra, qualche centimetro di neve fresca, immacolata. Già immacolata… possibile che non sia ancora passato nessuno? Vengo distolto da questo pensiero dal rumore da due branchi di camosci/stambecchi che saltellano agili sopra le nostre teste. "Possibile che la strada salga così gradualmente?": è questa un'altra domanda alla quale non so darmi risposta. Calziamo gli sci. Quando, dopo 50 minuti, a 2350 m di quota, scorgiamo un'anomala indicazione per la Täschütte i dubbi che nutrivo, vengono condivisi dall'intero gruppo. E poco dopo diventano certezza: "accidenti, abbiamo sbagliato!"

Non resta che puntare in direzione opposta e risalire, traversando scoscese pareti, sul poco evidente sentiero estivo. Seguendo orme di ungulato, superate pieghe e ondulazioni della montagna, giungiamo finalmente ad una galleria che ci permette di rientrare sulla giusta via, ormai in prossimità del rifugio. Il piano di risparmio di energie per il giorno seguente è fallito. E per poco non ci tocca pure saltare il pasto: gli altri commensali sono al dolce.
Nutrendoci con pasta bianca scondita e abbeverandoci con la bevanda più economica che il rifugio possa offrire: tè a 4 euro (l'acqua del cesso in verità è meno cara e ugualmente buona), mi guardo intorno alla ricerca di qualcuno che tradisca un qualche segno di preoccupazione per il tempo ancora coperto e per le difficoltà dell'indomani. Eppure niente, tutti fenomeni sti Svizzeri! Mi distraggo con il passaggio di una volpe e, successivamente, con lo svelarsi di un favoloso tramonto sui lontani Weisshorn e Zinalrothorn e sul non vicino Rimpfischhorn.

Alle 5 passate ci mettiamo in marcia, sci ai piedi. Il fardello della corda passa a Marco, l'individuazione della strada (facile come peraltro avrebbe dovuto essere ieri) è compito altrui, visto che siamo fanalino di coda. Risaliamo alcune vallette con uno sguardo alla traccia e l'altro alla magia dell'alba. Ad aumentare lo strabismo ci pensano Weisshorn, Zinalrothorn, Dent Blanche e Cervino. Con un tale panorama, la fatica passa in secondo piano e i deragliamenti della psiche sono ridotti al minimo. In men che non si dica, raggiungiamo il bivio per l'Alphubel. Prendendo a destra, nulla ci può esimere dalle nostre responsabilità: Rimpfischorn sia! E d'altra parte sto bene, piscio con gusto nella convinzione che il Diamox mi conforterà.
Planiamo sul Mellichgletscher; una lama di luce ci riscalda e ci ravviva. La parata di Quattromila è ora completa, l'ambiente decisamente glaciale. Il passo ancora buono. Una trentina di scialpinisti ci precede, due stanno risalendo il bianco scivolo della nord.

Alle 9.30 siamo nei pressi del deposito sci. Alle 10.30 attacchiamo il canale. Cosa abbiamo fatto in questa ora, a parte rifocillarci, scattare foto e cambiare assetto non è dato sapere, nemmeno al sottoscritto a posteriori. Mentre Max ci attende al colle, noi, divisi in due cordate, affrontiamo la temuta parte alpinistica. Io con Andrea e Marco. Canale, cengia, canale, via lisci. Aggiriamo ora lo sperone roccioso della cresta, aggrappandoci con le mani o affidandoci alla picca. Il fondo è scivoloso, sotto uno strato di neve poco consistente si nasconde del ghiaccio. E' solo parzialmente possibile assicurarsi, per cui, preferisco passar via veloce senza trasmettere insicurezza ai soci. Fortunatamente la parte superiore è in condizioni migliori. Stefano e Benedetta però non si fidano e, a malincuore, rinunciano.
Ci portiamo ora verso il filo di cresta, un fittone ci dona una temporanea sicurezza. Affrontiamo quindi un non facile risalto verticale che, complice l'affollamento, mette a dura prova i miei nervi. Ma in qualche modo arrivo ad assicurarmi e a mettere in sicurezza la cordata. Con un ultimo sforzo, raggiungiamo l'anticima. Attendendo il rientro delle ultime cordate, abbiamo modo di contemplare l'immenso panorama e di apprezzare il tepore di quest'incredibile giornata.
Prima di mezzogiorno siamo in vetta. Per una volta a commuovermi, più del panorama e della mia stessa gioia, è la luce negli occhi dei soci.

Ritornati all'anticima, allestiamo una doppia. Se Marco è solo un po' arrugginito, Andrea non ha dimestichezza con la manovra. Questo e la corda da 30 metri non ci permettono di andar via veloci ed ogni decina di metri siamo alle prese con moschettoni, cordini e imprevisti. Subito alla seconda, per esempio, il discensore di Andrea fischia giù: poco male, mi affiderò unicamente al machard. Alla terza non basta la corda, alla quarta c'è un garbuglio, alla quinta Marco finisce su ghiaccio vivo, alla sesta…, alla settima siamo fuori dalle vere difficoltà. Mentre i soci affrontano le ultime pendenze, rifaccio su la corda: è una cosa che ogni volta mi fa emozionare, significa che mi sono tratto fuori dagli impicci, che non ero propriamente sul divano di casa, che posso contare sulle mie forze. Insieme a questi pensieri, sento come una scarica scorrermi addosso. Rimango svuotato, stanchissimo.

Recuperati gli sci, ci lanciamo sul ghiacciaio sbandando qua e là. Scartata l'incerta opzione della discesa diretta, optiamo per la risalita sul percorso dell'andata. Da qui a Taschalp è, nell'ordine, mal di gambe, mal di schiena ed enorme soddisfazione.

FOTO:
1- Al diradarsi delle nebbie, il tramonto su Weisshorn e Zinalrothorn è mozzafiato.
2- Una cordata in discesa dalla vetta del Rimpfischhorn. Fra poco sarà tutta per noi!
3- Dal Mellichgletscher, la bestia domata.
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