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   Monte Olimpo (cima Profitis Ilias), 17/03/2015
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Gita  Monte Olimpo (cima Profitis Ilias)
Regione  Altro
Partenza  Gortsia  (1100 m)
Quota arrivo  2787 m
Dislivello  1750 m
Difficoltà  BSA
Esposizione in salita  Est
Esposizione in discesa  Nord-Est
Itinerari collegati  nessuno
Neve prevalente  Farinosa
Altra neve  Variabile
Rischio valanghe  3 - Marcato
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento L'ambiente spettrale nel bosco imbiancato, l'abbraccio alla stufa, i raggi di sole tra le nebbie, gli alberi monumentali e contorti, lo stringere i denti, la cresta protesa verso il cielo, il pianoro vasto e immacolato, le chiacchiere tra amici, il peso delle coperte, il trono degli dèi, un pizzico di avventura, l'amore di un rifugista per la sua montagna, la rinuncia, il contrasto tra neve e mare, la sauna e la cena di pesce… sono solo alcuni degli elementi che rimarranno impressi a lungo nei ricordi e che hanno fatto sì che, ancora una volta, il gioco valesse la candela.

Lunedì 16 marzo a Litochoro è una giornata freddina e nuvolosa. Raggiunta in auto la località Gortsia, ci incamminiamo, sci in spalla (si portano per un'oretta), per un sentiero che, in circa tre ore, ci condurrà in luogo più aperto, in prossimità del rifugio Petrostrouga. Per l'occasione, avrei sperato in un tempo migliore, ma, dopo tutti gli sforzi organizzativi, l'alternativa di mandar tutto a ramengo non transita nemmeno per la mia testa di inguaribile catastrofista. E tutto sommato, lo scenario creato dalla nebbia che avvolge il bosco imbiancato non è nemmeno così male. Conviene virare all'ottimismo, perchè, altrimenti, le 6 ore e trenta previste per la salita al rifugio Kakkalos avrebbero il sapore di un calvario.
Giungo a tale conclusione appena in tempo per la sosta ai 1945 metri del rifugio Petrostrouga. In men che non si dica, ci stringiamo di fianco alla stufa assaporando un tè e sorseggiando una zuppa. Facciamo la conoscenza di Mike, conoscitore del monte, rifugista e forte alpinista locale. Mi colpisce immediatamente la sua disarmante semplicità e il suo naso, al quale sembra mancare la punta (ci confermerà di averla persa in una ventosa salita al Cho Oyu).
Indossiamo nuovamente gli sci per risalire una dorsale costellata da enormi pini dalle forme più stravaganti. Le nebbie sono meno dense, lasciando talvolta spazio a sprazzi di cielo azzurro. Anche il sole fa capolino e, filtrando tra le nubi, crea un'atmosfera magica e fatata. C'è un nonsochè di strano nell'aria, qualcosa che non so esprimere e nemmeno riesco a catturare con la macchina fotografica.
Verso i 2400 metri di quota è tutto un alternarsi di luci e ombre, prodotti dello scorrere di un turbinio di nuvole nel cielo. Risulta ora chiaro che godere del tepore solare sarà solo questione di tempo. Quando giungiamo in vista del crestone, via obbligata per raggiungere da questo versante il plateau delle Muse e il rifugio Kakkalos, il panorama è commovente: la triplice vetta dell'Olimpo lassù, un candido biancore qua e là, nuvole ribollenti più giù a velare la pianura ed il mare.
L'innevamento abbondante permette di percorrere la cresta con gli sci ai piedi, togliendoli solamente sul ripido pendio successivo. Siamo a cavallo tra due baratri, sbuffi di nuvole e nebbie abbelliscono la scena. Bellezza che, pur mutando, si mantiene anche sul pianoro del rifugio. I toni già caldi della luce serale e la completa solitudine si fondono in un binomio ideale che renderà meno traumatica l'inevitabile transizione verso l'oscurità. E devo ricordare che tutto questo avviene al cospetto del maestoso Stefàni, il trono di Zeus.
La porta del rifugio Kakkalos stenta ad aprirsi, solamente dopo un buon lavoro di pala e piccozza possiamo entrare. La stufa a petrolio non è delle più calde, ma fa il suo dovere. Arnese indispensabile affinché possa compiersi il rito della sera, una cerimonia sempre uguale eppur diversa: sparpagliamento dell'attrezzatura, brividi di freddo, tè caldo, ciarle su quel che è stato e su quel che sarà, sorrisi, perplessità, preparazione del giaciglio, cena, programmazione del domani… E poi a nanna sotto chili di coperte.

