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   Pizzo del Vescovo , 22/12/2018
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Onicer  mario-bi      
Gita  Pizzo del Vescovo
Regione  Lombardia
Partenza  Foppolo dal parcheggio piccolo (tornante)  (1675 m)
Quota arrivo  2325 m
Dislivello  650 m
Difficoltà  BS
Esposizione in salita  Ovest
Esposizione in discesa  Ovest
Itinerari collegati  nessuno
Neve prevalente  Farinosa
Altra neve  Farinosa
Rischio valanghe  2 - Moderato
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Buono
Commento Beletti Oscar alias mario-bi

Il tempo ci condiziona, non ha eguali e persino lo si dice. Quello nostro, si intende. I Greci, quelli di qualche millenio fa, neanche l'avevano, né lo pensavano. Il tempo era l'inizio (la nascita) e la fine (la morte), e quello che stava in mezzo, non era né passato, né futuro, ma il presente e il come. Il tempo non erano secondi, ore, performances, istanti, ma appunto “l'aspetto” il come. Il come e le sue qualità: parola, dialogo, condivisione, decisioni e semplicità. Tutto stramaledettamente sobrio ed efficace. Pratico. Con queste parole, lasciamo Zogno e tutte le nostre disponibilità, sperando che la Sonia, barista indigena che sa di accoglienza, miele e profumo di caffè, metta in moto le possibilità che, con il Caso e gli dei, ci potrebbero portare in quel Municipio a presentare “ La più grande avventura...”, quei 100 itinerari di scialpinismo nelle Orobie che con Ginevra e molti altri abbiamo vissuto e scritto salendo le montagne che ci stanno dentro e attorno. Il libro finalmente c'è e Gogna (l'Alessandro), nel suo blog ne parla e ne scrive con curiosità. Ripartiamo da Foppolo perché l'altra sera le webcam mostravano quei dieci centimetri in più di fresca a fargli da corona, che oggi potrebbero attizzarci e imbellettarlo. Anche stavolta lasciamo la Svizzera agli svizzeri e i chilometri e l'inquinamento a chi li desidera, decidendo “sicuri” per il Vescovo. Appena entriamo in valle le intuizioni si confermeranno e la “direttissima” è lì, come al solito, invisibile. Eppure è lì, i nostri occhi la vedono, non si sposta, e con la quantità giusta di neve, tutta al suo posto, potrebbe diventare una discesa esilarante che, concedendo poco al ripido (forse i primi cento metri), lascerebbe gli altri ad una volata nel bosco e fino al parcheggio, senza fiato. Vedremo. Quindi, lasciata l'auto al piccolo parcheggio dopo il tornante, entriamo per stradina, di là, senza vedere la bacheca che qualche anno fa ci indicò la via. Al rientro, ravanando nel passato, scopriremo, sempre On Ice a dirlo, che gli anni sono sette e che sembrandoci tantissimi, parlano del nostro tempo e non di quello greco e perciò volano. Saliamo soli e così saremo fino in vetta ed anche per tutto il resto della mattinata sino a quando, vista la scarsità e gli accumuli di neve incontrati durante la salita, non decideremo di scendere dalle piste. Due ore a salire al colle (eccolo finalmente ad entrare in gioco il tempo), mezzora dal colle alla vetta, mezzora per scendere e un'altra per raggiungere il capolinea della seggiovia al Valgussera dicono, agli interessati, del quanto ma niente del come. Niente che possa servire ad un report, ma molto a chi pretenderebbe altro che non sia solo la traccia o la performance. La prima foto da sotto se la prende il Vescovo, poi vanitoso l'altra la strappa, più canadese che mai, il Pegherolo, poi la traccia che al solito ci segue instaccabile e instancabile e via fotografando, più che una salita pare un belvedere: il Toro, la Siltri, l'immancabile Cavallo e ancora il bosco e ancora la traccia, non senza qualche commento, qualche “filosofata” spicciola del tipo “talvolta per andare a sinistra è necessario girare a destra”, qualche sorso di tisana calda, qualche osservazione, qualche recriminazione, sino a che, doppiato il sellone (noi lo chiamammo dei roccioni), ci facciamo, sottovento, uno spuntino. Poi armati i rampanti, ci prendiamo la vetta e il panorama, e da lassù finalmente una “prima visione” del Badile Brembano che con il Secco, è proprio un bel vedere. Di fronte, verso Est, il Becco (quello del racconto e dell'indifferenza), sta a guardare, mentre le ombre lunghe che ci seguono, narrano di un ciclo che si conclude, di giorni che ormai si allungano e dell'estate che sta arrivando. L'oceano di nuvole e nebbia là in fondo, ci spinge verso nuove avventure e se il canto delle sirene si farà assordante e insopportabile, senza dubbi, come Ulisse, ci faremo legare.
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