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   Un Corno (di Cavento), un Crozzon (di Lares) e un Carè Alto - 1a Parte, 18/07/2015
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Onicer  Vezz   
Regione  Trentino Alto Adige
Partenza  Diga di Malga Bissina  (1799 m)
Quota attacco  1799 m
Quota arrivo  3463 m
Dislivello della via  2850 m
Difficoltà  F+ ( pendenza 35° / I in roccia )
Esposizione in salita Varia
Rifugio di appoggio  Bivacco Laeng
Attrezzatura consigliata  Giusto un pizzico di allenamento.
Itinerari collegati  nessuno
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Testardo come un mulo, alla fine sono andato a sbattere il naso su questo itinerario, non certo rivoluzionario, ma sicuramente particolare per la modalità di realizzazione.
Oltre al naso, han preso una discreta tranvata le gambe e tutti i muscoli in generale, dal momento che si è trattato di coprire, su terreno disagevole, una distanza sicuramente non inferiore ai 42 km: una maratona alpina insomma.
Con qualche incertezza legata al meteo, ma con un sole già splendente nel blu del cielo, ci incamminiamo per la lunghissima val di Fumo. La mole rocciosa del Carè Alto svetta austera, irridendoci beffarda, convinta com'è che nessun piccoletto possa pensare di saltarle in groppa da quel versante. Di contro, per dispetto, l'immortalo ripetutamente con la fotocamerina. E non è certo difficile comporre inquadrature accattivanti in questo dolce e vasto paradiso.
In poco meno di un'ora e mezza, superando comitive e famiglie, raggiungiamo il rifugio Val di Fumo. La valle fa qui un ginocchio e noi possiamo osservarne lo sconfinato solco andare a sbattere contro la bastionata rocciosa, fino a poco fa pazientemente levigata dalla vedretta di Fumo. Il caldo si fa sentire, ma il Chiese al nostro fianco, ci dona sollievo e refrigerio: una sorsata d'acqua direttamente dal suo gorgogliare, rinfresca il gargarozzo e rinvigorisce l'animo. Ci fosse anche qualcosa che sollevasse dal peso dello zaino, sarebbe perfetto.
Il sentiero si snoda ora per una scomoda fascia di cespugli e zolle d'erba per poi attraversare bei pascoli, lasciando infine spazio ad una vivace pietraia.
La salita verso il passo di Val Fumo, con già dieci chilometri alle spalle, sarebbe estenuante se non fosse per il divertimento che si può provare nel rimontare placche e gradoni di granito doc. Con le scarpe basse, è quasi un piacere sentire la tibio-tarsica flettersi in cerca della miglior aderenza.
Tutto ad un tratto, le pendenze calano e si viene catapultati in un sorprendente scenario glaciale: alcuni icebergs riempiono un laghetto alimentato da rivoli e ruscelletti solcanti l'in parte nudo ghiacciaio. Voltandosi, è visibile in lontananza il versante settentrionale del Carè Alto. Avendogli dimostrato la nostra determinazione, prova adesso a spaventarci con le sue pendenze ancora imbiancate.
Il punto d'incontro tra le vedrette Fumo-Lobbia ha tutte le caratteristiche per entrare di diritto nei luoghi del cuore: l'armoniosa severità del panorama, il senso di isolamento, un retrogusto di velata malinconia fortemente acuito dal ricordo di una stupida guerra (tutte le guerre sono almeno stupide), del quale, nemmeno a farlo apposta, ricorre quest'anno il centesimo anniversario. E quando il destino mi pone dinnanzi un'ogiva di una granata, mi viene naturale raccoglierla: procedere con i suoi 3 kg abbondanti nello zaino sarà una sorta di catarsi, una sofferenza infinitesimale rispetto a quelle che dovettero patire tanti giovani coetanei in questo luogo.
In mezzo a tutti questi pensieri se ne fa strada un altro: il Crozzon di Lares sembra chiamarci, non era in programma, ma… perchè non salirlo? Mentre Marco ci precede al bivacco, con Andrea risalgo il pendio glaciale sotto la cupola rocciosa della montagna. Lo sguardo è fisso a lei, in cerca di un indizio di salita. Non capisco se sia più snervante l'affondare sulla neve marcia o il non riuscire a individuare con certezza le possibilità di salita. Ma infine gli siamo sotto. Legatici in cordata, superiamo un'infida terminale, per poi arrampicarci con decisione per cenge e camini fin sulla cima (le difficoltà sono in realtà tutte evitabili attaccando la parete sulla verticale della vetta).
Il Carè è ora imbronciato, nasconde la sua gelosia dietro una fitta coltre nuvolosa e noi, dal canto nostro, possiamo solo intuire la maestosità del paesaggio. Tornati sui nostri passi, ci riappropriamo dei ramponi e, metro dopo metro, sbuffo dopo sbuffo, raggiungiamo il bivacco Laeng al passo di Cavento. Sono le 20 passate, possiamo finalmente tirare il fiato. La calzamaglia è la mia mimetica, il piumino la mia armatura. Un panino al salame è il rancio dal quale attingere energia, la branda il mio giaciglio per la notte. Il vibrar della lamiera mima il fischiare dei proiettili, eppure non riesco a immaginare le terribili condizioni degli alpini cent'anni prima. Un orrore nel quale non vorrei mai ripiombare.

FOTO:
1- L'austera mole del Carè Alto sovrasta la dolce e piana val di Fumo.
2- Solo uno scorcio del sorprendente scenario glaciale in prossimità del passo di Val Fumo.
3- Filando la corda sulla sommità del Crozzon di Lares.
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