L'indomani partiamo con tutta calma alla volta della cima più alta dell'Olimpo, il Mytikas, che vorremmo raggiungere per mezzo di un canale che, con pendenze attorno ai 45°, solca la parete sud fino in vetta. Sciamo nella conca sotto lo Stefani, contornandone la grandiosa bastionata (solcata, tra le altre, da una via di Comici del 1934). Mettiamo le pelli e, zigzagando, guadagniamo la spalla della montagna. Per la successiva rampa, e soprattutto per il successivo traverso, indossiamo i ramponi. Non manca molto all'attacco del canale, ma le parole di Mike, che col bastoncino sta, come d'abitudine, testando la neve, ci spiazzano: "le condizioni della neve non sono buone, ecco perchè conviene fermarsi qui".
In effetti gli elementi per il verificarsi di una valanga ci sono tutti: pendio ampio e ripido con crosta superficiale, successivo abbondante strato di neve inconsistente poggiante su piano di scorrimento ghiacciato. Da manuale CAI.
La nostra delusione è evidente, ma uno sguardo al contesto e una ritrovata razionalità, la smorzano immediatamente. Accettiamo il suggerimento e facciamo dietrofront.
Ci accontentiamo allora di salire la più innocua cima Profitis Ilias. Che poi sembra essere quella dove gli antichi greci salivano per compiere i loro sacrifici agli dèi (in cima vi è, a ricordo, una chiesina con tanto di icone votive). Lì gli uomini, là gli dèi, e noi tra i mortali vorremmo restarci ancora per un po'.
Rientrati al rifugio, salutati Mike e socio, valutata l'impossibilità a scendere per vie alternative, rimettiamo le pelli per sciropparci il lungo rientro per la via di salita. La vera parte sciistica di questo itinerario, infatti, è solamente quella intermedia. Breve, ma eccezionale, dal momento che presenta scenari inusuali, dagli alberi che la fiancheggiano, all'immenso panorama che spazia per la grande piana che si protende nel mare. E laggiù, il monte Athos ci strizza l'occhiolino.
Una sciata di sopravvivenza e un'ulteriore discesa a piedi concludono la prima parte del nostro viaggio. Se tale avventura non si è svolta esattamente nella maniera che avevo immaginato, devo ammettere che è stata ancora una volta ricca di fatica, esperienze formative e momenti gioiosi. In fondo è anche questo che cerco tra le montagne, e se sapessi già con certezza come va a finire, non sarei soddisfatto allo stesso modo.


FOTO:
1- Oltrepassato il rifugio Petrostrouga, i primi raggi del sole filtrano tra le nebbie.
2- Il lungo crestone spazzato dal vento che permette l'accesso al plateau delle Muse e alle rocciose vette dell'Olimpo. Sulla destra la cima Profitis ilias.
3- In discesa, a circa 2300 metri di quota, affacciati sul mare.


BREVI NOTE TOPOGRAFICO-LOGISTICHE:
(per maggiori info contattatemi)
Il gruppo montuoso dell'Olimpo si compone di varie cime, di cui le principali sono tre: Mytikas (2918 m), Stefani (o Trono di Zeus, 2908) Skolio (2912). Nella stagione invernale, i primi due sono raggiungibili dal rifugio Kakkalos per canali alpinistici, il terzo è raggiungibile con facilità, in giornata, dal versante ovest.
Per raggiungere il rifugio Kakkalos si può salire da Gortsia (come abbiamo fatto noi) o, con condizioni sicure, da nord.
Stesso discorso vale per la discesa, con l'aggiunta di una variante verso Prionia (4 km dopo Gortsia).
Mike, il rifugista del Kakkalos è guida alpina e persona molto disponibile. Nel nostro caso ha aperto il rifugio solo per 4 persone.
Il periodo migliore dovrebbe essere marzo-aprile anche se quest'anno, a causa di abbondanti e recenti precipitazioni, la montagna si presentava in condizioni ancora invernali.
Volando con Ryanair su Salonicco è possibile effettuare la salita in economia. Dal giovedì alla domenica mattina per esempio.
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